Autogrill: uno di quei casi in cui il nome proprio è finito col diventare un nome comune. Effetti di un monopolio quasi totale, o della popolarità: sta di fatto che ogni area di servizio presente in autostrada o fuori viene comunemente chiamata così, anche se di fianco alla catena principale ci sono gli altri due gestori predominanti: Sarni e Chef Express. Ma qualcosa resiste all’omologazione. Il miglior autogrill d’Italia, almeno secondo Giulia Crossbow che lo ha visitato con il suo compagno, Franchino er Criminale. Un ristorante per automobilisti che esiste e resiste dal 1992. Area di servizio Rio Colorè Ovest, sulla A6 Torino - Savona, km 30. Giulia lo descrive così: “Un punto ristoro storico, aperto dal 1992 e gestito da una coppia che, con dedizione e passione, è riuscita a mantenerlo vivo e a conduzione familiare per oltre trent’anni. Un vero miracolo se pensiamo che ormai le aree di servizio italiane sono quasi tutte nelle mani di grandi multinazionali. Qui si trovano ancora panini freschi preparati ogni giorno e farciti al momento con ingredienti tipici della tradizione piemontese: vitello tonnato, salsiccia di Bra della zona, bagnetto verde… e una selezione di dolcetti”. Camionisti e viaggiatori, piemontesi e non solo, confermano nei commenti l’unicità del posto, quasi una piola d’altri tempi (le vecchie osterie torinesi) che brilla in mezzo al conformismo delocalizzante delle catene. Ecco cos’hanno preso, e quanto hanno speso i due influencer romani durante questa trasferta sabauda.
“Guarda quanti bei paninazzi ho preso. Una bella montagna e ho detto che avrei mangiato nei tavolini fuori, quindi me li ha serviti nel nel cestino, però tanta gente li prendeva da portare via. Mentre ordinavo è arrivata una signora con un accento piemontese ha chiesto due bicchieri di spumante e due panini con la toma e la salsiccia di Bra. Stupenda sta cosa. La Coca-Cola ce l'ho, e anche due dolcetti. Una torta cioccolato e pere perché io ho un debole per le crostate di questo tipo, mi piace molto come abbinamento. Poi un fantasmagorico diplomatico, perché in questo caso c'abbiamo il Franchinello che comunque è anziano, quindi andava preso il diplomatico per lui”. La crostata che “si vede che è fatta in casa, è morbida, non è una crostata di quelle dure”. Ma il punto più alto lo raggiungono i panini, grossi e ben farciti - “Guarda quanta salsiccia di Bra che c’è dentro”, conditi con porri e formaggio, un po’ sciolto dal calore. I tavolini e le sedie in plastica rossa, che “manca solo la spiaggia, un ombrellone”. Pane buono, da panificio e non surgelato. Incluso un sandwich con il più grande classico piemontese da esportazione: il vitello tonnato. Fettine di carne ricoperte con la famosa maionese insaporita con tonno e capperi. Metterlo in un panino non sarà del tutto tradizionale, ma è un godimento totale. “Non sarà il vitello più buono della mia vita”, dice Giulia, “però regà, mangiarlo in un’area di servizio…”. Poi un altro must, che tutti i nipoti piemontesi avranno visto fare alle loro nonne: le acciughe col bagnet, il pesto di aglio e prezzemolo che è tanto buono quanto difficile da digerire. E infine il dolce, un altro gigante della tradizione piemontese che ormai è diventato anche quasi difficile da trovare nei panifici che una volta ne facevano a valanghe: il diplomatico (o diplumatic). Sfoglia e crema su più strati, fondamentalmente. Questo non soddisfa del tutto Franchino e Giulia, ma il caffè servito al tavolo li rimette in pace col mondo: “Sto posto merita una medaglia all’onore per essere riuscito a sopravvivere tutti questi anni”. I prezzi? I due in totale hanno pagato 41,40 euro, con il caffè a 1.30 e i panini a 7.50 l’uno. Costi in linea con gli altri ristoranti che affollano le autostrade italiane, insomma. Però, almeno, si paga per mangiare qualcosa di locale e di speciale, meno anonimo di quelli tutti uguali serviti nel resto delle aree di servizio. Perché viaggiare è anche, o soprattutto, mangiare.

