Dalle grandi finestre che si affacciano su Parco Sempione, vedo Matteo Cambi arrivare con passo affrettato. E' un po' in ritardo e si scusa subito: "Sai l'A1 di questi tempi è un terno al lotto, un traffico che non ti dico". Il fondatore di Guru infatti vive a Parma - ma è nato a Carpi, in provincia di Modena - e oggi gira parecchio e incontra molte persone per presentare e raccontare il suo ritorno al brand: una collezione special edition, la MC99 (Matteo Cambi, il 99 è l'anno di fondazione del brand) che esalta l'estetica del marchio, tutto anni Duemila, con la margherita che torna quella di una volta e anche il lettering del brand. Perché Guru, oggi, è una società diversa. Dopo il fallimento, nel 2018 l'imprenditore Gianluca Sessarego è entrato gradualmente nel marchio fino ad acquistarlo nel 2021. Oggi il brand ha modificato parte della sua estetica e apportato alcune novità sia al lettering - il font delle lettere è è ora staccato, mentre prima era tutto unito - sia alla margherita - un layout leggermente diverso.
Quindi Guru non è sparito, e nemmeno Matteo Cambi. Sul suo personaggio si è detto molto. Anche troppo, secondo lui. Il fallimento del brand nel 2007, la condanna per bancarotta fraudolenta, il consumo di alcool e droghe che, possiamo dirlo, è stata una delle narrazioni più romanzate del primo decennio del 2000 da parte del gossip, della stampa e della tv. La storia dell'imprenditore che ha fatto i soldi e si distrugge con le sue mani, i dieci grammi di cocaina consumati al giorno, le serate, l'amicizia con i calciatori e le veline, la discesa. Tutta roba successa (in gran parte) veramente, ma su cui la stampa ha calcato la mano cercando non tanto di capire il personaggio, ma di avere una storia che corrispondesse a quella di un film. Una storia da vendere. Perciò, adesso, in occasione di questo ritorno a Guru come consulente e collabroatore, Mow incontra Matteo Cambi per parlare di presente. Quello più hardcore, ca va sans dire.
Matteo, come riscaldamento partiamo da una domanda facile. Raccontaci un po' questo ritorno a Guru e la nuova collezione.
Si tratta di una special edition in realtà, non proprio di una collezione. Volevamo riformare il cavallo di battaglia, che è la margherita, simbolo degli anni Duemila. Ora il simbolo è rirpristinato nella sua forma originaria e anche le lettere della scritta Guru e direi che è stato un bel lavoro. Il progetto è nato dall'incontro con Gianluca (Sessarego, ndr) che è il proprietario attuale del brand. Si tratta di una collaborazione aperta, ora non ho un ruolo preciso. Un po' consulenza, un po' collaboratore, d'altronde è chiaro che con Guru avrò sempre un rapporto speciale. Guru è qualcosa di colorato, ironico, uno spirito leggero ed è quello che abbiamo voluto comunicare, d'accordo con Gianluca. Questo è il DNA del marchio.
Tu sei stato de facto un influencer nella Milano dei primi Duemila. Ti facevi vedere e fotografare con i calciatori, la Canalis e le tue magliette erano ovunque. Cosa pensi degli influencer di oggi? E della loro comunicazione?
Beh gli influencer ci sono sempre stati, ma ai miei tempi, diciamo nel 2003, nel 2005, non c'era Instagram, mezzo fondamentale. Funzionava cosi: io davo le maglie ai calciatori e alle veline, ai personaggi dello spettacolo, e loro si facevano fotografare in giro con quelle in discoteca, in vacanza, alle cene. Era un periodo in cui i giornali e i paparazzi erano un mezzo di comunicazione, e lì avveniva la vera pubblicità. Ora si è passato ad essere quì in questa situazione con i social. Poi ti dirò, non sono così tanto informato e non so utilizzare molto bene i social, quindi non mi sento di parlare delle dinamiche, ma posso dirti che il sistema è lo stesso di anni fa. Cambiano i mezzi.
Qual è il tuo rapporto con i social?
Mi sono iscritto a Facebook nel 2009, ma per me è era un periodo un po' complicato. Ero appena rientrato da un periodo di detenzione, non mi sentivo di passare molto tempo sui social, avevo altro a cui pensare, dovevo recuperare me stesso. Così mi sono perso un po' Facebook e di conseguenza ho perso anche un po' il filone degli altri social. Per dirti, ora ho Instagram e lo utilizzo, però mi manca quell'automatismo... Ammetto che perdo ancora tempo per fare una storia.
Cosa pensi di questa Milano? Frequenti ancora gli ambienti della moda in città?
La moda oggi si è aperta molto, è un po' per tutti, agli eventi ci sono molte più persone. Quando la frequentavo io era molto più di nicchia. Poi basta guardare oggi le fashion week, con centinaia di eventi, o il Salone del Mobile, che è veramente aperto a tutti. Devo ammettere che sono un po' nostalgico del vecchio sistema. Poi Milano... che dire, oggi è tutt'altra cosa rispetto alla città che era prima, quando era più tradizionalista. Oggi è sicuramente più internazionale, più aperta, una capitale d'Europa.
In un'intervista una volta hai detto che Guru etichettava un periodo del Paese "da fiaba". Oggi la moda ha ancora questo ruolo di specchio per l'Italia?
