Se fai business con successo, se migliaia di persone seguono i tuoi consigli, se Forbes ti mette tra i 30 under più influenti d’Italia, sei un’economista. Con l’apostrofo (perché di questi tempi bisogna adeguarsi all’impero del politicamente corretto e quindi, anche quando si sta sul generale, è meglio abbandonare la patriarcalità della grammatica italiana in favore del femminile) perché è di una donna che stiamo parlando: Iman Boulahrajane, in arte “Imen Jane”. La star dei social, ventiseienne fondatrice di Will, è finita al centro del solito scandalo, perché Dagospia ha scoperto che in realtà la laurea tanto vantata da Imen Jane non è mai stata conseguita.
Possiamo discutere sulla figura barbina, possiamo addirittura aprire un dibattito sull’ormai vecchia battaglia di Marco Panella in favore dell’abolizione del valore legale del titolo di studio, possiamo anche ipotizzare una crocifissione a Pasqua lontana per Imen. Ma forse dovremmo usare il buon senso e basta. Magari chiedendoci che cosa significa “economista” oggi. Perché dove sta scritto che per essere un economista o un’economista bisogna aver conseguito un titolo accademico? Un conto è essere “laureato in” e un altro conto è essere economisti. E, sia chiaro, non c’entrano niente le menate sull’università della strada, sull’uno vale uno e sul tutti possono fare tutto perché le competenze e la formazione non hanno valore.
Sono esagerazioni, come è esagerazione il quantitativo di cacca che si sta riversando su una ragazza che al contrario di altri ventenni, anzi della maggior parte dei ventenni, ha saputo costruire qualcosa di importante, di mediaticamente innovativo. Divulgazione pop di un tema, l’economia, che farebbe prendere sonno persino ad un iperattivo. E non è una cosa da poco. C’è del merito al di là del titolo.
Così come c’è del demerito, grosso, nel non voler fare innovazione anche nel metodo verso il successo. Incoerenza prima che spirito bugiardo. Perché se hai creato una azienda che genera futuro, che sovverte i linguaggi, che ti porta ad essere tra gli under 30 più influenti per Forbes, che bisogno hai di piegarti al dover far credere di avere un titolo che non hai per poterti affermare? E ancora, se anche quella bugia t’è servita per partire, perché non hai svelato il giochino prima?
“Ci sono casi eccellenti come Zuckerberg, Steve Jobs, Bill Gates che hanno lasciato gli studi per seguire la loro passione. Ma anche Piero Angela da noi in Italia. Continuerò a studiare e chiuderò tutto quello che posso chiudere. Mi spiace se qualcuno si è sentito offeso da queste mie scelte di vita” – questo è, almeno in parte il j’accuse della ragazza diffuso nella serata di ieri insieme alla comunicazione d’aver lasciato tutti gli incarichi in Will. Un ‘non ho studiato ma prometto che lo farò’ che, francamente, fa un po’ ridere, soprattutto se messo insieme ad affermazioni come: “Nell’ultimo anno e mezzo ho fatto esperienze incredibili. Tutto questo mi ha fatto tralasciare gli studi che poche settimane fa ho deciso di riprendere. Ora voglio concludere questo ciclo. Ho seguito tutti i miei stimoli mettendo l’Università da parte per mesi”.
Imen Jane ha deluso anche noi, ma non certo per non essere la dottoressa Imen Jane, ma per aver insistito nell’inganno. Senza capire che un outing ben strutturato avrebbe invece risvegliato coscienze su quanto e come le università formino davvero persone preparate al presente e in grado di generare il futuro.
Un’occasione che Iman Boulahrajane ha perso anche ieri, diffondendo un video che non ha sapore, se non quello della giustificazione assurda di una bimba pizzicata con le mani nella marmellata. Ci ha delusi perché ci saremmo aspettati di più, soprattutto a livello umano da una che da anni porta avanti una battaglia serrata alle così dette fake news. Ma il punto non è la laurea conseguita o meno, Imen Jane ha già dimostrato di essere un’economista, bensì l’aver fatto ricorso alla menzogna. Alimentandola anche.
Eppure i titoli questa mattina, fatti da gente regolarmente Iscritta all’Ordine e quindi formalmente titolata, riportano solo il dato meno significativo: la non laurea. Che non è certamente più grave dell’inganno.