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La crisi mistica di un 50enne

Finché l’amor-t-e non ci separi (amica o amante)

Luca Marzio Garavaglia

16 dicembre 2020

La dipendenza dal biliardo e i birilli come problemi: li abbatti, ma poi tornano in piedi. Come col cibo, con il vino e con le donne, ogni giorno nuove prove da superare, nel tentativo di non ripetere gli stessi errori o, quantomeno, di non perseverare nelle proprie debolezze

di Luca Marzio Garavaglia Luca Marzio Garavaglia

Provate voi a smetterla con le dipendenze. Anche banali. Per me alcune sono vitali, se non sono distruttive. Nel mio caso c’è la dipendenza dal biliardo. Sempre nel limbo tra gioco e sport, per me più il secondo, in memoria della parte che è stata anche l’azzardo di tanti anni fa.

E i birilli, come gli ostacoli, li abbatti e cadono… ma poi li riposizioni e riparte il gioco, un problema diverso, soluzioni infinite, nuove prove da superare. Più esperienza nel migliorarsi e non ripetere gli stessi errori o un lacerante perseverare nelle nostre debolezze? È più difficile analizzare i nostri errori e crescere che dare la colpa a qualcuno o qualcos’altro. Dobbiamo allenarci, a fare questa piacevole fatica.

Giorni di perdizione, dove poi si poteva finire alla sera al trotto o al galoppo a completare l’opera a sperare che qualche bestia grama arrivasse al palo per fare il colpo della vita, che poi era al massimo del giorno o del mese, ad andare bene… perché i soldi del gioco finivano sempre… in un altro gioco. Per alcuni nella vita notturna, tra night e alcool. Ma non era il mio caso, io dovevo mantenermi l’università e una certa indipendenza dai miei genitori. Papà sapeva, non commentava e, forse, invidiava la mia spavalderia. Questa è una delle domande che mi piacerebbe potergli fare, se solo potessi.

Ma io rimanevo un timido, dovevo trovare un modo in cui esprimermi che fosse il meno possibile legato alla parola, almeno ciò accadeva tanto tempo fa, prima di dosi utili di psicoterapia e riflessologia.

Quindi sono partito con la prima dipendenza, e poi sono arrivate la musica, l’arte, la lettura. Provate voi a smetterla, se siete riusciti ad iniziare ad averle, queste fantastiche dipendenze. Oppure provate a usare la contaminazione, ed a mettere insieme tutte le passioni, questo vi porterà allo step successivo, inevitabile.

Eccoci arrivati alla dipendenza dal cibo, che io declino non in bulimia, ma nella qualità della materia prima e, successivamente, nella cucina più o meno ricercata e nell’abbinamento dei sapori. In questo è come ricercare la donna perfetta, la riconosci subito quella che ti arriva al cuore, stimola gli stessi feromoni. 

Ho imparato a cucinare proprio per avvicinare e conquistare le donne, oltre che per il piacere di farlo. Non deve più salire per vedere la collezione di farfalle, è già nel posto in cui vorrei che sia. E qui c’è la spiegazione del piatto, la passione nel prepararlo con attenzione, la musica di sottofondo scelta con cura, le candele accese per creare la giusta e coinvolgente atmosfera per un fantastico tete-a-tete. 

Manca (a me) la dipendenza dal vino, dal buon vino, ma ci sto arrivando, ad apprezzarlo, con lo studio della cultura dei vini nobili (scuola Veronelli-Pedrini Omar Edoardo)  per dimenticare la mia idiosincrasia all’alcool, che non ho mai apprezzato per partito preso, chissà  perché poi… grazie Zio Rock per l’insistenza.

Parliamo del pisello, che ha tutto un suo funzionamento se si tratta di sesso o amore. Se è tutti e due è un compagno di viaggio fantastico, il Google Maps della complicità anche quando non parla. Sappiamo già chi può arrivare ai piani alti del cervello, chi alla patta dei pantaloni e chi ci può (forse) baciare il culo. È che dovremmo evitare di confondere i piani di ‘sto cazzo di ascensore del cuore e parlargli seriamente… e ammettere che sono circa 36 anni che pensi e fai riferimento alla stessa donna, al tuo primo amore. È una costante o una ossessione, lei? Sei amante o amica, occhi belli? Confidente o compagna? Un punto di riferimento in un futuro immaginato o un pretesto per il disimpegno quando scelgo di scappare? “Se la mia chitarra piange dolcemente...”, direbbe Ivan Graziani.

Poi le storie arrivano, vanno e finiscono. Alcune non muoiono mai, perché ci hanno dato molto, altre non vanno via mai, perché (pensiamo) ci abbiano tolto qualcosa. A volte è difficile ammettere che ci sia qualcosa di tossico e, quindi, prendersela come fece Stevie Nicks con Joe Walsh degli Eagles.

Don’t come around here no more. Whatever you’re looking for.

Levati dai coglioni. Hai rotto il cazzo. L’ho detto, ma me l’hanno anche detto. Pur-troppo. E non era la Nicks.

D’altro canto è meglio nascere stupidi e morire intelligenti che fare il percorso opposto.

 

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