"Il fatto che si aggrappi a Fedez o alla celebrità di turno fa capire chiaramente la bancarotta culturale della sinistra, che ormai non ha più idee, non ha nessuna strategia e risolve tutto in politicismo, in alleanze, nella ricerca di un nemico e andando sempre all’inseguimento di qualcuno. Così facendo la politica non esprime nulla di diverso dagli influencer. E questo non è un problema degli influencer, è un problema della politica”: a dirlo a MOW è Marco Bentivogli, figura storica del sindacato, segretario generale della Federazione Italiana Metalmeccanici (Fim-Cisl) dal 2014 al 2020.
Bentivogli, dopo il Primo maggio lei in un tweet riguardo al caso Fedez ha scritto “Adesso evitiamo la beatificazione. Un santo in Lamborghini risparmiatecelo”. Può spiegare cosa intendeva?
“Sono credente. In quanto tale – dice Bentivogli, ora referente dell’associazione Base Italia – mi limitavo a mettere in discussione il processo di beatificazione di cui, suo malgrado, Fedez è stato protagonista: non mi sembra un santo, come non lo sono io. Le Lamborghini, a cui ho fatto riferimento nel mio tweet, sono auto bellissime, ma non mi sembrano molto adatte all’outfit (come direbbe Fedez) di un santo”.
Fedez in un video ha risposto sostanzialmente con “se vendo la Lamborghini e compro la Panda, posso dire quello che penso?”
“Abbiamo fatto gli accordi sindacali per far produrre le Panda in Italia: se Fedez ne acquistasse una darebbe in ogni caso un contributo molto più importante di coloro che a quei territori vorrebbero erogare solo il reddito di cittadinanza, invece di creare lavoro”.
Al di là del tipo di veicolo che Fedez possiede, che dire del contenuto veicolato dalle sue parole?
“Preciso subito che il mio messaggio non era volto a mettere in dubbio la credibilità di Fedez. Peraltro condivido ciò che ha detto dal palco: da tempo Base Italia fa campagna per l’approvazione del ddl Zan, che non è una legge di iniziativa popolare, ma dell’iniziativa di un parlamentare, Alessandro Zan, da cui prende il nome, che conosco e stimo. Però non mi è piaciuta l’operazione mediatica che Fedez ha montato sulla presunta censura nei suoi confronti, quando invece una parte di sindacato e di attivisti sociali e dei diritti civili ne sono davvero vittime, perché la Rai (ma anche le altre tv e i giornali) la censura la pratica, eccome. Così facendo però tutto sembra un circo in cui nulla è vero”.
Che dire (oltre a quanto già detto all’inizio) del fatto che Fedez sia diventato una sorta di beniamino per la sinistra?
“La sinistra, lo ribadisco, è in bancarotta culturale e, aggiungo, in default di patrimonio politico. Basti pensare al fatto che Fedez ha ricevuto la solidarietà dagli stessi politici che hanno sostenuto un governo fianco a fianco con Pillon, nel quale Fontana e Salvini erano ministri. Gli stessi politici che hanno nominato proprio i vertici Rai che, oggi, si sono resi responsabili della presunta censura. I partiti, tutti, hanno detto (a sé stessi) «Fuori i partiti dalla Rai!», ma rifaranno il Cda come sempre con similtecnici di loro espressione. Mi pare tutto un gioco di cui un po’ anche Fedez si nutre”.
Ma chi non si professa “con Fedez” rischia di venire tacciato di essere omofobo, o perlomeno (e per chi lo proferisce è ugualmente un insulto) leghista.
“Le idee sono tante e l’Italia non si divide solo tra chi sta con Fedez e chi con Salvini. Su tutto esistono persone che discutono, argomentano e scelgono. Mi permetterei di augurare a Fedez di non ripetere l’errore dello stesso Salvini: non confonda l’avere tanto seguito, elettorale o digitale, con l’avere ragione o l’essere intoccabile o esente da critiche. Sono due cose molto diverse. A questo Paese servono meno ultras schierati e più cittadini ben informati e consapevoli. L’informazione e la cultura sono gli anticorpi più efficaci contro i deliri omofobi di qualche retrogrado”.
Tornando al Primo maggio, da storico sindacalista trova normale che il tradizionale appuntamento targato Cgil, Cisl e Uil sia sponsorizzato da Intesa San Paolo ed Eni?
“Non credo che questo rappresenti un problema, perché è chiaro che per un evento del genere c’è necessità di molte risorse”.
Secondo Marco Rizzo (Partito Comunista), però, “la dirigenza del sindacato concertativo «ha toccato il fondo» facendo sponsorizzare da Eni e Banca Intesa il Concertone del Primo maggio. Gli operai della Fiat una volta dicevano: «Se il padrone parla bene di te, hai sbagliato qualcosa». Pensa se ti sponsorizza… Non fidatevi”. Come risponde?
“Questa mi sembra una polemica stupida, che non ha alcun senso. È un evento per cui si cercano sponsorizzazioni. Sono cose trasparenti – conclude Bentivogli – fatte attraverso società di comunicazione. Non ci vedo nulla di male”.
Di certo di lavoro si è parlato poco, se non nulla. Quasi come un mesto richiamo alla realtà, ecco a stretto giro la notizia dell'orrenda morte in fabbrica di Luana D'Orazio, ventiduenne e madre. Come si può commentare?
"Che è una vergogna, un Paese che neanche il Primo maggio parla più di lavoro. Che ha smontato e depotenziato tutte le autorità ispettive su sicurezza e lavoro nero. Sta ripartendo il lavoro e ripartono infortuni e morti. È una vergogna quanto poco valga la vita".