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Siamo andati a mangiare da Nobu, il ristorante di Robert De Niro a Roma. Ma com’è? Ecco come la via della Dolce Vita si sta risvegliando dal coma tra lampadari che manco a Versailles, porzioni piccole e prenotazioni con cauzione per evitare le crepe…

  • di Alessandra Cantilena Alessandra Cantilena

  • Foto di: Ansa e Alessandra Cantilena

3 dicembre 2025

Siamo andati a mangiare da Nobu, il ristorante di Robert De Niro a Roma. Ma com’è? Ecco come la via della Dolce Vita si sta risvegliando dal coma tra lampadari che manco a Versailles, porzioni piccole e prenotazioni con cauzione per evitare le crepe…
Siamo andati a mangiare da Nobu, il ristorante giapponese di Robert De Niro e dello Chef Nobu Matsuhita inaugurato in Via Veneto a Roma sulle spoglie dello storico Grand Hotel, a pochi metri da Crazy Pizza di Flavio Briatore. Una notte nella suite dell’Hotel Nobu costa 1015 euro, praticamente ci trovi De Niro nel letto. Ma com’è il ristorante? Ne vale la pena? Ve lo raccontiamo noi…

Foto di: Ansa e Alessandra Cantilena

di Alessandra Cantilena Alessandra Cantilena

Prima di Robert De Niro, di Alessia Marcuzzi e del Sindaco Gualtieri c’eravamo noi di MOW. E questo è un fatto. Dove? Ma all’apertura romana dell’anno, quella di Nobu, il ristorante giapponese che faceva sentire plebei tutti quelli che visitavano New York senza spenderci almeno una serata e 100 dollari. Roma è sempre il fanalino di coda del trend, la piccola fiammiferaia del jet set, e infatti solo trent’anni dopo le viene elargito il suo Nobu. La certezza che noi siamo dei pivelli si evince dal dato che Nobu Matsuhisa abbia aperto il suo primo ristorante a Lima a ventidue anni, più o meno quando noi alla stessa età eravamo indecisi tra l’uovo Kinder e il Mars. Da lì, per il grande chef giapponese è stata una ascesa continua. Il Nobu Hotel and Restaurant di Robert De Niro e Matsuhisa nuovo di pacca colma la lacuna romana nella via della Dolce Vita - che ultimamente ha sentori di risveglio dal coma – e ci ha visti razzolare nelle sue sale poco prima di Halloween e dell’ufficiale inaugurazione in pompa magna in presenza di De Niro, a pochi passi dal Crazy Pizza di Flavio Briatore. Lì la famosa pizza al jamon iberico al costo di 60 sacchi risvegliò l'irruenza coatta romanesca, ora a qualche metro di distanza una cena si aggira intorno ai 150 euro a cranio. Così ci siamo avventati nell'armadio a corpo morto nella speranza che qualche straccetto ci rimanesse appiccicato togliendoci di dosso l'aspetto sciallo da rimastoni del centro sociale. Sul sito infatti si intima di presentarsi decenti, senza tapine ‘giacchette vista culo’ – cit. Briatore - o tute alla Francesco Chiofalo.

Nobu Hotel and Restaurant di Robert De Niro e Matsuhisa
Nobu Hotel and Restaurant di Robert De Niro e Matsuhisa

