Alzi la mano chi, tra i motociclisti, non abbia mai mandato a quel paese un gruppo di ciclisti piantati a 20 all'ora dietro una curva cieca, dopo aver rischiato, prima un infarto, e poi di stendersi, nel tentativo di non finirgli addosso. E alzi la mano pure chi, tra i ciclisti, sorpassato a gas aperto e a trenta centimetri da un motociclista, non abbia fatto altrettanto, ma solo dopo aver ricordato con scarsa simpatia la sua intera genealogia. È umano. Ci sta. Fa quasi parte di una sorta di tradizione che ci vuole (ciclisti e motociclisti) acerrimi nemici e che a dirla tutta, con il passare del tempo, non è più neanche così radicata (visto che molti appassionati di moto sono anche appassionati di bici e che la stragrande maggioranza dei piloti sceglie la bici come miglior allenamento). Due mondi che hanno molto in comune e che, a giudicare dalle ultime statistiche, farebbero bene a fare fronte comune. Perché i numeri sono agghiaccianti. E sono numeri in cui vince chi perde, visto che parliamo di chi tra motociclisti e ciclisti conta più morti ogni anno in seguito ad incidenti stradali. Numeri che raccontano una realtà tutt'altro che scontata, che vede, contro il sentore comune, primeggiare tristemente chi per muoversi usa i pedali. Ebbene sì, la bicicletta è più pericolosa della moto, anche se non è che a quelli col motore vada poi molto meglio. Perché quando ci va di mezzo la pelle anche uno solo è troppo.
I numeri
In Italia muore un ciclista ogni 32 ore. Lo dice l’Istat, che mette a paragone i vari mezzi di locomozione e la loro pericolosità, snocciolando numeri impietosi per chi va sulle due ruote. La percentuale di mortalità per chi sale sul sellino della bici, nel Belpaese, è del 2,18%. E per chi sale sulla sella di una moto, invece, è dell’1,96%. Numeri che fanno dell’Italia il terzo Stato europeo per i decessi sulle strade urbane e che, se non bastasse, forniscono un quadro impietoso della situazione: nel 2017 sono morte 254 persone in seguito ad incidenti stradali mentre erano in bicicletta e nella sola Milano, tra il 2015 e il 2016, sono scesi per sempre dal sellino 145 ciclisti. 17.521 incidenti all’anno (48 al giorno). Per quanto riguarda le moto la situazione è leggermente migliore, ma di poco, con gli incidenti che crescono del 9% ogni anno. Significa che di questo passo arriveremo all’estinzione. Poi a chi serviranno gli incentivi tanto sbandierati per la mobilità sostenibile e bla bla bla? Il problema è che le strade fanno sempre più schifo, che siano passi di montagna o arterie cittadine. Buche, manutenzione inesistente, detriti, lavori rattoppati e, per quanto riguarda i motociclisti, gard rail che sono vere e proprie condanne a morte. A questo, purtroppo, deve aggiungersi l’atteggiamento di molti automobilisti, come ha tuonato qualche giorno fa Vincenzo Nibali, ex vincitore di Vuelta, Giro d’Italia e Tour de France:
"La macchina ormai sta diventando un ufficio, basta sbirciare dentro gli abitacoli per vedere quello che fa la gente con lo smartphone mentre guisa. L’Italia è molto indietro rispetto agli altri Paesi europei sulla sicurezza stradale, come è stato con le cinture di sicurezza. Noi professionisti ci siamo mossi con l’Accpi, poi il decalogo di Cassani sulla Gazzetta, gli adesivi per il rispetto del metro e mezzo di distanza in fase di sorpasso. Ci devono rispettare anche se non abbiamo la targa. Ho paura anch’io quando pedalo – ha concluso Nibali - sto attentissimo, non vado in gruppo, massimo due, e scelgo sempre strade secondarie dove ci sono meno pericoli. E agli automobilisti dico: quando vedete ragazzini in allenamento, pensate che possano essere i vostri figli”.
Fare fronte comune
Parole, quelle di Nibali, che se pronunciate da un motociclista non sarebbero molto differenti. Da anni associazioni come il Coordinamento Italiano Motociclisti, Motocivismo e l’Associazione Motociclisti Incolumi si battono per sensibilizzare su questi temi, ma anche e soprattutto per svegliare la coscienza di chi dovrebbe occuparsi di manutenzione delle strade e di adeguamento al nuovo traffico. Su tutti, almeno per quanto riguarda i motociclisti, c’è il problema dei gard rail, con appelli che, però, puntualmente finiscono inascoltati a parte pochi e rarissimi casi virtuosi di sindaci o amministrazioni che hanno capito l’importanza di dispositivi salvamotociclisti. Insomma, non ci siamo e i numeri terribili crescono sempre di più. Sarebbe, quindi, opportuno mettere da parte le vecchie ruggini di categoria e, magari, fare fronte comune, per raddoppiare le forze in campo e provare ad invertire una tendenza tragicamente imbarazzante.