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In carcere per aver guidato,
la storia di Loujain
libera dopo mille giorni

  • di Marco Grieco Marco Grieco

11 febbraio 2021

In carcere per aver guidato, la storia di Loujain libera dopo mille giorni
Reclusa e torturata per aver guidato un’auto a Ryiad. Mentre Matteo Renzi dal principe Mohammed bin Salman parlava di “rinascimento saudita” la 31enne è finalmente uscita di prigione ma le è stato vietato di parlare in pubblico per cinque anni

di Marco Grieco Marco Grieco

Loujain non ha bisogno di trucco per diventare virale con un tweet. Anzi, è proprio l’assenza di filtri che le è costata oltre mille giorni di prigione. L’attivista che si batte per i diritti delle donne in Arabia Saudita è stata, infatti, reclusa e torturata nelle prigioni di Ryiad per oltre mille giorni. Tutto questo, mentre Matteo Renzi dal principe Mohammed bin Salman parlava di “rinascimento saudita”. Oggi, il sorriso della 31enne uscita di prigione non cancella la repressione che gli attivisti subiscono ogni giorno. Per lei, inoltre, non è finita qui: la sua pena è sospesa non cancellata, le è vietato di lasciare il Paese per cinque anni e parlare in pubblico.

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Loujain

Il braccio di ferro con Riyadh

Il braccio di ferro tra Loujain Al-Hahtloul e il governo saudita è iniziato nel 2015. Con una regolare patente, la giovane attivista ha guidato in Arabia Saudita: una sfida per un governo che trattava le donne come figlie di un dio minore e vietava loro di mettersi al volante. La giovane viene arrestata e resta in cella per 73 giorni: comprende allora l’importanza di battersi per l’uguaglianza di genere, chiedendo al governo delle riforme. Lo fa nel 2018 davanti alla Commissione per l’eliminazione delle discriminazioni contro le donne a Ginevra, e le costa caro: negli Emirati Arabi viene arrestata assieme ad altri 16 attivisti e portata nelle celle di Riyadh, dove alcune detenute denunceranno di aver subito svariate violenze.

Il silenzio fa rumore

Dal marzo 2018 nessuno ha più notizie chiare su Loujain. Invano, dalla cella la giovane fa uno sciopero della fame mentre gli attivisti per i diritti umani ne chiedono il rilascio. Nel frattempo, il principe saudita Mohammed bin Salman porta avanti una contro-narrazione del paese: revoca il divieto di circolazione imposto alle donne saudite e permette loro di candidarsi ad elezioni politiche, tutti i punti per cui Loujain stava pagando la detenzione. Com’era successo con l’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, Riyadh non vuole ritrattare. Secondo quanto riporta The Guardian, a dicembre il pubblico ministero chiede la pena massima per la 31enne, e inizia per lei il processo con l’accusa di terrorismo. In Europa si alza la voce degli attivisti: “Loujain è un'eroina, una combattente che noi femministe in tutto il mondo dobbiamo sostenere e difendere. Il suo coraggio ci obbliga. Non possiamo guardare pigramente un potere cinico e misogino che schiaccia un'attivista per i diritti umani e calpesta i suoi diritti” scrive la scrittrice e attivista Leïla Slimani.

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