È inizio giugno e Mila dipinge una vetrina alta cinque metri in Via della Spiga con dei pennarelli colorati.
Canada Goose celebra il reopening delle comunità collaborando con artisti locali in sei città sparse in tutto il mondo. Le vetrine diventano tele bianche che ogni artista è chiamato ad utilizzare per rispondere al tema "Live in The Open", dando forma a un soggetto che è anche stile di vita e grido di battaglia.
Quando arrivo davanti alla vetrina di Canada Goose a Milano, Mila è concentratissima: è lei il volto italiano di questo progetto internazionale. Non si accorge di me ma dalla sua vetrina ancora incompleta a me sembra un po' di conoscere lei. C'è la sua Russia, il temperamento e le mille personalità, ci sono cose che vorrei sapere e già si intravede il filo rosso che collega la sua interpretazione ai valori del messaggio di Canada Goose.
Mila mi chiede di aspettarla, non può lasciare le cose a metà o la vetrina potrebbe rovinarsi. Le dico di continuare, le cose a metà non piacciono a nessuno e poi si scoprono tante cose anche solo guardando.
Quando è pronta ci sediamo e lei si scusa per il suo italiano un po' incerto ancora prima di iniziare l'intervista. Ma quello che dice non ha certo bisogno di traduzione: è chiaro e complesso allo stesso tempo, proprio come la sua arte.
Partiamo dal concetto di Live in The Open. Che cosa significa per te? Dove hai trovato l'ispirazione?
Nell'ultimo periodo ho fatto alcune collaborazioni con Contemporary Standard, un collettivo che tratta temi importanti e che durante il periodo della quarantena si è occupato molto di mental health, oltre ad essere sempre attento a tematiche che condivido come la sostenibilità.
Quindi quando sono stata contattata da Canada Goose per questa iniziativa ho voluto parlare con loro e insieme abbiamo rielaborato il claim della campagna, arrivando a chiederci "Chi siamo stati in quarantena?". Ragionando un po' abbiamo capito che la quarantena ci ha riportati ad apprezzare quello che amiamo veramente, a ragionare su noi stessi.
La quarantena ci ha aiutato ad apprezzare di più la vita, quello che davamo per scontato, e tutto ciò che ci circonda. Un ritorno alla natura che è anche un ritorno alla vita.
E come hai trasformato questo concetto in un'opera?
Il ritorno alla natura mi ha fatto pensare al Kintsugi, la tecnica giapponese di riparazione della ceramica con l'oro. Aggiustare una cosa rotta per farla diventare nuova, più bella, migliore. La quarantena per me è stata anche questo.
Tu com'eri in quarantena?
Diversa. Ora siamo alla fase 3 giusto? Beh io ho avuto almeno 20 fasi in quarantena. La prima settimana ero felice di essere a casa, la seconda settimana ero matta, scleravo per il lavoro e non capivo nulla. Dalla terza settimana mi sono fermata di colpo, ho pensato molto e forse anche un po' inconsapevolmente ho iniziato a fare di nuovo quello che amavo ma che troppo spesso non avevo tempo di fare perchè risucchiata dalla frenesia della vita di tutti i giorni.
Tutto il concetto dell'opera infatti è partito da me, per esempio io in quarantena sono tornata a dipingere con gli acquerelli. Una cosa che amo moltissimo ma che non facevo più da tempo.
Quali sono i valori che condividete?
Sicuramente la sostenibilità, anche se oggi è una parola che viene usata troppo e manipolata per il marketing, ma loro mi sono sembrati sinceri fin da subito.
Mi piace molto che siano legati al loro paese, che non abbiano mai lasciato il Canada e che facciano lavorare le persone del luogo.
E poi sono tecnici! Sono veri. In uno dei miei lavori come Art Director siamo andati a intervistare una ragazza che fa le spedizioni in Antartide, e lei ci ha fatto vedere questi guanti rossi di Canada Goose. Subito non ci ho fatto molto caso ma quando sono stata contattata mi è tornato in mente. Questo per me è molto molto importante: fare bene tutto ciò che si fa, niente promesse al vento.
La vetrina è un oggetto strano con cui confrontarsi. è la prima volta che ti capita o avevi già fatto progetti del genere?
Avevo già realizzato vetrine in precedenza ma è decisamente la prima volta con una vetrina alta cinque metri. Stamattina quando sono arrivata ho guardato la scala e ho pensato: oggi si vola!
Dietro però c'è tanto pensiero... oltre all'interpretazione del concetto c'è anche il fatto che io uso stili diversi nei miei lavori, quindi per me il ragionamento che faccio su un'opera è una grossa parte del lavoro.
Ma riusciresti a darmi una definizione del tuo stile?
Per me lo stile non è mai stata una questione di principio. Non ho mai detto: questa è una caratterista di quello che faccio che non deve mai mancare nei miei lavori. Forse se dovessi proprio definire il mio stile direi che è eclettico.
Le tue origini russe sono un background importante per la tua visione artistica?
Moltissimo. Credo di essermi anche un po' forzata a tornare, a livello artistico, alle mie origini. è qualcosa che mi dà carattere, che ho solo io. Ho studiato disegno classico alle Belle Arti in Russia quindi quel tipo di background è venuto in Italia con me. Mi piace tutto quello che ha uno stile un po' sovietico: il rosso, l'oro, le forme.
Ah e poi quando ero in Russia facevo anche le incisioni sulle lapidi, di notte. La gente quando lo dico pensa sempre che sia un po' creepy ma guadagnavo molto bene e alla fine dovevo solo incidere il ritratto della persona su un pezzo di granito... ok forse il fatto di essere in un laboratorio pieno di bare in piena notte è un po' creepy.
Comunque, tornando alla domanda, credo che il mio essere russa si veda molto ed è una sorta di file rouge che si intravede nonostante il cambio di tratto nei miei tanti lavori. Mi piace, non voglio cambiare questa caratteristica!
Qual è il tuo rapporto con la tua arte? Ti piace che gli altri la ammirino o fatichi a lasciarla andare e lasciare che venga giudicata?
A me dà fastidio quando dicono "questo assomiglia a quest'altro" come per dire che ho copiato qualcosa o che non sono stata originale. Tutte le volte mi verrebbe da rispondere che quello a sua volta ha preso ispirazione da un altro e che a sua volta ha preso ispirazione da un altro ancora. Quindi di che cosa stiamo parlando? Ecco questo mi infastidisce molto ma sull'essere gelosa direi di no, mi piace che tutti possano vedere quello che faccio e di cui vado fiera.
Il mondo delle illustrazioni è sempre più ampio, sei felice dello spazio dato a voi illustratori o vedi in giro cose di poco valore?
Vedo spessissimo delle cose che non mi piacciono, ma io ho dei gusti molto difficili. Però onestamente sono felice che ci sia questo interessamento verso il mondo delle illustrazioni e non provo mai gelosia verso il lavoro degli altri. Ognuno ha ciò che gli piace di più e ciò che gli piace di meno.
Se dovessi poter scegliere una sola opera da tenere in casa tua per il resto della tua vita, di qualsiasi genere, che cosa sceglieresti?
Beh questa è una domanda molto difficile. Forse vorrei un quadro di Serov, un artista di russo di inizio 900. Era un realista, con un tratto molto duro, pastoso. Lo guardavo sempre quando studiavo alle Belle Arti in Russia e mi piacerebbe avere qualcosa di suo. Ma vorrei anche qualcosa di mio, qualcosa che non ho ancora fatto.