Paolo Sceusa si presenta al mondo con un video piuttosto semplice. Parla alla telecamera scegliendo le parole con attenzione e scandendo con il giusto ritmo. Indossa un gilet fluorescente, lo sfondo del green screen è un’alba tra le montagne, la musica è un canto di chiesa. In alto a destra, in un font da primi Duemila, la scritta “Avv. Prof. Paolo Sceusa - Pres Sez. em. S.C. Cass.”. Giurista da quarant’anni in pensione, Sceusa annuncia la sua “Marcia delle Libertà” da Venezia a Roma per contestare il sistema del green pass. Lo fa in un gruppo Telegram che attualmente contra circa 15.000 iscritti, invitando alla partecipazione con grande pacatezza. In fila per due, si raccomanda, senza intralciare nessuno. La partenza è fissata il 6 gennaio alle ore 7:30 dalla stazione ferroviaria di Venezia. Poi Piazzale Roma, il Ponte della Libertà e, infine, la capitale. Annuncia che camminerà senza fretta dormendo dove è possibile farlo senza il green pass, con la prospettiva di accettare le (molte) offerte di alloggio soltanto nel caso in cui non dovesse trovare un posto per dormire.
Dopo le proteste dei ristoratori di Io Apro, dei trasportatori su gomma e dei portuali di Trieste era difficile avere delle aspettative: la voce online, se ancora ci fosse bisogno di ricordarlo, è sempre diversa da quello che effettivamente arriva nelle piazze.
Sono da poco passate le sette e dal Ponte degli Scalzi, a Venezia, si intravede un gruppetto di persone radunate alla stazione. Saranno una ventina, forse meno. Mi fermo al bar per il primo caffè della giornata, per berlo al bancone mostro il green pass fresco di terza dose. Mi si affiancano due signore sulla cinquantina, ordinano anche loro il caffè, ma quando la barista chiede loro la certificazione rispondono che prenderanno il caffè d’asporto. Una però ci ripensa: "Io non lo voglio d’asporto, voglio la mia tazzina. Ho il green pass ma non ve lo mostro, è un mio diritto”. Al bar le spiegano che purtroppo non possono fare altro che chiederlo. La signora se ne va stizzita, così chiedo all’altra se è qui per seguire Paolo Sceusa. Risponde che non parla con i giornalisti perché non si fida e se ne va, dopo aver bevuto il caffè nel cartoncino d’asporto ma comunque al bancone. A quel punto parla la barista: “Hai visto com’erano contente? Oggi è la loro festa”.
Fuori dal bar la gente radunata è molta di più, le persone adesso saranno almeno una cinquantina. Dopo qualche minuto riesco a individuare Sceusa impegnato a parlare con un gran numero di persone. Mi metto in coda alla processione dietro ad una coppia di anziani, gli consegnano una poesia scritta a mano su carta pergamena. Lui la guarda compiaciuto, dice che la leggerà più tardi. Nei suoi confronti c’è una deferenza da dopoguerra: Paolo Sceusa in mezzo a quel capannello di persone è quello istruito, il professore, il magistrato. La stragrande maggioranza dei presenti sono oltre i quaranta, pochi giovani, qualche agitatore. Sceusa ha un grosso zaino da trekking, lo stesso gilet arancione con cui appariva in video e un cappello giallo evidenziatore. Ha scarpe da ginnastica per camminare, ma tutto sommato ha un abbigliamento meno tecnico di molti altri. Quella che scopro essere sua moglie porta sulle spalle un vecchio zaino in tema Harry Potter e la Pietra Filosofale.
Propongo un’intervista, lui risponde che non è il momento e comincia a mettersi in marcia senza grossi proclami. Dopo cinquanta metri si rivolge a quella che ormai è diventata una folla di persone, esortando tutti a mettersi in fila per due, per poi intonare “Con Te Partirò” di Andrea Bocelli. La gente è in festa, c’è chi fa dirette video e chi scatta foto. Nessuno indossa la mascherina.
Arrivati sul Ponte della Libertà, che collega Venezia alla terraferma, ci troviamo davanti quasi quattro chilometri a dividerci da persone, strade e negozi. Lui indica una bottiglia raccomandando attenzione e la gente si precipita a spostarla. Ormai la conta dei marciatori avrà superato abbondantemente il centinaio. C’è un uomo che organizza manifestazioni contro il green pass che vuole il suo supporto, Sceusa gli risponde che non parla perché il fiato gli serve a camminare. Ad un giornalista della radio risponde che non ha intenzione di intervenire in diretta. Quando mi ripresento all’attacco chiede perché indosso la mascherina, così decido di toglierla per intervistarlo. Da dietro si solleva un boato, applausi della gente. Paolo Sceusa è senz’altro un leader carismatico. “Parliamo, ma solo cinque minuti. Perché è quello il tempo che mi serve a capire dove lei vuole andare a parare”. Paolo Sceusa è un gran paraculo. E parla per circa mezz'ora.
