"A 31 anni sei ancora una stagista e hai una stupida velleità come quella di svendere il tuo corpo. Ti auguro che tutto questo ti si ritorca contro e che i fotografi maniaci si approfittino di te"
"Bella l’ultima foto che hai pubblicato. Sei disponibile tra poco? Fermata metro?"
“Complimenti al fotografo, alla mamma e alle tue tette"
Era il 5 Marzo 2019 quando Andrea mi contattò tramite Instagram “Ciao! Non so se lo fai già, ti andrebbe di scattare con me?”.
Non conoscevo la sua faccia né la sua voce e l’unica cosa di cui potevo essere sicura erano le sue foto. Andrea è un fotografo, anzi è anche questo. Nella vita fa altro, quell’altro che però l’ha portato senza troppe difficoltà a creare piccoli gioielli, dove i volti e i corpi femminili sono i protagonisti. Corpi a volte tatuati, a volte puri, a volte fuori dagli schemi comuni, a volte tristi e a volte pieni di talento. Andrea ha iniziato a scattare tanti anni fa sulle scene del crimine. L’ho incontrato due settimane dopo il suo primo messaggio. Avevo deciso di non andare da lui, anche perché nessuno poteva o voleva accompagnarmi.
"Tu timida? Tu vuoi solo essere scopata": se ti spogli, secoli di evoluzione scompaiono in un secondo
Ricordo che non dormii la notte. ‘’Se non vado bene? Le modelle che fotografa sono così belle. E se non vado bene?".
Ho sempre pensato che il vero coraggio, tranne in casi estremi, non interpelli il tempo e se lo fa è solo per una questione di secondi. Non di più. Chi prende una scelta in settimane o mesi non è meno coraggioso, ma è sicuramente più coscienzioso e previdente. E il coraggio, quello che ti libera dandoti una forte scossa, non prevede nessuna cautela.
Cambiai idea un’ora prima del nostro incontro e feci il viaggio verso Tortona con un gran mal di testa e nausea. Avevo bisogno di vomitare la cena del giorno prima (perché sì, per il nervoso, non mangiavo dal giorno prima) o forse solo l’aria che respiravo, esigenza che ho collegato alla mia agitazione ma anche alla voglia di buttare fuori tutte le limitazioni e la rabbia per l’essere stata invisibile sin dalla nascita. Perché essere scelti significa prima di tutto essere visti e Andrea lo aveva fatto. Queste sensazioni si placarono appena scesi dal treno e me lo ritrovai davanti: mani in tasca, pantaloni e giacca di jeans.
Mi portò dove lui di solito scatta, in una cascina con due porte finestre che danno su un campo. Era da tempo che non vedevo un prato così lavorato, precisamente dall’ultima volta che ero stata a casa mia in Sardegna. Eravamo solo io e lui. La metratura della cascina è pari, ad occhio e croce, a quella delle case che qui a Milano affittano a 800 euro spese escluse. Piccola ma suggestiva, perché lì c’è tutta la personalità di chi per me, fino a un anno fa, era uno sconosciuto: un letto in terra con delle lenzuola bianche, piante, tante piante curate con devozione, una cucina, dei libri buttati in terra, un pc e un mobile con un grande ripiano che ricorda i carrelli delle sale chirurgiche, dove lui poggia le sue macchine fotografiche.
Quando abbiamo iniziato a scattare la sua attenzione era sul mio volto. Ero in imbarazzo nonostante lui facesse di tutto per farmi sentire a mio agio “Vuoi del caffè?”, “Apri gli occhi! Fai gli occhi grandi!’’ e ogni volta che me lo chiedeva pensavo che forse era la prima volta che guardavo ciò che mi stava attorno in modo così totale. Con gli occhi grandi e non socchiusi come ti insegna e vuole il mondo, perché di lui e di chi ne fa parte devi aver paura. Ad ogni scatto gli chiedevo scusa per la mia poca professionalità e lui sorrideva. Ero così agitata che andai a sbattere contro una pianta, una foglia mi punse l’occhio destro e iniziai a lacrimare.
Ma che cazzo modella, ma modella chi? Non io di certo.
