È che solo la parola “governo tecnico” ci mette più tranquilli. Governo non politico, di responsabili, di competenti. Come se ormai la fiducia nei confronti della classe politica fosse così bassa da farci tirare un sospiro di sollievo, al solo pensiero che a guidare il governo non ci sia uno di loro.
Uno qualsiasi, senza per forza dover andare a destra o a sinistra, perché in queste settimane di infinito pellegrinare - che a guardarle ora sembrano più un meriggiare (pallido e assordo) - al solo pronunciare un nome, per il dopo-Conte, l’elettorato medio si è sentito mancare: Di Maio, il linguista? Renzi, il traditore della Patria? Salvini, il populista?
A mancare poi, sono stati pure i numeri. La fiducia, il Senato, le consultazioni, in un gioco dell’oca che è andato avanti e indietro senza portare a niente, Conte Ter compreso.
Così, ieri sera, incastrandosi perfettamente nell’intervallo tra primo e secondo tempo di Inter-Juve, Mattarella ha detto che no, una soluzione Fico e company non l’hanno trovata.
Aveva la faccia di un genitore che, dopo aver cercato di sedare le liti tra i figli delinquenti, è costretto a chiedere aiuto a SOS TATA. Ve lo ricordate il programma? Quello in cui le famiglie disperate, coatte e solitamente tamarrissime, si ritrovavano messe talmente male da dover chiedere aiuto a una signora elegante e composta, in grado di rieducare i figli e riorganizzare la vita di tutta la famiglia.
Ecco, Mattarella ieri ha chiamato la nostra di tata: Mario Draghi.
Solo che, SPOILER, nessuna tata stava simpatica ai bambini. Solitamente erano severe, poco empatiche, dritte sul loro obbiettivo, e giuste. Ma ai marmocchi ormai abituati da anni a fare i bulletti del quartierino, le cose giuste e severe non è che piacciano poi molto.
Un generale entusiasmo, dai titoloni delle prime pagine ai meme sui social, che rischia quindi di trasformarsi molto presto in qualcosa di diverso. Un po’ perché, attenzione a cantar vittoria, Mario Draghi ha accettato con riserva l'incarico dato da Mattarella, ma non è detto che abbia i numeri in Parlamento (con il M5S che sembra intenzionato a non dare la fiducia) o che si voglia comunque accollare gli oneri di un governo azzoppato, nato sull’orlo del fallimento con la fiducia ai minimi storici. Un po' perché, anche qualora un governo si formasse effettivamente, molte delle misure che potrebbe essere costretto ad attuare l'ex presidente della BCE, potrebbero risultare tutt'altro che gradite a una amplissima fetta degli elettori (che non l'hanno votato). Vi ricorda qualcosa?
Facciamo finta, ad esempio, che si concretizzi la più positiva tra le opzioni al momento ventilate, la legislatura che, come scrive Francesco Costa su Il Post, “iniziata col governo dei No Euro potrebbe concludersi con un governo tecnico guidato da Mario Draghi, il banchiere europeo per eccellenza". Bene, in questo caso, Draghi e il suo “governo di rinascita”, avrà tra gli obbiettivi principali, oltre a quelli relativi al contenimento della pandemia e alla conclusione del piano di vaccinazione nel minor tempo possibile, anche quello di riscrivere e consegnare all'Europa un nuovo piano sul Recovery Fund (iniziando magari a chiamarlo con il suo vero nome: Next Generation EU), assecondando le richieste che provengono, ormai da anni, dalla stessa Unione Europea e, quindi, tra le varie, mettere mano a Quota 100, riformare il sistema giustizia, riformare la normativa sulla concorrenza, stendere un paino credibile di rientro sul debito pubblico, revisionare l'intero sistema catastale, solo per citarne alcune. Il tutto, cercando di ottenere, su ogni singola misura, il consenso di PD, Forza Italia, Italia dei Valori, oltre all'appoggio esterno della Lega
È quindi vero che il governo tecnico di Draghi sarà (se sarà) completamente diverso da quello di Monti, il cui obbiettivo principale fu quello di tagliare, dalle pensioni all’istruzione, esattamente l’opposto rispetto a quello che viene chiesto a Draghi, ma è anche vero che sempre di crisi economica e di ultima spiaggia si sta parlando. Non siamo ai livelli del "Fate presto" del Sole24Ore ma poco ci manca.
"Che i Draghi volino più alti sopra i Monti", sentiamo già sussurrare in queste ore. Perché in un attimo quel governo tecnico, quello che ha fatto esultare gli italiani lodando il nome dell’insperato europeista, può trasformarsi nel ricordo del tramonto berlusconiano e dell’arrivo del “tecnico pronto a salvarci”.
Un piano che all’Italia piace, che infonde una sicurezza introvabile - oggi - altrove, spiega Jason Horowitz in un articolo del New York Times che vede in Draghi “un leader potenziale in un momento cruciale". L’Italia, continua ancora il NYT "sembra destinata a ritornare al modello del governo dei tecnocrati, che ha la reputazione di salvare il paese quando le forze politiche falliscono. Durante la crisi economica dell'Eurozona, il presidente del Consiglio di allora, Silvio Berlusconi, fu costretto a mettersi da parte e a lasciare la strada libera a Mario Monti, un altro tecnocrate ben rispettato, che, dal punto di vista economico, fece il lavoro sporco e impopolare di tirare fuori dai guai l'Italia".
Lavoro sporco e impopolare, quello che sarà chiamato a fare l’ex presidente della BCE perché se è vero che fare debito buono, come ha ripetuto più volte nel 2020, è l’unico modo per non soccombere a questa crisi, non è altrettanto sicuro che a tutti piaccia, tra politici e cittadini, quello che proporrà per risollevare l’Italia. Perché fare debito buono, lo ha spiegato chiaramente in questa analisi dello scorso marzo per il Financial Times, non vuol dire fornire sussidi per tutti e redditi di base, ma investire in un percorso di crescita destinato a durare, per risollevare il paese oltre lo spauracchio di questi mesi difficili.
E, quasi sempre, un severo piano per migliorare, costruito sulle reali esigente del Paese, e un piano per piacere al singolo interesse del partito politico o del cittadino sono due universi troppo diversi per riuscire a funzionare.
Nella speranza che non si realizzi quanto ventilato, lo scorso dicembre, dall'ex presidente della Commissione europea Romano Prodi al Corriere della Sera: "Quando i problemi sono gravi si pensa sempre a un deus ex machina. Ma spesso gli italiani aspettano un salvatore per poi crocifiggerlo".