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Limiti per sole moto e fonometri, a quando cecchini e tiratori scelti?

Emanuele Pieroni

30 luglio 2020

Quando le istituzioni fanno proprio lo stereotipo dei motociclisti diavoli e tutti gli altri santi, istituendo il limite di velocità per i soli biker e il fonometro per le sole moto rumorose, le cose sono due: o si è a un passo dalla deriva sociale (stradale) oppure c'è malizia

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

Prima il limite di velocità per i soli motociclisti su alcuni passi dolomitici della provincia di Trento, ora anche la notizia che sulle arterie principalmente frequentate dai centauri saranno effettuati controlli con il fonometro. Per carità, le regole sono regole e vanno rispettate sempre, ma l’impressione che ci sia una certa caccia alle streghe (con le streghe che cavalcano motociclette invece di scope e che sono vestite di abbigliamento tecnico o casco invece che di stracci) comincia a farsi largo. Anche perché in una nota diffusa ieri dalla Polizia Locale delle Giudicarie si legge testualmente: “Viste le numerose segnalazioni, per assicurare la serenità di residenti ed ospiti, i controlli della circolazione, coordinati sul territorio dalla Questura di Trento, con particolare riferimento ai motocicli, sono mirati anche alla repressione dei rumori molesti. L'obiettivo è in particolare quello di identificare i veicoli che hanno subito modifiche illegali". Si vuole tutelare la quiete evitando i rumori molesti, oppure si vogliono scovare (e multare) le moto truccate o con scarichi non omologati? Sembra esserci un po’ di confusione, almeno tra la premessa e la conclusione. E quel “con particolare riferimento ai motocicli” non è proprio bello da leggere. Perché chi si comporta male in strada non fa distinzione tra manubrio o volante e proprio non si capisce perché questa distinzione debba essere specificata da chi è chiamato a far rispettare le regole: le stesse, per tutti.

Il paragone è esagerato e azzardato e va a scomodare una delle pagine più tristi, se non la più triste, della storia dell’umanità, ma passaggi come “limiti per i soli motocicli” o “con particolare riferimento ai motocicli” evocano un po’ (con le dovute e doverose proporzioni) quel “gli ebrei non possono entrare” di tragica e orribile memoria. La razza da punire per strada, e anche severamente, è quella delle testediminchia e non certo quella con due, quattro o sei ruote in quanto categoria umana. Altrimenti la deriva si fa pericolosa. E qualcuno potrebbe pure offendersi, al punto di avviare campagne per boicottare certi luoghi, come già sta accadendo. Non perché, come faciloneria suggerirebbe, vogliono fare come gli pare e senza regole, ma perché le regole che riguardano una sola categoria sono, di fatto, anche discriminazioni. Perché se è vero che molti motociclisti esagerano e che la stessa famiglia dei motociclisti dovrebbe fare di più per isolare certi comportamenti, è altrettanto vero che in strada se ne vedono di tutti i colori: da chi guida sobrio, ma come un ubriaco, a chi guida ubriaco da ubriaco, passando per quelli che corrono troppo, tagliano curve, fanno traversi sui tornanti; o per camperisti che procedono a passo d’uomo scattando foto dai finestrini o dagli oblò, soprattutto proprio sui passi di montagna, o ancora ciclisti che pedalano in gruppo affiancati come se la strada fosse una ciclabile ad uso esclusivo. Per finire con quelli, tanti, tantissimi – troppi – che hanno eternamente lo smartphone in mano e che chattano come se non ci fosse un domani (basta guardare dentro le auto per vedere che almeno il 50% dei guidatori armeggia col telefonini o tablet), telefonando, mandando vocali o (sì, succede pure questo) guardando video. Senza toccare, poi, il tasto delle barriere inesistenti oppure obsolete che spesso più che proteggere ammazzano…a proposito di motociclette e motociclettari. Senza voler assolutamente difendere chi scambia la strada per la pista, chi mette a repentaglio la vita degli altri (con la propria è giusto che si faccia come si vuole) e chi considera il DB-Killer qualcosa da togliere appena comprato lo scarico come si fa con i cartellini degli abiti, una domanda viene da farla.

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Non sarà che i motociclisti sono semplicemente i più facili da multare? Il dubbio c’è. Altrimenti non si spiega come la “repressione ad motociclistam” non sia preceduta da adeguata e ostinata prevenzione. Prevenzione contro i comportamenti sbagliati, di tutti, non solo di quelli che guidano un mezzo piuttosto che un altro. E prevenzione significa anche, magari, regole più rigide, chiare da subito, ma comunque per tutti. Relativamente al rumore, ad esempio, uno spunto significativo per le nostre autorità arriva dalla Germania: una ventina di comuni dalle parti di Stoccarda hanno avviato una campagna contro il disturbo della quiete causato dal traffico e dagli scarichi dei mezzi (tutti) che prevede l’installazione di pannelli elettronici in grado di rivelare i decibel. Avvicinandosi, il pannello rileva il rumore e se è nei limiti compare la scritta Danke (grazie), se, invece, supera i limiti, compare la scritta Laiser (abbassare). La multa la prendi dopo, e giustamente, se hai fatto orecchie da mercante. Chiunque ha una coscienza, vedendo lampeggiare quella scritta rossa, il gas lo chiude o evita di far urlare l’auto o la moto che sta conducendo. Certo, le testediminchia continuano e continueranno ad ignorare il messaggio, non in quanto motociclisti, automobilisti, motozzappatori, ecc.., ma in quanto, appunto, testediminchia. E magari saranno sempre di meno. Contestualmente, la Germania sta, sempre in merito al rumore, lavorando a proposte per invitare i costruttori a produrre mezzi meno acusticamente inquinanti. Con la repressione che è, quindi, solo l’ultimo step di un più virtuoso percorso che è fatto, nell’ordine, da prevenzione, poi controllo, poi repressione. Reprimere solo alcuni sulla base del mezzo che guidano non è civiltà. E è pure pericoloso, perché fa sentire perseguitati invece che sensibilizzati.

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