Stanotte, alle 5, ho fatto un incubo. Giocavo a pallone con Orlando e Agata, la palla andava al di là della strada. C’era fango, acqua sporca, Orlando scavalcava la ringhiera, lui stava attento a non sporcarsi troppo, ma scivolava e sotto di lui il fango copriva un fosso, ci cadeva dentro e lo vedevo sparire. Mi sono svegliato mentre cercavo di scavalcare anche io la ringhiera dopo aver guardato mia figlia immobile. Mi sono svegliato e ho abbracciato Orlando che ancora dormiva. L’ho baciato e gli ho detto: amore mio. Ho avuto paura.
Ho fatto questo sogno tremendo perché sono giorni che mi chiedo: come mi sarei comportato io? Come mi sarei comportato se fossi stato al posto loro? Al posto delle persone che erano a bordo della Concordia quando è naufragata. Questa mattina, di dieci anni fa, ci svegliavamo e scoprivamo una nave da crociera inclinata, mezza sommersa, appoggiata su uno scoglio dell’Isola del Giglio. Ho ascoltato il podcast Il dito di Dio in questi giorni. Dentro quella nave c’erano 5mila persone, tra ospiti e personale di bordo, 32 ci sono morte. Dentro quella nave c’era l’umanità, gente di qualsiasi nazione, gente che alla tragedia, una tragedia vissuta al buio, di notte, al freddo, tanto freddo, ha reagito ognuno a modo proprio, e che a modo proprio ha provato a salvarsi.
Mi hanno devastato la storia di Dayane, 5 anni, scivolata mentre dava la mano al padre William, e sua mamma non era lì con lei. Mi hanno devastato le storie di chi era lì per farsi l’ultimo viaggio perché malato di Alzheimer, o che in quel viaggio aveva riunito tutta la famiglia per i 50 anni di matrimonio. O di chi è precipitato per quattro piani mettendo il piede su una porta (perché la nave si era ormai capovolta) ed è stato trovato due giorni dopo con una gamba rotta e una temperatura corporea di 32 gradi, sopravvissuto galleggiando e pregando. E poi la rabbia per il comandante Schettino, un coglione e che sia messo agli atti. L’ammirazione per i tanti eroi di quella notte, tra cui il vicesindaco dell’isola del Giglio che su quella nave morente si è fatto addirittura portare per dare il suo contributo ai soccorsi e quasi ci rimaneva intrappolato.
Ma la storia che più di tutti mi ha colpito è stata quella di Simone Innocenti, cronista del Corriere Fiiorentino, colui che ha reso pubblica la telefonata tra il comandante della capitaneria di bordo De Falco e quello della nave, la telefonata della frase: “Salga a bordo cazzo”. Quella mattina di dieci anni fa era stato svegliato proprio alle 5 dal suo direttore: “Dove cazzo sei? Vai lì”. Per il suo giornale la Concordia ha rappresentato ciò che ha rappresentato per chiunque: una rete di vicende che si incrociano tutte lì, nello stesso momento, e che fanno emergere tutti gli aspetti dell’essere umano, tutti, anche i peggiori ma per fortuna anche i migliori. Per lui invece, racconta, è stato il bravo che gli ha detto sua mamma. “Bravo perché in questa tragedia è morta una bambina di 5 anni e hai fatto bene a dire a tutti per colpa di chi sia morta”. Dopo questa frase si è messa piangere pensando a sua figlia, la sorella di Simone, morta a 6 anni per un’operazione sbagliata. “Senza mai nessun giornalista che abbia mai raccontato come morì”. Ecco, prima di tutto, a cosa serve questo mestiere. Ecco, prima di tutto, a cosa serve raccontare queste cose: a farci domandare a noi cosa avremmo fatto al posto loro e a farci trovare la risposta. La risposta giusta.