Quando mi chiese di togliere maglietta e reggiseno gli posi un limite "Per favore, non riprendere le tette. LE TETTE NO". Cosa avrebbero pensato gli altri, quelli che non sono io?
Che cosa crudele porre dei limiti, soprattutto a un artista. È come farlo con un bambino. Questo puoi farlo, quest’altro no. Blocchi il flusso e l’espressione altrui. Andrea è riuscito a scattarmi solo una foto senza maglietta e reggiseno, mentre mi lego i capelli e guardo il muro davanti a me, con il seno in mostra. Mi disse "Tienila per te".
Mi piace paragonare quello scatto a una scultura che si trova al cimitero monumentale di Milano: è così in alto che se ti posizioni sotto sembra che stia volando su di te, con le braccia spalancate come se si sentisse libera e si stesse librando in cielo. Qualcuno mi ha paragonato alla Nike di Samotracia dotata di arti, ma sono sicura che dietro a questo complimento ci fosse la speranza di ottenere altro. Andrea non voleva che la pubblicassi. Andrea sa quanto marcio può venire fuori in chi guarda una foto del genere. L’ho pubblicata lo stesso.
Se ti spogli non ti dicono che sei libera, che non ti accetti, che non vivi la tua persona come hai sempre desiderato, no, questo no. Ti dicono che sei una troia
"Ciao Laura, so che non ci sentiamo da mesi. Non siamo più amici neanche sui social, ma mi hanno detto che hai pubblicato una foto a zinne all’aria, potresti girarmela? Grazie". Per questo scatto, mi sono meritata qualche molestia via social (da un conoscente e tre sconosciuti) e un fotografo di moda, che ha due grandi studi mi ha proposto un lavoro come stagista. Gli serviva una copywriter junior. Mille euro al mese, perché "Io gli stagisti li tratto bene. Come fai altrimenti a vivere con 300 o 500 euro? A Milano poi come si fa?!".
"E il colloquio? Quando posso farlo?"
‘"l colloquio possiamo farlo ad Arles durante il Festival internazionale di fotografia. Verso metà Settembre. Ci sei mai stata?"
"No. Fissami un colloquio nel tuo studio. Magari prima guarda il mio portfolio".
"Non c’è bisogno. So già che sei brav. Da cosa ho capito che sei brava? Da come ti vesti. Dai Laura, ti assumo io!".
Qui non si pretende di fare Arte, anche se per me ogni corpo e ogni gestualità è arte per il semplice fatto che, dietro la pelle e dentro la carne, si nasconde una storia.
Andrea, che per vivere fa altro e nel tempo libero scatta ragazze, paesaggi, il suo cane e il suo gatto bianchi come lui, mi ha salvata. È stato il primo – in mezzo a conoscenti, genitori, parenti e fidanzati – ad avere la pazienza nel guardarmi e abbassare le mie difese, rendendosi conto di quanto fossi ammaccata dentro. Senza parlare, solo fermando per sempre i miei occhi molto tristi nelle sue foto. È stato il primo e come tutte le prime volte e le prime persone si è guadagnato una sorta di adorazione e amore da parte mia. Questo va aldilà del rapporto fotografo-modella (categoria di cui neanche mi sento di far parte). Perché, da allora, c’è stato uno sblocco che mi ha permesso di vivere i rapporti senza grossi attriti. E di accettare quello che di me potrei migliorare ma solo in parte. Tutto quello che dodici anni di psicoterapia non sono riusciti a far uscire dalla mia testa. Stare nuda davanti a una macchina e uno sconosciuto (seppur professionista) mi ha portata a capire di non essere solo un corpo e quella metà di me - il corpo - andava accettata così com’era. Sin da piccola ho creduto di essere sbagliata, non desiderabile e che bisogna sempre stare coperti. Coperti non solo fisicamente ma anche mentalmente. Parlo come una persona che, anni fa, per quattro mesi si è nascosta da tutti, perché si vedeva storta e con un volto asimmetrico. Parlo come quella persona che dopo quei quattro mesi ha capito che il corpo era solo un pretesto per non guardare che c’era altro, dentro, che non andava.
Appena ritornata a Milano, a casa, vomitai.
Dopo Andrea, ho scattato altre cinque volte e appena finiranno le restrizioni del Covid19 incontrerò altri fotografi.