Nel video: Paolo Sceusa spiega cos'è la Marcia delle Libertà e perché ha deciso di partire
Cos’è la marcia delle libertà?
“Avevo l’idea di camminare da solo, ma l’ho voluto dire. Oggi è l’Epifania, che significa esternare. Io esterno una protesta, la mia contrarietà a tutti i mezzi di discriminazione. Oggi il peggiore, il più pesante, è il green pass. Io non sono favorevole o sfavorevole ai vaccini, quella è una scelta personale. Sono però contrario alla discriminazione di chi non vuole vaccinarsi. È una minoranza, ma in una democrazia costituzionale avanzatissima - almeno sulla carta - le minoranze vanno protette, non schiacciate”.
Lei ha un grande successo tra i ‘No green pass’ anche grazie alla sua preparazione, chi interagisce con lei si sforza di utilizzare un linguaggio più ricercato.
“Io ho bandito tutto il frasario di origine bellica, militare. Invece viene molto adoperato anche dalla parte di chi, come me, lamenta l’aggressione subita. Ma se lamenti l’aggressione non puoi a tua volta rispondere con un’altra aggressione uguale e contraria, è il seme della mala pianta”.
Cosa stanno sbagliando le istituzioni secondo lei?
“Nel voler dividere, nel voler separare e inimicare una persona contro l’altra: marito contro moglie, figli contro genitori, fratello contro sorella”.
Come andrà a finire?
“Finirà. Deve finire, è una questione di tempo. A furia di vessare, tormentare, separare, vietare, impedire… È certo che il tessuto sociale prima o dopo reagirà con intolleranza, tutte queste restrizioni di antichi diritti umani prima o poi diverranno inaccettabili. Nessuna corda può resistere a qualunque tipo di trazione, ad un certo punto si spezza”
Se a Roma dovesse incontrare Mario Draghi cosa gli direbbe?
“Caro Mario, considera che sei un essere umano e, rispetto alle paure di ammalarsi, morire e contagiare - come dice lui - comincia ad affrontare le cose con la serenità di ogni essere vivente. Purtroppo siamo tutti davanti all’unica prospettiva certa della morte. Ma la morte va vissuta attraverso la vita, non con una vita in prevenzione della morte. Ragionare così è stupido, con questo non voglio dire che Mario Draghi lo sia. Ma, come diceva quello, stupido è chi lo stupido fa”.
Lei non ha paura del covid?
“Io il covid l’ho avuto, sono guarito in pochi giorni.Come la stragrande maggioranza delle persone che l’hanno avuta e che conosco io, di tutte le età”.
Molta gente però è morta, ad oggi si stimano circa 140 mila persone in Italia.
“E nel mondo, purtroppo, sono morte circa sei milioni di persone in due anni. Poi dipende da come si conta, bisognerebbe distinguere i morti di covid dai morti con il covid, ma a me non interessa. Stiamo larghi, diciamo sei milioni. Ogni anno ci sono 53 milioni di persone che muoiono di diabete. Io però non vedo nessuno che si scaglia contro un regime alimentare troppo ricco di carboidrati, di zuccheri…”
Cosa direbbe a un giovane precario contro il green pass, che non vuole vaccinarsi e che la necessità di lavorare?
“È una scelta individuale che deve essere governata come tale. Esattamente come nel caso della marcia, si può arrivare più lontano con un passo più veloce e c’è chi invece si deve fermare anche se non è colpa sua. Dipende dalla condizione di ognuno. Dal punto di vista economico, la resistenza al ricatto del green pass dipende dalla situazione personale di ciascuno. Proprio in questo sta il ricatto, nel far leva su chi ha meno possibilità di resistere economicamente. Un atteggiamento che vedo come una morsa stritolante. Non è vita”.
Nel video (parte 2): Cosa sbagliano i no vax, l'errore delle istituzioni e cosa succederà in futuro
Lei non conosce qualcuno che è stato molto male, o che ha perso la vita a causa del virus?
“No, ma non è che per questo non credo che sia successo. Constato solo che nel mio piccolo mondo fatto di cento persone - sarò fortunato - nessuno ha avuto la sfortuna di ammalarsi o di morire. Ne conosco diversi invece che hanno avuto conseguenze pesanti in prossimità della prima, della seconda o della terza dose. Persone che sono finite in ospedale, in rianimazione. Tutta la mia famiglia è rimasta contagiata da una persona che ha dovuto farsi il vaccino in quanto sanitaria e che ha contagiato tutti e quattro. Ma noi la ringraziamo, perché la scienza dice che i guariti sono gli unici veramente immuni. Poi non sono un medico e non lo so”.
