Se vinco esulto come Valentino Rossi e dovrebbero farlo tutti gli sportivi! È l’estrema sintesi delle dichiarazioni di Vincenzo Nibali, il ciclista italiano più amato e vincente dell’ultimo decennio, che in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport sulla ripresa dell’attività dopo lo stop dovuto al Covi19, ha parlato del Dottore. Ma cosa ha fatto Valentino per stimolare, addirittura, la voglia di emulazione di un ciclista? Non c’entra il podio di Jerez da un punto di vista strettamente sportivo, non c’entra nemmeno l’eterna carriera del campione di Tavullia, c’entra, invece, la capacità di mantenere un contatto emotivo fortissimo con i tifosi e gli appassionati anche quando tifosi e appassionati sono costretti a stare lontano. Nello specifico, quindi, lo Squalo dello Stretto (così è soprannominato Nibali tra gli appassionati) ha fatto riferimento all’esultanza di Valentino Rossi dopo il podio ottenuto domenica scorsa al Gran Premio di Andalusia, sul circuito di Jerez.
“Sarà strano – ha affermato il ciclista siciliano sulle pagine della Gazza – Ho visto il motomondiale a Jerez, domenica. E mi ha fatto sorridere il gesto di Valentino Rossi dopo il suo terzo posto. È andato sotto le tribune, esultando, ma sugli spalti non c’era nessuno. Anche io, anzi tutti noi, potremmo fare cose del genere. Certo che, riflettendoci, sembra assurdo”. Un richiamo, quello a Valentino Rossi, inserito in un contesto in cui si analizzavano i cambiamenti nello sport dopo il Covid19, con Nibali che ha parlato anche della difficoltà a gestire i rapporti con i tifosi: “È brutto e imbarazzante dover negare un selfie o un abbraccio a un supporter, soprattutto quando sono bambini”. La necessità, quindi, di mantenere caldo l’ambiente nonostante le necessarie distanze e la consapevolezza che il vero core del gradimento di uno sport o di una disciplina sportiva sta proprio nel legame tra atleti e appassionati, piuttosto che nella mera performance. E in questo, come ha sottolineato Nibali, Valentino Rossi è maestro assoluto.
Lo ha dimostrato in ogni occasione, ogni volta che è salito sul podio, ogni anno per 25 anni di fila, un tempo con le indimenticabili gag (video sotto) organizzate insieme al suo fan club e poi, con il passare del tempo, con esultanze più mature, meno vistose, ma comunque emotivamente sempre coinvolgenti. E lo ha fatto anche domenica, passando sotto una bandiera a scacchi che ha avuto il sapore di una liberazione dopo tanto tempo fuori dalle posizioni che contano (sì, lo sappiamo, se gli altri non avessero avuto guasti sul podio non ci sarebbe salito e bla bla bla, ma non è questo il punto di cui si parla) e andando a condividere quella gioia, cercando quasi un contatto visivo se non fisico, con quello che lui chiama “il popolo giallo”. Un popolo che non c’era, tenuto a casa dalle normative e dalla necessità di contenere il contagio da Covid19, ma che è sempre indirizzo della sua prima dedica. E che - non “i rossisti” ma i tifosi i genere e gli appassionati – dovrebbe essere indirizzo del primo pensiero di tutti gli sportivi di qualsiasi disciplina, come ha detto Vincenzo Nibali.