Tutte le persone, nessuna esclusa, mi chiedono "Perché lo fai?"
Nessuno mi paga, le mie immagini circolano sui social e questo significa che tutti possono vederle (posso finire – come sicuramente è successo, visti i tempi, in qualche sito pornografico); posso passare per oggetto di desideri abbastanza squallidi, di invidie da parte di colleghe e donne in generale, di offese da parte degli uomini.
Perché se ti spogli lanci il chiaro segnale "sei troia". Non "sei libera", "non ti accetti", "non vivi la tua persona come hai sempre desiderato", no, questo no, ma: SEI TROIA. E come tale meriti di essere trattata. Lamentarsi non serve, spiegare il rispetto ancor meno. Se rifiuti delle avances l’uomo ha il diritto di umiliarti ancora di più, soprattutto se non accetti di incontrarlo "Fammi diventare almeno il tuo money slave" mi ha detto un giovane giornalista di un TG "Tra qualche settimana vado a Milano dal Capo Supremo, le lecco un po’ il culo e dopo vengo a casa tua e ti scopo. Ti piacerebbe fare un threesome?" - Laura rifiuta, rifiuta sempre - "Tu timida? Tu vuoi essere scopata".
Posso anche e però scegliere a chi concedere il mio tempo e quello scambio professionale diventa uno scambio umano. Tengo molto al "come" quasi quanto al "chi": una mia caratteristica è conoscere persone in modo diverso che sia il solito bar, università, accademia o cena tra amici. Posso anche innamorarmi di chi sta dall’altra parte. Più che posso dico che può succedere: un inizio diverso da quello di qualsiasi altra storia ma con nessuna variazione sul tema per quanto riguarda il finale. Posso anche decidere se spogliarmi o meno e se non voglio posso ricevere anche insulti da chi mi garantiva professionalità almeno a parole. Perché pure questo può capitare e a me è capitato. Posare nuda ti obbliga a rispettarti e farti rispettare o, perlomeno, te lo insegna e tu pian piano impari.
L’immagine cambia a seconda dello spettatore e purtroppo nulla posso sul modo distorto che lo spettatore ha di vedermi
Luisa Terminiello, un’artista classe 92, ha pubblicato un mese fa sul suo Instagram una foto del suo sedere e una didascalia che avrei voluto scrivere io. O, visto l’argomento, avrei potuto scrivere io, forse in modo più sentimentalista e meno pasoliniano di lei: "Guarda, stai vedendo quello che cerchi o quello che io ho scelto per te. L’aspetto è un dispositivo, si interfaccia con l’altro e ti restituisce un’immagine riflessa dai vari schemi che non sono frutto nello sguardo in purezza, ma dell’educazione allo sguardo verso l’incognita: la necessità di inquadrare l’altro è il limite della conoscenza dello stesso. L’altro qui vedrà ciò che pensa, non ciò che vede". E conclude con "Ricorda che sei nata femmina, questo ti accende ma ti rallenta".
A volte, senza forse alcun rispetto per il paragone, mi capita di pensare alle ragazze che si sono suicidate dopo che gli ex hanno pubblicato le foto intime che si sono scambiati durante la relazione. Io scelgo di fidarmi di un pubblico più vasto, loro hanno scelto di fidarsi di una sola persona, ma la violenza è la stessa. Non vedo oscenità, non vedo pornografia, non riesco ad immaginare una mano che si masturba sulle mie foto o sulle foto delle ragazze che posano come me. L’immagine cambia a seconda dello spettatore e purtroppo nulla posso sul modo distorto che lo spettatore ha di vedermi.
Mi sono autoprogrammata alla purezza, non allo squallore e, dove la purezza non è possibile, a vedere tutto per quello che è e tutti per quello che sono, secondo un mio metro morale ma anche estetico.
Quindi, perché lo faccio?
Per sentirmi sempre più vicina al mio concetto di libertà, perché "non assumere alcuna posa" ma "lasciar cadere il corpo" per evitare di essere diversa da quello che sono è la mia unica prerogativa quando scatto e quando smetto.
La libertà non è economica, non conosce il risparmio. Non ti risparmia. Perché sentirsi liberi ha un prezzo che vale, a volte, quanto le umiliazioni.