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La sveglia di mercoledì 12 suona alle 5 di mattina, muoversi in auto da Venezia è sempre un po’ più complicato rispetto al treno. Iacopo Trezzi, l’operatore video, abita a 45 minuti di strada e devo passarlo a prendere: l’ho contattato verso le 23 della sera prima, quando ho scoperto che saremmo dovuti andare a Massa Carrara a intervistare Nicola Franzoni, un convinto no vax già denunciato per apologia di fascismo e, più di recente, per vilipendio ai danni di David Sassoli. Franzoni in video è estremamente violento, per lui il covid è una farsa e si augura la morte di Mario Draghi. Non vedevo Iacopo da almeno un paio d’anni ma non è cambiato: mangia poco (mai dopo le 8 o prima delle 16), dorme pochissimo e misura quasi un metro e novanta di altezza per novanta chili di peso, il tutto perfettamente orchestrato da un taglio di capelli da sergente dell’esercito. In sintesi, oltre ad essere bravo con le riprese Iacopo è una presenza rassicurante. In autostrada parliamo al telefono con Moreno Pisto, ci spiega il servizio che ha in mente. Servizio che, nel caso in cui riuscissimo a trovare Franzoni, andrebbe in onda su La7 per Non è L’Arena di Massimo Giletti.
Di Nicola Franzoni sappiamo poco, Moreno consiglia di andarlo a prendere al Bar Giardino di Carrara, di cui è proprietario. Quando entriamo però, una signora che sta passando lo straccio spiega che lì non c’è nessun Franzoni. È decisamente infastidita. I proprietari chiariscono con la stessa abitudine di chi legge le favole alla sera che quello è il Bar Giardino di Carrara e che il locale di Franzoni, invece, è il Caffè Giardino a Marina di Carrara, sul litorale a pochi chilometri di distanza. Da tre anni però, aggiungono, ci sono clienti che chiamano loro per incontrare lui, hanno ricevuto una visita della Polizia e, ci tengono a farlo presente, anche una raccomandata a suo nome rispedita al mittente, tutti motivi per cui stanno pensando di cambiare il nome del bar. Ce ne andiamo con la sensazione che sarà una lunga giornata.
Il Caffè Giardino, a dirla tutta, non è particolarmente nascosto: sul tetto campeggia un cartellone con scritto “AREA NOVAX” e l’ingresso è custodito da due gigantesche statue del Buddha in plastica rossa, che restituiscono un effetto vistoso e pittoresco anche dall’altro lato della strada. Ad uno sguardo di insieme ricorda uno dei tanti locali sulla Romea, un posto in cui la gente si ferma per necessità e non necessariamente per scelta: i muri scrostati testimoni degli anni Novanta si mescolano con un recinto in legno verniciato di fresco, le insegne sono nuove e pulite ma gli infissi sembrano vecchi. È, insomma, molto disordinato. Ho un po’ di tensione addosso, tuttavia le prove generali che abbiamo fatto nell’altro locale mi aiutano a partire con la giusta convinzione. Decidiamo di entrare con il microfono in mano e la telecamera accesa per una questione di incolumità, stesso motivo per cui mi annuncio immediatamente come “giornalista di La7”. Il che, in parte, è anche vero. Clienti e gestori del bar sono in bilico tra il fastidio di averci lì e il sottile piacere di spiegarci come va il mondo. Il problema, dopo la sveglia notturna e le quattro ore in auto, è che Franzoni non c’è e nessuno vuole dirci dove trovarlo. Nel frattempo, mi dico, bisogna parlare con loro, capire chi può essere il cliente tipo del suo locale. Comincio a discutere con un ragazzo che, infastidito dalle telecamere, perde il controllo e mi tira una manata sul microfono lanciandolo a una manciata di metri. Penso a Iacopo e alla sua attenzione maniacale per l'attrezzatura: starà piangendo dentro. Fortunatamente però a lui tirano dell’acqua addosso, così più che concentrarsi sul Sennheiser demolito dalla ghiaia deve preoccuparsi della Sony che tiene in mano.
Nel frattempo il ragazzo nervoso se ne va correndo, gli altri cominciano a filmare a loro volta e a chiederci il green pass. Raccolgo i pezzi del microfono e ce ne andiamo. Nella merda per giunta, perché ormai Franzoni sa che lo stiamo cercando e difficilmente si farà vedere se non di proposito. Che è quello che, per via della sua enorme voglia di esporre delle idee, decide di fare un paio d’ore più tardi, tempo che abbiamo (disperatamente) passato a giocare agli investigatori da serie tv in giro per Massa Carrara. Cosa che comunque, contro ogni nostra aspettativa - fatta esclusione per Moreno Pisto che dirigeva i lavori da Pitti Uomo - ci porta davanti alla porta di casa sua. Lui però, in casa non c’è.
Nicola Franzoni ha un canale Telegram in cui posta quotidianamente i suoi video ed è lì che vediamo pubblicato il suo ultimo sfogo titolato: “I CLIENTI CACCIANO I GIORNALISTI DELLA 7”, in cui getta nel tritacarne tutta la categoria assieme ai nomi più noti della politica italiana. Lo fa dal suo bar e noi cominciamo a correre alla disperata, saliamo in macchina col fiato corto e ci precipitiamo da lui. Che non solo è presente e più basso del previsto, è anche estremamente gentile e felice di rilasciare un’intervista. Ci offre un caffè - che rifiutiamo - e cominciamo a parlare. Con gli occhiali blu sfumati che non toglierà mai per tutto l'incontro ricorda Walter de Il Grande Lebowski, o meglio il Napalm 51 di Maurizio Crozza. Alterna momenti di apparente capacità oratoria a evidenti sprazzi di confusione. È, almeno verbalmente, molto violento.
Quando gli chiedo conto delle parole gravissime su David Sassoli risponde così: “Rilancio, mi auguro che per colpa di questi vaccini non sia morto solo Davide Sassoli (sic) ma il Presidente Draghi. Se morisse Draghi libererebbe l’Italia. Deve morire di vaccino, ma tanto loro fanno tutti il placebo”. Poi parla dei farmaci che crede adatti ad affrontare la malattia, senza però spiegare la provenienza dell'informazione: “Qua a Carrara ho curato tutti. Ci sono dei dottori che lavorano per noi che fanno le ricette. Il covid non esiste, è un’invenzione. Stanno facendo finti ricoveri, fanno il picco dei contagi, la Blackrock vende centinaia di miliardi di mascherine. Ogni tampone frutta 15.000 euro al giorno alle farmacie. È un business in mano ad aschenaziti e cazari".
Quando finiamo di parlare sono le tre di pomeriggio, lascio guidare Iacopo e comincio a selezionare il materiale. Scopriremo più avanti che il computer non ha batteria a sufficienza e l’hotspot del telefono è troppo lento per mandare tutto in tempi utili alla redazione di La7, che non può editare il servizio come andrebbe fatto e si trova costretta a selezionare degli spezzoni. Moreno però è contento: “La cosa fondamentale adesso è che fai un pezzo. Tutto in prima persona, a cascata: spiega cosa è successo oggi”.