Negli ultimi sei anni lo streetwear ci ha fatto il lavaggio del cervello. È iniziato tutto nel 2014, quando Demna Gvasalia ha deciso che la moda era noiosa e ha creato il collettivo Vetements, probabilmente con il tentativo di assassinare tutto ciò che si avvicinasse al concetto di fashion. Lo stesso pensiero è stato abbracciato caldamente da Gosha Rubchinskiy, il designer russo che ha riportato in auge l’impero decadente del triacetato, e da Virgil Abloh, che partendo dalle bombolette spray e le parole virgolettate sui vestiti, è arrivato a dirigere la linea uomo di Louis Vuitton. Quindi insomma, tutti muti. La rivoluzione è stata fatta, ma adesso dateci un attimo di respiro: smettetela di bombardarci con tendenze senza senso.
Non voglio fare la radicale incattivita che sostiene che la moda sia stata violentata…Ma la moda è stata violentata. E per quanto sia brutto ammetterlo noi siamo complici e colpevoli di questa violenza, compiaciuti come i voyeuristi pasoliniani che se la ghignano di fronte al disgusto. Nel 2020 il danno comincia a farsi sentire. Abbiamo abbracciato il cambiamento, chi più chi meno, ammettendo che effettivamente l’alta moda aveva bisogno di fare uno scivolone e cascare goffamente in mezzo ai comuni mortali. Ci stava più simpatica così, umana e canzonante, un po’ come Berlusconi. O se vogliamo, come Gerry Scotti che sfonda il bancone di Striscia La Notizia. Ma oggi effettivamente, ci siamo sfondati un po’ anche noi.
La cosa più assurda è che il primo ad essersi sfondato, e non solo di soldi, è proprio Demna Gvasalia. Ad ottobre 2019 ha lasciato Vetements, un brand che ormai cammina da solo, e non solo per il fatto che i modelli assomigliano a degli zombie. Il panorama streetwear è saturo e ridondante, e Gvasalia non riusciva più a portare avanti i ritmi creativi di due brand di spicco come Balenciaga e Vetements. Infatti a parer mio, spesso ha disegnato una cosa sola e l’ha fatta andare bene per entrambi. Se non fosse così, probabilmente non riuscirei a spiegarmi il trauma che ha scaraventato Balenciaga sulla strada, affamato nudo isterico in cerca di clienti rabbiosi. Perchè effettivamente Cristóbal Balenciaga era una delle menti migliori della scorsa generazione, ma ha saputo gestire la fama della maison in modo distinto ed elegante, come i suoi abiti. Con questo non voglio dire che Gvasalia non sia una delle menti più brillanti della nostra epoca, anzi. Ma se Cristóbal brillava come un diamante, Demna brilla come argenteria. E noi ce lo possiamo permettere di più.
Per quanto riguarda le sneakers di Balenciaga invece, non ce le dovremmo proprio permettere. Teniamo fuori dal discorso i capi di abbigliamento, la tendenza all’oversize estremo e le silhouette innaturali, perché ci stanno un sacco di teorie interessanti dietro. Infatti, l’ultima sfilata suggeriva quasi un ritorno pacato alle origini, con i volumi surreali degli abiti che sembravano staccarsi dal corpo. Troppo bello per essere vero. Si può chiudere un occhio sulle Triple S perché ce le siamo meritate, sebbene siano state difficili da mandar giù. Chiudiamone un altro sulle Speed (i calzini), che si possono giustificare per comodità e leggerezza (e perché se le è comprate mia mamma).
E adesso che abbiamo chiuso tutti e due gli occhi, siamo pronti per accogliere le Balenciaga Taekwondo Zen, le sneakers che si ispirano alle arti marziali e che si aggiudicano un calcio rotante che le spedisca fuori dal cosmo, dato che probabilmente piacciono di più agli alieni. Giusto per essere chiari fino in fondo, con “accogliere” intendevo ignorare completamente, perché sono del tutto inguardabili, oltre a costare più di quattrocento euro. Quindi forse oltre agli occhi ci conviene tenere chiuso anche il portafoglio, se non vogliamo pentircene tra qualche anno (e vi assicuro che ve ne pentirete molto prima che approdino gli alieni). E se ciò non vi dovesse bastare, al doppio del prezzo potete trovare le Tyrex, sempre firmate Balenciaga. Basta guardarle per presumere che non siano delle banali sneakers, infatti anche loro assomigliano molto più a degli strumenti di ricerca aerospaziale che a delle semplici scarpe. E chissà, magari costano ottocento euro perché quando le indossi puoi davvero farti rintracciare dagli extraterrestri. E farti scortare nella galassia dell’orrido.
Abbiamo cantato vittoria troppo in fretta, perché sull’orologio biologico delle sneakers brutte non è ancora scattata la mezzanotte. Balenciaga continua a fermare le lancette e a riportarle indietro qualche minuto prima della fine, e nonostante il pubblico abbia capito il trucco, ogni volta c’è qualcosa per cui applaudire. Noi siamo scimmie ammaestrate, ma Gvasalia è davvero un designer annoiato, ed è arrivato ad un punto in cui può permettersi di proporre qualsiasi cosa gli passi per le testa. Ed è questa noia, infatti, il segreto del suo successo. Ma forse la realtà è che siamo un po’ annoiati anche noi, e che non ci siamo ancora del tutto rotti il *****. Non vediamo l’ora di farci disgustare e divertire dalla prossima tendenza controversa. Sempre più triste, ma sempre più vero.