“È stata un’azione che lascia perplessi e che di sicuro avrà due conseguenze controproducenti: polarizzare i cattolici italiani (il primo ad acclamare il gesto è stato Salvini, che era stato definito Satana sulla copertina di Famiglia Cristiana) spaccando un’opinione pubblica cattolica già devastata, e mettere a rischio il concordato stesso (averlo menzionato potrebbe spingere le forze più anticlericali ad avviare una campagna per metterci sopra una pietra tombale)”: così Marco Grieco, vaticanista di Domani, a proposito dell’intervento ufficiale della Città del Vaticano contro il ddl Zan.
Il Vaticano ha fatto appello all'articolo 2 del concordato che secondo la Santa Sede sarebbe violato dalla proposta di legge italiana: “La Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare – si legge nell’accordo, rivisto dopo lunghe trattative nel 1984, con firma da parte dell’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi – è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica”. Inoltre, il comma 3 dice che “è garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Secondo la nota inviata da monsignor Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, il ddl Zan violerebbe in "alcuni contenuti l'accordo di revisione del concordato”. A preoccupare la Santa Sede è in particolare l'articolo 7 del disegno di legge, che non esenterebbe le scuole private dall'organizzare attività in occasione della costituenda giornata nazionale contro l'omofobia, la lesbofobia e la transfobia.
Griesco, da parte del Vaticano è stato un atto legittimo, è stata una forzatura, o entrambe le cose?
“Per il Vaticano – spiega Grieco – era legittimo presentare quella che si definisce una «nota verbale». Il punto è il modo in cui è stata fatta: monsignor Gallagher, sostanzialmente il ministro degli esteri vaticano, l’ha presentata all’ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Pietro Sebastiani, in sua assenza. L’ha lasciata a un addetto. La prassi lascia un po’ perplessi. Di solito se un ministro degli esteri va in un’ambasciata, si annuncia prima, anche perché Palazzo Borromeo è a un tiro di schioppo da via della Conciliazione. Lui non l’ha fatto e questo dice tanto anche sulla percezione che il Vaticano stesso aveva del contenuto della lettera. Altro aspetto che lascia perplessi è che il ddl è stato approvato alla Camera a novembre. Sono passati sette mesi per arrivare a una presa posizione da parte dello Stato della Città del Vaticano in forza del concordato. Questo sconfessa la tesi che monsignor Gallagher possa aver lasciato la lettera perché aveva fretta. Non si spiega questa celerità dopo sette mesi di attesa”.
Perché è stata portata quella lettera?
“Si faticano a capire i motivi alla base di questa decisione: se fosse stata una presa di posizione netta, lo abbiamo visto con i vescovi della Cei che subito avevano parlato di «legge liberticida», c’erano modo e tempo per farlo prima. Considerando che ormai l’iter del ddl è ben avviato, l’impressione è che con questa azione si sia voluta più che altro dare una risposta ai cattolici che si interrogavano sulla posizione della Santa Sede, per far vedere che si è fatto il possibile per arginare questa legge, tra l’altro menzionando anche l’articolo 2 del concordato a proposito di un provvedimento richiesto anche dall’Unione Europea. Pur sapendo che ormai il dado è tratto, l’impressione è che il Vaticano voglia mettersi al riparo dalle future recriminazioni. A ogni modo la situazione non è chiara nemmeno a noi analisti, anche perché la Chiesa di papa Francesco non è assolutamente chiusa. Quando si cominciava a parlare di ddl Zan, papa Francesco ha incontrato un’associazione di genitori di omosessuali in piazza San Pietro. Papa Francesco, capo della Chiesa cattolica, ammette questa realtà, quindi non si spiega una presa di posizione così forte, dove tra l’altro si menziona la minaccia alla libertà di espressione nelle scuole con l’istituzione della giornata contro l’omotransfobia. Ma una scuola ha la libertà di celebrare come vuole una giornata, o di non celebrarla affatto: non tutte le scuole celebrano la giornata in ricordo delle vittime delle mafie normata per legge nel 2017, ma chi non lo fa non viene tacciato di appoggiare la criminalità organizzata. Tra l’altro così facendo si sminuisce la scuola cattolica, concependola solo come scuola confessionale, quando ci sono scuole cattoliche che, oltre a essere inserite perfettamente in una società laica, formano l’intellighenzia italiana. Si è fatto dunque anche un passo indietro riguardo alla percezione che si dà delle scuole cattoliche, che vengono dipinte come istituzioni medievali, quando non è più così”.
