Vi ricordate di Libero De Rienzo? Quest’estate non si parlava che di lui, tra elogi funebri sui social, gente che si stracciava le vesti postando forsennatamente scene cult via Facebook perché era venuto a mancare il mitologico Bart di Santa Maradona, testate giornalistiche che prima avvoltoiavano sulle cause della prematura morte dell’attore per poi scegliere, con onanistici e pedanti editoriali, di comunicarle ai comuni mortali o meno. “Noi l’abbiamo detto perché...” tuonavano di qua, “Noi invece no perché…” rispondevano di là. Tutto questo mentre uno dei più talentuosi attori italiani del nostro tempo ci aveva lasciati per sempre, ma la notizia era, come sempre accade, l’ego di chi ne scriveva. Un siparietto molto triste che si è protratto fin troppo a lungo attanagliando l’Italia intera da metà luglio in poi. Mediamente, comunque, sembravano davvero tutti sinceramente dispiaciutissimi, al limite del costernato per la dipartita di Libero “Bart” De Rienzo. Ebbene, ora è possibile rivederlo in scena nel film Una relazione, su Prime Video. Non ne ha parlato praticamente nessuno. Da qui, la domanda: davvero vi manca così tanto Libero De Rienzo?
Va bene l’hype per i concerti (che ancora non si possono fare, non del tutto), ok averne per qualche uscita discografica di rilievo o pure per la pubblicazione del primo disco di vostro cugino Gaetano, non c’è nessun problema se ad mozionarvi è la scoperta della beauty routine quotidiana di questa o quella influencer giuliva. Ma, Santa Maradona, l’hype su un cadavere (ancora caldo) è un abominio che nemmeno di questi tempi completamente matti può essere tollerato. Eppure è andata così: tutti, giornalisti e utenti, alla febbrile rincorsa delle cause della morte dell’attore, senza un minimo di interesse (la parola “rispetto” nemmeno la facciamo scendere in campo) per qualunque cosa costui avesse fatto in vita.
Del resto, De Rienzo per essere stato dimenticato era già stato dimenticato da molto prima che smettesse di respirare. Per un motivo molto semplice: non avvezzo al gossip e alle interviste, era (o comunque dava l'idea di) uno di quei pochissimi (e rari) individui che, seppur celebri, preferiscono far parlare il loro lavoro. I più giovani lo ricorderanno di sicuro per il ruolo di Bartolomeo Bonelli nella trilogia di Smetto quando voglio (il cui primo capitolo gli valse comunque una candidatura ai David di Donatello come miglior attore non protagonista, mica un paio di coriandoli). Praticamente assente sui social (aveva un profilo Instagram ma postava di rado), De Rienzo non era un morto di fama: viveva con la compagna, i loro due figli senza rompere i coglioni al prossimo con le incredibili avventure del proprio privato e, all’occorrenza, lavorava. Lavorava, sempre o quasi, a titoli di livello. In un mondo ideale, questo dovrebbe fare un attore. Non il Grande Fratello Vip, L'Isola dei Famosi o, lasciatecelo dire, Celebrity Hunted come Dinner Club. Per cortesia.
L’indignazione per come è stato trattato il “caso De Rienzo” (che, per altro, non era un “caso”) non passa e, anzi, ad appena tre mesi di distanza, ovvero oggi, sale vertiginosamente quando veniamo a sapere, per “caso”, stavolta sì, che è uscito l’ultimo film in cui è possibile vederlo recitare e nessuno fa un plissè. Una relazione, esordio alla regia di Stefano Sardo, ha debuttato alla recente Mostra del Cinema di Venezia raccogliendo qualche svogliata recensione di plauso scritta dal nipote dell’ultimo stagista arrivato in redazione perché tocca parlare pure dei film minori. Una volta approdato su Prime Video, manco lo straccio di un comunicato, il nulla, solo qualche sitarello che ha deciso spontaneamente di buttarci un occhio e dire la sua. Abbiamo contato il numero delle recensioni ma non ve lo comunichiamo per decenza. Peccato.
Un vero peccato anche perché Una relazione è un buon film. Tanto per cominciare, tutti i coinvolti sono in grado di recitare. Per essere una produzione italiana, sappiamo già quanto questo voglia dire anche se non dovrebbe. Inoltre, De Rienzo interpreta un personaggio molto simile al Bart di Santa Maradona ma vent’anni dopo: quarantenne, sempre indolente e scanzonato, al contempo profondissimo e dotato di un sarcasmo urticante. Se nel 2001 se la prendeva col prezzo dei libri e chiunque gli gravitasse intorno, oggi ce l’ha coi solfiti perché lui nel vino ci vuole sentire i pesticidi. Che arco narrativo straordinario iniziare e chiudere la carriera con la parabola di un personaggio che è diventato cult per intere generazioni. Nessuno si è mai chiesto, dopo Santa Maradona, chissà cosa farebbe, adesso, Bart? Noi sì ed è drammaticamente incantevole, nonostante la tragedia personale di De Rienzo, avere la possibilità di scoprirlo, di ritrovarlo.
Una relazione parla di Tommaso (Guido Caprino, grazie di esistere) e Alice (Elena Radonicich) che, dopo quindici anni insieme, hanno un annuncio da fare agli amici: si lasciano. Da qui prende le mosse una trama che sa bene dove far male grazie a dialoghi affilatissimi che scudisciano i ventricoli di chi guarda senza mai togliergli un sarcastico sorriso. Di genere indefinibile, tra il dramma e la commedia sentimentale, si tratta forse del primo film romantico italiano in cui nessuno grida e si lancia i piatti in faccia da mane a sera à la Muccino. Già questo varrebbe il prezzo del biglietto (che, per altro, non c’è).
Sì, ma com’è morto Libero De Rienzo? Libero De Rienzo è vivo, su Prime Video. Ma, davvero, quanto è brutto avere una risposta bella pronta e nessuno mai ti fa la domanda giusta. Avvoltoi.