La mia militanza e il mio approccio positivo al sesso e tutto quello che a esso è correlato, comprese le narrazioni che ne facciamo, non sono mai stati esclusivamente teorici, per questo fra i miei desideri c’era quello di girare un film porno, ma pensavo che questo desiderio sarebbe rimasto tale, perché una cosa è occuparsi di pornografia, un’altra è farla.
Qualche settimana fa, degli amici che invece il porno lo fanno di mestiere hanno pubblicato l’annuncio di un casting, così li ho contattati per chiedere alcune informazioni e abbiamo organizzato un appuntamento.
Ero presa bene, curiosa di come sarebbe andata e l’ho presa alla leggera, senza farmi paranoie
Ero presa bene, curiosa di come sarebbe andata e l’ho presa alla leggera, senza farmi paranoie.
La mia amica, co-regista e performer, mi aveva detto che le sarebbe piaciuto girare solo io e lei, ma che se avessi preferito portare qualcuno non ci sarebbe stato alcun problema.
Non posso negare di preferire gli uomini, ma non sono una tipa straight: quando serve, so adattarmi con disinvoltura. Peraltro non sono neppure fissata con la stimolazione genitale o con la penetrazione, quindi l’idea di avere un rapporto sessuale non strettamente incentrato su questo tipo di pratica mi andava più che bene. Insomma, l’ipotesi di girare soltanto con una donna non mi disturbava affatto.
Una volta là mi è stato detto che la selezione era stata fatta nel momento stesso in cui avevo avanzato la mia candidatura e che, quel giorno, in realtà avremmo girato: nessuna trama, solo ricerca di esperienze. Un film incentrato sulle percezioni, i desideri e le aspettative dei suoi protagonisti.
L’idea mi piaceva e ho deciso di starci.
Non ho avuto alcuna difficoltà a mettermi a nudo, sia a livello letterale che metaforico. Avevo ragionato sulla possibilità di tenere il viso coperto, ma poi l’ho scartata perché mi sembrava di venire meno ai discorsi che faccio sulla validità della pornografia e sull’autodeterminazione.
Non sapevo cosa aspettarmi, ma sapevo di volermi divertire ed ero entusiasta e contenta di fare questa esperienza.
Chiariamo subito: girare un film non è semplice e scopare davanti alla videocamera non è una passeggiata. Quello al quale ho partecipato è un progetto semi-amatoriale, nel senso che non ha alcuna produzione e distribuzione alle spalle (ossia chi caccia i soldi per finanziare la realizzazione e la diffusione) ma gli ideatori e registi sono nel campo da 20 anni e hanno una lunga esperienza a vario titolo, con la partecipazione a festival di genere come il “PornFilmFestival Berlin” di Berlino – il più rinomato in Europa, “La fête du slip” di Losanna, il “Fish and Chips” di Torino, l’“Hacker Porn Film Festival” di Roma.
Trattativa
Come qualunque lavoro, è prevista una contrattazione, in questo caso di pratiche da adottare sul set. Prima di cominciare le riprese abbiamo chiacchierato un po’ e ci siamo dette (ho girato le mie scene assieme alla co-regista) cosa ci sarebbe piaciuto fare e ricevere e cosa invece non volevamo fare. Questo passaggio è fondamentale, perché serve a mettere a proprio agio le persone coinvolte e limitare al massimo gli imprevisti che potrebbero trasformarsi in spiacevoli esperienze. Serve a stabilire una comunicazione chiara, a delineare i limiti propri e quelli altrui, a creare un rapporto di fiducia. La trattativa è alla base di un prodotto etico, fondato sul consenso e sul piacere. Inoltre entrambe eravamo (e siamo) dell’opinione che innanzitutto dovessimo stare bene, godere sinceramente di quello che stavamo facendo, perché senza gioia non avrebbe avuto senso tutto ciò.