Oggi la moda in Italia è importante, ma nel mondo non siamo più protagonisti, siamo opinion leaders. Abbiamo perso un po' di prestigio. Ma non per le nostre capacità, quanto per le proprietà. C'è un 50% di brand italiani e un 50% di brand stranieri, oggi c'è molta più internazionalità, ci sono Kering, c'è Arnault, ed è una situazione completamente diversa dai miei anni. Esiste ancora un sistema moda-Paese, certo, ma non abbiamo più lo stesso peso di prima perché l'estero in qualche modo ci condiziona.
Ora facciamo un gioco. Io ti dico tre temi e tu mi devi rispondere facendo un confronto fra oggi e i primi anni del Duemila, spiegandomi ovviamente la tua versione al riguardo. Pronto? Il primo: comunità Lgbtqi+.
Trovo corretto che ci siano maggiori opportunità per queste comunità. Le città e i contesti sono più predisposti, ma perché è tutto cambiato, ci si è evoluti sotto molti punti di vista. Io abito a Parma, che non è ovviamente una metropoli, eppure è diversa rispetto a una volta. Oggi vedo uno spazio e un'accoglienza per le persone omosessuali e in generale Lgbtqi+ che prima, vent'anni fa, non c'era. Ora ci sono spazi e attività fatti appposta per queste comunità e anche le persone vedo che si sono aperte molto. A Milano non ne parliamo. Tutto è più bello.
Depenalizzazione delle droghe leggere.
Per me con la droga è tutto molto complesso. I con la droga ho perso tutto, il lavoro, i cari, se on stavo attento anche la vita. Perciò è tutto delicatissimo. Penso ci voglia moltissima attenzione nel liberalizzare sostanze di questo tipo, ma anche nell'utilizzo. Mi sento però di dire che c'è una differenza totale tra le droghe leggere e quelle pesanti, hanno effetti completamente diversi. Ma è con la droga in generale che rischi di stare male, di cancellarti, quindi dico a tutti: "massima attenzione". Io ormai non seguo più niente al riguardo, non leggo più niente sulle leggi, sulle novità. Ho tolto l'intero mondo droga dalla mia vita da quando ho intrapreso un percorso rigoroso e che devo seguire per forza. Non posso pensare a un'alterazione del corpo, sono stato troppo male. Devo rimanere sano e non voglio perdere la concentrazione sulla mia vita di oggi.
Aborto.
Sai è una situazione talmente delicata per chi ci si ritrova che, dico, per fortuna ci sono delle leggi che lo regolano. Ti dico: se si può fare, l'aborto è corretto. Certo ci sono dei limiti, per me dopo i tre mesi è diverso, è tutto già formato e non puoi tornare indietro. Però in generale possiamo dirlo: sono favorevole all'aborto.
Un politico che ti piace e uno che vestiresti.
Premetto una cosa: il politico secondo me è chi governa e cambia in meglio la qualità della nostra vita. Detto ciò, Mario Draghi mi piace molto. Ci ha permesso di essere molto meno in difficoltà rispetto ad altri Paesi che fra crisi, guerra e pandemia hanno avuto situazioni più gravi della nostra. Draghi ha preso un Paese in emergenza e gli ha dato stabilità. Ti faccio un esempio con il Covid. Vedo che oggi siamo per la maggior parte vaccinati e non era una cosa scontata un anno fa, quindi ha fatto finora un ottimo lavoro. E' inoltre un politico che sta facendo quello che aveva promesso e per me è molto importante. Chiaro, anche in questo caso, la politica non è il mio forte, ma per quello che seguo devo dire che stimo molto Draghi.
Ma se dovessi segliere un politico da vestire direi Matteo Renzi. Mi è sempre stato molto simpatico. Ora non entro nel merito della politica attuale, ma posso dire che con lui al Governo stavo sereno.
Con Draghi hai parlato di Covid, qual è stata la tua esperienza con la pandemia?
Allora io avevo fatto la terza dose a fine dicembre e a gennaio mi sono ritrovato con il Covid, che ho sentito come un'influenza rafforzata. Poi l'ho ripreso a fine aprile e in quel caso sono stato peggio, ho avuto molti sintomi. Non è vero che è solo un'influenza.
Però adesso sai, con l'estate e il caldo e dopo tanto tempo, le persone stanno meno attente...
Si, bisognerebbe avere un po' più di attenzione nell'indossare la mascherina, però capisco anche che ora siamo tutti meno accorti e che pensiamo alle vacanze, a uscire.
Cosa dici a chi non si vuole vaccinare?
Facciano come cazzo gli pare, ma la salute è importante e viene prima di tutto.
Ok ti lascio con una domanda più facile. Progetti per il futuro?
Con Valvola, un brand di cui mi occupavo, ho finito dopo un percorso di quattro anni. Poi sto seguendo un progetto di un brand, Intrepid, dedicato alla moda women, ed è la prima volta che entro nella moda femminile. E poi sono molto orgoglioso anche di un altro progetto che sto seguendo. Sto collaborando infatti da circa un anno con un'azienda che vende e-bike, così da portare le mie esperienze, contatti e know how nelle pubbliche relazioni al di là della moda. Lo sport, sai, è un settore che sto scoprendo, mi piace. Poi è chiaro che la moda rimarrà sempre la mia vita, è quello che mi piace e che mi riesce meglio. Però penso anche che al giorno d'oggi ci siano bisogno di figure più liquide, aperte, non dovrebbe esserci più questa idea delle figure stagne. La moda ha bisogno di figure più collaborative.