Vi confesso una cosa. Durante il lockdown, delirando con vari amici, era nata l’idea di fare un romanzo sui Ferragnez. La storia, ambientata in un prossimo futuro, era questa: Leone Ferragni ha 20 anni, dopo una adolescenza difficile e vari problemi di tossicodipendenza, decide di denunciare i suoi genitori, oramai separati, per sfruttamento improprio della sua immagine, riducendo Chiara Ferragni e Fedez alla povertà. Così, preso anche dalla noia, ho incominciato a seguire il seguibile: profili di Chiara, profili di Fedez, profili del cane dei Ferragnez, profili di Leone, Instagram, Facebook, Tik Tok, TUTTO!
Risultato? Li ho amati. È venuto a mancare l’appiglio per scrivere la storia che avevo in mente, perché proprio seguendoli non ho potuto fare a meno di apprezzarli e di amare Leone e come loro si rapportano a lui. Impossibile anche solo intravedere un briciolo di conflitto. Adesso conosco gente che mi confessa di non poter andare a letto senza aver prima visto le ultime candid che vedono come protagonista Leone e che postano i suoi genitori. Fanno tenerezza, ridere, comunicano felicità. È tutto bello. È un sogno. E come tutti i bei sogni alla fine speri che non finiscano mai.
Quindi capisco perfettamente come mai i social siano impazziti alla notizia della seconda gravidanza di Chiara Ferragni. Però questa follia collettiva ci dice anche un’altra cosa. Che noi umani, dai tempi di Sofocle, e ancora prima, fino ad arrivare a oggi abbiamo bisogno di divinità. Che grazie ai social, oggi, sono divinità umane, fin troppo umane. Infatti Chiara Ferragni, che queste cose le capisce prima di tutti, non mostra una vita da nababba, non ha una villa alla Hugh Hefner né si fa troppo vedere che viaggia con Falcon privati, ma vive in un attico in City Life, pubblica storie con la maschera viso mentre ha il pigiamone e fa dire le parolacce a Leone. La dea, madre e figlia del social dilemma in cui viviamo, si comporta così. Ed è lei. Poco importa di Fedez. La notizia di oggi non è che loro aspettano un altro figlio o figlia, ma che lei è incinta. Chiaro, no? Varrebbe la pena candidarla al Nobel. Nessuna come lei potrebbe riuscire a far affermare in tutto il mondo il concetto della pace.
La riflessione, comunque, porta qui: abbiamo tutti bisogno di divinità, di credere in qualcosa. Resta la domanda: è migliore o peggiore un mondo dove si crede in lei come madre madonna (vedi la cover di Vanity) più e meglio che in un Dio come l’avevamo sempre conosciuto? Un mondo in cui lei è più potente di qualsiasi mezzo di informazione? A ognuno di noi l’ardua risposta.
Io sono convinto che, oggi, il filosofo Nietzsche, per affermare che l’essere umano per prendere piena consapevolezza di sé sia costretto ad emanciparsi dal concetto di divinità, non direbbe più che “Dio è morto”, ma che “la Ferragni è morta”. Adesso però, scusate, torno a vedere le sue storie. Sia mai che abbia postato qualche cosa di nuovo...