Differenza tra i porno
Chiariamo subito: girare un film non è semplice e scopare davanti alla videocamera non è una passeggiata
Ci sono gli allevamenti intensivi in spazi ristretti e poi ci sono le bestie che pascolano liberamente: il porno funziona allo stesso modo. Chi lavora professionalmente a certi livelli ha ritmi più serrati e scene con meno margine di manovra, si è (più) soggetti al volere della produzione, mentre nel porno indipendente di solito il lavoro è corale, chi performa ha più voce in capitolo pur stando allo script. Nel porno indipendente puoi dire chiaramente che vuoi godere, mentre nel porno professionale mainstream l’importante è che tu faccia la scena come richiesta, no matter what. Se non godi è secondario, l’importante è che sembri che tu stia godendo. Questo non significa che nel porno tradizionale le persone non provino piacere, anzi, ma le condizioni di lavoro sono più faticose e intense. Si lavora più sulla quantità e la tipologia di scena che non sulla peculiarità della situazione e sull’interazione fra le persone.
Il set
Abbiamo girato a luglio, in una stanza senza aria condizionata nella quale faceva un caldo infernale e non abbiamo potuto tenere il ventilatore acceso perché il rumore avrebbe interferito con la registrazione dell’audio. Nude, su un letto singolo davanti alla macchina da presa, ci siamo dovute posizionare in favore dell’obbiettivo e della luce di scena, stando attente a muoverci in maniera tale da non impallarci a vicenda e non creare delle ombre sui genitali, che sono complicati da riprendere per questioni di luminosità. All’inizio abbiamo giocato a parodiare il porno americano, esasperando le reazioni per rompere il ghiaccio e fare quattro risate ma, man mano che interagivamo fisicamente l’una con l’altra, l’eccitazione e il godimento hanno cominciato a salire e pervaderci. La stanza si è riempita di ansimi, gemiti e tensione erotica, i nostri corpi di sudore e lubrificante. La cosa che mi faceva eccitare di più era pensare all’eccitazione di chi avrebbe visto il film: una specie di meta-arrapamento!
Godere e venire
Supponevo che avrei sentito una certa tensione legata al fatto di dimostrare che stavo godendo davvero, eppure non volevo fingere e volevo davvero spassarmela, desideravo essere autentica, cercando di restituire qualcosa di interessante a chi avrebbe visto il film. All’inizio ero molto concentrata sul lasciarmi andare, sullo stare in ascolto del mio corpo, delle mie sensazioni. Era bello essere a gambe aperte con l’obiettivo puntato su di me e delle persone che mi guardavano attente e in silenzio, ma mi sentivo inerme e un po’ sotto pressione; anche se nessuno mi aveva chiesto di fare o dire cose che non volevo, ero io stessa a pensare che mi sarei dovuta comportare in una certa maniera, perché forse il modo in cui godevo non era particolarmente intrigante.
Mentre cercavo di liberarmi di questi pensieri e concentrarmi, le mani della partner si sono fatte strada dentro di me e ho iniziato a chiedere come volevo essere toccata, con quali movimenti, intensità e velocità e nel frattempo mi masturbavo con un vibratore che amplificava le sensazioni. Ho iniziato a reagire come nell’intimità, a lasciarmi andare, a godere davvero, come se stessero crollando i muri e la paura si stesse dissolvendo.
Siamo andate avanti per un po’, cambiando leggermente posizione e sex toy, giocando col dirty talking e mi è piaciuto molto, ma non sono venuta.
Mentre lo dico, immagino l’effetto sonoro di certe sit-com quando a uno dei personaggi succede qualcosa di spiacevole e il pubblico esclama un sonoro “oooh!” compassionevole. Il punto è che per me non era davvero importante raggiungere l’orgasmo, ma essere eccitante mentre mi arrapavo, perché il mio scopo era essere guardata.
Cosa ho imparato?
Fare porno non è per tutti e chi si illude che sia così è ingenuo
Fare porno non è per tutti e chi si illude che sia così è ingenuo. Non credo di esserci portata, pur essendo abbastanza disinibita nel privato, non ritengo di essere brava sulla scena, perché è necessario posare ed è richiesto implicitamente uno sguardo autocompiaciuto e compiacente verso chi guarda, elementi che nel mio caso diventano, sì, una fonte di godimento, ma principalmente mentale e intellettuale con l’effetto di depotenziare altre sensazioni, più carnali.
Mi piacerebbe riprovarci, magari con un uomo o più persone in un contesto in cui so di non essere il fulcro della scena per poter allentare la tensione emotiva e mentale, ma credo che continuerò a preferire il sesso lontano dall’obiettivo.