Prima scocciatura annoverabile sul taccuino delle scocciature. All'ora X avremmo pagato non poco per non issarci sui trampoli e metterci le penne alle terga tentando di non sfigurare in questo nuovo tempio del magnà di un certo livello. La seconda seccatura è la regola della prenotazione con carta di credito, pena il vedersi sfilare 100 euro qualora si dovesse dare il cratere all’ultimo minuto. Essendo Roma città del disimpegno e della povertà, il diktat opera egregiamente la selezione a monte. Alle 20 già eravamo stanchi e avremmo preferito volentieri il sofà. E invece Via Veneto ci ha visti insaccati nell'eco fur rosa Schiaparelli schiumando come cinghiali in quel fine ottobre torrido che pareva de sta a Miami. Ad ogni modo il benvenuto da Nobu dischiude anche nella Capitale un mondo d'élite nascosto dietro volute beige e soffitti a volta; pare la navata di una chiesa, l’ala destra adiacente al grande salone. Il colpo d'occhio trascina al 5 di Raphael Street, l'indirizzo sacro di Zuma nella City londinese; ci somiglia parecchio il salone dell’ex Grand Hotel riadattato con giusto qualche spicciolo – 135 milioni di dollari -. Bel bancone del bar, lampadario che manco a Versailles, salamelecchi sparsi, saluto nipponico tra orde di personale sorridente e seduta – scomoda- su divanetto tipo Fracchia. ‘Sapete già come funziona Nobu?’ - Si, abbiamo millantato, siamo tornati ieri da New York... Il crispy rice trionfava già sulle raffinate sperlunghe, bianco come marshmallows con mousse di salmone e in versione vegana con tofu croccante e guacamole, entrambe pensate in teneri parallelepipedi da affogare nel burro chiarificato e salsa di soya. Porzioni piccole, chicche di sapori dense di umami e ottime vibes ci hanno fatto gongolare non poco. Il nostro mentore della serata, un giovane maitre dal passato in terra britannica si è concentrato sullo spiegone dello speciale piatto ‘del cuore’ di Chef Nobu, ‘verrà De Niro’, soffiava tenero, ‘per lui ci sarà l’omakase, ovvero il ‘mi affido a te’ dedicato a chi voglia l’esperienza culinaria sublime’. I clienti speciali passati nei primissimi giorni? Enrico Papi e Gianluca Mancini, il giocatore della As Roma che sventolò la bandiera col sorcio al derby ‘alla faccia de tutti i laziali, Peppino’ – cit.- Guadagnandosi la multa. ‘Roma è una sfida’ ci ha confidato, vent’anni di Londra non gli hanno levato l’accento di Roma, al nostro maitre, lui guardava noi e noi sgamavamo lui, in questo reciproco riconoscerci di Roma capoccia der monno infame, mentre ci rinfrescavamo il becco con un Fleur de Nil ghiacciato.

un Fleur de Nil ghiacciato
Un Fleur de Nil ghiacciato

I clienti di Nobu sono tutti alti, per la teoria secondo la quale i ricchi sono tutti ariani, sembrano gli alieni di Lanthymos in Bugonia. Il cameriere con lo sguardo da cerbiatto in ebbrezza di novità si agitava, faceva caldo, il maglione pizzicava sul collo, i glutei affondavano nel divanetto e il servizio era lento. E il cocktail era troppo dolce. La deputata della Lega vicino a noi ha voluto i roll ‘ma quelli con il granchio molle’, ha evocato garrula, chiacchierando a rotta di collo e inebetendo il suo ospite, noi eravamo sfiniti quanto lui. In bagno la presenza del bidet è il benefit che offre Nobu. Tutte le volte che ci alzavamo per raggiungerlo – il bagno – il tovagliolo cadeva per terra. Ce ne siamo accorti perché al ritorno lo ritrovavamo sul tavolo tutto bello piegato. Secondo noi ce ne portavano un altro ogni volta. La deputata leghista in splendido Chanel da capo a piedi dichiarava ‘io mia figlia la mando alla Saint George's ma in classe sua sono di tutti i colori, sai io sono della Lega’ mentre spazzolavamo l’haché di salmone e l’insalata verde con funghi fritti e salsa tahina, dalla fresca palatabilità croccante e cremosa, con il terroso del fungo a legare con la vellutata di sesamo deflagrando in bocca e scatenando enfasi alla Meg Ryan pure senza Harry.

l’haché di salmone e l’insalata verde con funghi fritti e salsa tahina
L’haché di salmone e l’insalata verde con funghi fritti e salsa tahina

Abbiamo poi scialato con i ravioli di wagyu dal ripieno calloso, slegato, senza spinta, tristemente deludenti. Peccato. L’icona di Nobu è il black cod con arancio, una tela dalle pennellate agrumate nei toni del padparadscha e dalla consistenza materica del pesce, ottimo rosato e spesso, nutriente, il tutto per 90 carte a persona e discreto hype diffuso. Una settimana dopo, Robert De Niro avrebbe fatto a Roma più lui in quattro giorni che noi in una vita intera, povero Cristo, sballottato tra bevute di saké e gitarelle dal Papa. Noi comunque promuoviamo Nobu in versione romana e diamo dieci a tutto, augurandoci che non si matricianizzi troppo in fretta come succede sempre in questa città. Ci torneremmo? Certo; se qualcuno ce lo offre, però.

ravioli di wagyu
I ravioli di wagyu
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