I contrattacchi sono partiti puntuali, con sulle barricate anche e soprattutto Fedez, con riferimenti alle tasse sugli immobili non pagate dalla Chiesa, alla pedofilia e al concordato che non sarebbe stato concordato da nessuno.
“Il concordato degli anni Ottanta, peraltro voluto dalla sinistra, ha inserito nella Costituzione sostanzialmente il trattato che garantisce i confini della Città del Vaticano e l’esenzione di alcuni immobili. L’intervento di Fedez dimostra che ancora oggi, e questo la Chiesa non ha contribuito a fugarlo, ci sono tanti luoghi comuni sul Vaticano. È vero che ci sono ancora immobili esentati, però spesso sono destinati ad attività umanitaria, considerando che spesso la Chiesa fa da stampella alla società civile e a una politica poco efficace nei riguardi degli indigenti. Quanto alla pedofilia, sicuramente è una piaga della Chiesa, come ammesso dallo stesso Benedetto XVI, ma esiste anche in altri ambiti. Di sicuro comunque andare allo scontro frontale è stata una mossa controproducente”.
La lettera contro il ddl Zan è stata un’azione alle spalle del papa? Tollerata dal papa? O convintamente approvata e appoggiata dal papa?
“C’è chi dice che l’iniziativa sia avvenuta alle spalle del papa, ma a me risulterebbe un po’ singolare che il papa non sapesse una cosa del genere, un’azione diplomatica. Papa Francesco è attento riguardo a tutto ciò che avviene in Vaticano, dunque sarebbe molto strano che non ne fosse a conoscenza. Di sicuro comunque si tratta di un atto apparentemente in contrasto con le prese di posizione pubbliche «aperturiste» o comunque di vicinanza e di accoglienza del pontefice. Io credo che il papa sapesse e che ancora una volta si sia scelto di fare l’occhiolino un po’ a una parte e un po’ all’altra. Il ddl apre un vaso di pandora che ancora la Chiesa fa fatica a gestire. C’è un problema all’interno della Chiesa cattolica su come gestire il tema dell’omosessualità. La pastorale viene fatta a fedeli lgbt, per quanto in via ufficiosa, e allo stesso tempo ancora oggi la Chiesa sostiene alcune teorie riparative, cioè il fatto che dall’omosessualità si possa «guarire» con terapie psicologiche e preghiera. Nel catechismo ci sono ancora documenti che considerano l’omosessualità un peccato, equiparato all’adulterio: per questo la Chiesa tedesca chiede di cambiare alcuni passi”.
Spesso Bergoglio è dipinto come una figura “di sinistra”. Come si spiegano questi sviluppi?
“C’erano stati slanci in avanti anche «rivoluzionari»: per questo una presa di posizione del genere viene vista come un grande passo indietro. La sensazione è che il papa abbia una propria idea, quella espressa varie volte del «siamo tutti fratelli», ma debba accontentare un po’ tutti. Così facendo però si crea confusione. Forse è anche nella personalità del papa, che è un gesuita, tenere il processo aperto: il risultato però è che sotto il pontificato di papa Francesco la Chiesa non sembra avere una visione netta. Poco dopo essere diventato papa aveva detto «chi sono io per giudicare un gay?» Poi si era espresso sulle unioni civili. Ora a che punto è il pontificato di papa Francesco? Resta un grande interrogativo e resta l’ambiguità. Bergoglio ha dato un’impronta sociale, ma ai più sfuggono la visione e la direzione di questo suo pontificato. Lo dimostra – conclude Grieco – la difficoltà che ancora oggi c’è nel far fronte ai casi di abusi e pedofilia nel mondo”.