Da uomo preparato quale è, che soluzione proporrebbe?
“Camminare”.
La sua soluzione al green pass?
“Anche. Perché tutto fa brodo. Il potere di legiferare lo hanno tutti i cittadini, lo dico pensando al referendum. C’è il potere legislativo dell’abrogazione delle leggi che normalmente spetta al Parlamento. Io avevo proposto un referendum che è stato affossato da chi ha fatto in modo di non raggiungere le firme necessarie. Ho calcato tutte le possibili strade e continuo a farlo, ma constato con delusione che quelle strade non portano a nulla. Così ho deciso di seguire il cuore, non il cervello. E da cittadino faccio quello che può fare ognuno di noi: cammino”.
Lei vota?
“Si, come tutti”.
C’è gente che pende dalle sue labbra, si aspettava di fare il messia da pensionato?
“Su questo non mi soffermo mai, non è una dimensione che mi interessa. In questo caso io sto marciando ed è una cosa individuale. Anche chi fa un ricorso fa una cosa individuale, poi esistono i ricorsi collettivi: meglio non farli perché perdendone uno si mettono nei guai diecimila persone con una sentenza sola. Se la cosa che non accetto è una multa faccio ricorso, ma se è una che riguarda tutti in maniera brutalmente oppressiva allora cammino. Che devo fare?”.
Lei crede in Dio?
“È quasi come la domanda sul voto. Io ho sempre avuto una forte spiritualità, anche se non sono praticante di nessun tipo di religione, certo è che sono nato in Italia che è un paese prevalentemente cattolico. Ma la maggioranza, di nuovo, deve rispettare la minoranza e proteggerla, non opprimerla. Alcuni concetti hanno molto a che fare con il cattolicesimo, ma non credo che sia importante l’appartenenza dichiarata. Perché tanto più è dichiarata quanto più diventa - di solito - una manifestazione di tipo esteriore”.
Ha degli idoli? C’è chi accosta la sua iniziativa alla marcia su Roma di Benito Mussolini, un secolo quest’anno. Qualcun altro invece ci rivede Forrest Gump, che ha citato prima parlando di Mario Draghi.
“Più che alla storia di Forrest Gump, che pure mi diverte, mi sento vicino al gesto di Gandhi. Sono lontanissimo dall’identificarmi con la marcia su Roma, ho capito che è il centenario e che c’è tanta gente affezionata a quel periodo, ma a me non interessano distinzioni politiche o di colore. Bisogna cercare unione, non divisione. A dividerci ci pensano gli altri. Gandhi fece la marcia del sale e insieme a lui la fecero milioni di indiani, era una protesta contro l’ennesima soverchieria vestita da legge, perché gli inglesi colonizzatori - potenza dominante in India - facevano le leggi. Questo è un monito, ci sono delle leggi che assomigliando a quella corda che, se si tira troppo, finisce per spezzarsi. Si comincia sempre con qualche individuo a cui la corda si spezza prima ma dando un esempio, forse, anche gli altri possono rendersi conto e mettersi in movimento. Più che Forrest Gump mi viene in mente Gandhi”.
Nel video (parte 3) - Un messaggio a Mario Draghi, la paura e i morti di (e con) covid e l'ispirazione: né Forrest Gump né tantomeno Benito Mussolini, Mahatma Gandhi.
Il punto è che Paolo Sceusa ha capito - senza comunicarlo ai suoi - che il problema principale dei no green pass è la credibilità. C’è chi li identifica come complottisti vittime della disinformazione, in genere vengono additati come terrapiattisti vittime di false notizie diffuse dai social. Sceusa invece punta tutto sul legittimo dubbio, sul diritto delle persone alla libertà, forte di una competenza che di certo non gli manca. Parla con cognizione di causa e non sbaglia quasi mai, anche se spesso elude le domande per non entrare in terreni scivolosi. La sensazione è che l’ex magistrato stia portando avanti questa sua marcia per diversi motivi: c’è l’etica del giurista ferita dal senso di ingiustizia e la fermezza di chi ha passato una vita dalla parte della ragione, ma c'è, probabilmente, anche un velo di egocentrismo. D’altronde, solo un anno fa Sceusa apriva “Pillole Legali per Cinofili”, un canale YouTube in cui, per l’appunto, dava consigli di stampo giuridico agli appassionati di cani. La gente si sente più forte a stargli vicino, ad avere un leader a cui ispirarsi. Lui si fa carico di guidare una protesta rendendola meno violenta e quindi più rumorosa, meno estremista e dunque più condivisibile. Fa, insomma, quello che ogni dissidente dovrebbe fare.