Coronavirus. Ancora lui. Arrivati alla fine di un’estate minacciata dall’aumento di contagi state forse temendo un ritorno ai balconi ormai lerci e pieni di ciarpame? Le condominiali torture acustiche sulle note di Toto Cutugno? Le sfide femminili a colpi di Instagram Stories per far vedere quanto si è gnocche anche se in tuta e senza trucco (ma con filtro giovinezza stile videoclip di Mariah Carey)?
Allora magari dovreste intraprendere un’altra strada.
Già, proprio così. Tanto avete capito che la pizza in casa non la sapete fare, su Netflix c’è solo robaccia per tredicenni erotomani e nelle videochiamate venite male.
Insomma, la vita da quarantena è proprio una merda.
Ma come agire per evitare che si ripeta il girone dantesco di psicosi, di video su WhatsApp fatti girare dalla zia zitella di destra con predicozzi di pseudo-infermiere inferocite, di vicini spioni che allertano l’esercito se ci si concede l’audacia di due passi nel quartiere?
Un modo esiste ed è anche molto semplice. Continuare a mantenere le precauzioni? Mascherina, gel, distanziamento e tutto il corredo? Ma no! Basta negare: il Covid non esiste.
Pandemia? No grazie
Insomma, bisogna appoggiare la tesi della mitologica signora Angela da Mondello, nuova icona pop nostrana acclamatissima dalle masse al pari di Sabrina Salerno o Maria De Filippi. “Non ce n’è Covìddi, non c’è ggnente!”.
I negazionisti del Covid sono tanti, molti più di quanto si possa pensare. Il loro è un pianeta variegato, prossimo a quello dei terrapiattisti, dei no-vax e dei sostenitori del Family Day. È possibile individuare alcuni nessi tra questi pianeti, come malvestizione condannata in terzo grado, stupro di gruppo ai danni delle “h”, carneficina di congiuntivi, matrone salviniane di mezza età con capelli cotonati tinti di rosso-menopausa.
La fauna inizia a distinguersi già su Facebook, dove i negazionisti hanno programmato gli ultimi dettagli circa il ritrovo a Roma, fissato in Piazza della Bocca della Verità il 5 settembre. I più attivi si rivelano gli insospettabili nonnetti con foto profilo alla comunione dei nipoti, pronti a scrivere irripetibili oscenità contro questo o quel ministro, seguiti da amorevoli mammine di famiglia che condividono in bacheca gli aforismi più belli del Duce. Il tutto impacchettato con rassicuranti emoticon di micini e sfilze di cuori.
La manifestazione del 5 settembre
Arriva il giorno della manifestazione, ed è necessario ammetterlo: gli eventi che esaltano forti identità di credo mi hanno sempre messo un tantino a disagio. Il trauma è collegabile al concertone del Primo Maggio a inizio università, quando raggiunsi alcuni amici in camicia griffata. Visti i loro timori su ipotetiche aggressioni da parte di qualche sciroccato, tagliai corto e dopo aver rovistato tra le bancarelle tornai sotto il palco con una t-shirt a caso di denuncia sociale contro il Papa. Questa volta mi presento in maglietta bianca e jeans. Ma noto con dispiacere che nemmeno oggi riesco a far da camaleonte; avrei dovuto raccattare un tatuatore che mi stampasse scritte romane random sui polpacci, radermi a zero o semplicemente tornare allo stato intellettivo embrionale. No, nonostante i pregiudizi ero davvero pronto a concedere ai negazionisti il beneficio del dubbio, a permettergli di insegnarmi qualcosa che magari era sfuggito a tutti noi in questi lunghi sei mesi. Ma già a partire dai primi gruppetti che iniziano ad accalcarsi verso Circo Massimo si apre un vortice onirico che fa gustare ogni scena in slow motion, con la sigla di Superquark di sottofondo.
Iniziamo dalle apparenze, che confermano il primo pregiudizio: questa gente si veste veramente da cani. Calze con le ciabatte, canotte sudate, marsupi brutti, cappellini tricolore. E qui si apre una parentesi: i negazionisti stanno in fissa con il tricolore. Ci sono bandiere ovunque. Sono loro i rappresentanti del popolo italico. La moda femminile è la più interessante: si passa dalla milf in tacco 15 e trucco liquefatto, alla Sora Lella con la tracolla fra le tette. Le donne si confermano poi le più scalmanate. Una di loro, che dichiara fieramente i propri 65 anni, si scaglia al megafono contro quei “Quattro culattoni al governo che ci vogliono rovinare”. La sfera sessuale altrui costituisce l’invettiva più vigorosa. I negazionisti ne fanno una vera e propria morbosità. Si sente un ciccione tatuato urlare “Sculetta di meno principessina!” ad un passante ignaro. Ma ecco che il palco inizia a popolarsi. Giuro che anche qui parto con la massima fiducia.
Dopo 10 minuti di interventi da parte di perfetti sconosciuti è chiara la conferma del secondo pregiudizio: si è in mezzo al deficit cognitivo generale. Gli argomenti più utilizzati sono, sessualità a parte, i bambini, il popolo che non vuole farsi fregare dalla casta, i medici pagati da quest’ultima per fregare la gente, la massoneria, e ancora i bambini. Ogni tanto intervalli con cori al ritmo dell’Inno di Mameli o di “Libbbertà! Libbbertà! Libbbertà!”. Ammetto che la gente inizia a guardarmi male per via della mascherina; non ce l’ha nessuno tranne me e qualche altro reporter. Così, per non dare troppo nell’occhio, inizio a urlare “Libbbertà” a caso insieme ai miei nuovi beniamini.
Non vorrei essere frainteso: sarebbe stato bello e imparziale poter riportare anche un solo intervento ragionato e ragionevole, delle parole con un senso compiuto o in italiano corretto. Niente da fare, sul palco cianciano di vaccini fatti con acqua zuccherata. Non mi resta che girare per la piazza alla ricerca di un homo sapiens. Trovo solo Daniela Martani, ex gieffina ed ex pasionaria Alitalia. La manifestazione sta già finendo. Peccato.
Bisognerebbe specificare che nonostante i morti e i momenti drammatici che il Covid ha portato, rapportarsi ai negazionisti con indignazione o con rabbia sarebbe un errore. Significherebbe concedere serietà, affidargli un riscontro reale, inserirli in una dimensione spazio-temporale concreta. Loro invece vivono in un mondo lontano, un mondo ideale, quasi invidiabile. È prima di tutto un mondo dove non bisogna preoccuparsi degli outfit o degli errori sintattici. Un mondo con la propria cosmogonia, con una serie di certezze incrollabili, in cui tornare in mezzo a noi solo di tanto in tanto (purtroppo anche quando c’è da votare). Ma soprattutto, un mondo in cui si ha un’enorme quantità di tempo libero, tanto da scendere in piazza per qualcosa che non esiste.