A pochi giorni di distanza dal caso di Voghera, un altro fatto di sangue legato a un’arma da fuoco coinvolge un rappresentante della Lega: a Licata Gaetano Aronica, 48 anni, consigliere comunale eletto nel 2018 nella lista “Lega noi con Salvini”, ha esploso proprio dopo il civico concesso quattro proiettili da una pistola a quanto pare con matricola abrasa contro il suo ex socio settantunenne, ferendolo a un braccio.
Dopo la fuga si sarebbe presentato in caserma e avrebbe confessato. Dal partito fanno sapere che il consigliere “non è stato mai tesserato” e che negli ultimi tempi avrebbe seguito un percorso politico autonomo, ma il nome della Lega, più o meno strumentalmente, resta collegato o collegabile. Così come era collegato al caso di Voghera, dove dall’arma dell’ormai ex assessore alla sicurezza Massimo Adriatici dopo una colluttazione era partito un colpo che aveva ucciso Youns El Boussetaoui.
La storia della Lega, fin dagli albori (quando c’era Nord nel nome), è stata sempre abbastanza legata alle armi, ma, salvo il discusso caso di Luca Traini (l’autore della sparatoria contro alcuni stranieri a Macerata che viene associato dagli avversari politici alla Lega in quanto ex candidato), la cosa era sempre rimasta sul piano retorico o del lobbismo, senza spargimento di sangue e in verità nemmeno senza colpi sparati (perlomeno in pubblico). C’è chi come Gad Lerner ne ha approfittato per attaccare l’intero “corpus” del Carroccio.
In verità le pistolettate sono arrivate da esponenti oggettivamente marginali del partito. Andiamo a vedere invece come si sono mossi in questo campo gli esponenti più di spicco.
Dagli anni ‘90, quando la Lega Nord si affaccia alla politica nazionale come forza antisistema, sono state varie le uscite del segretario Umberto Bossi sull’uso delle armi. Nel settembre 1993 – ricostruisce Domani – dichiara («ironicamente», preciserà poi) che «La vita di un magistrato vale solo 300 lire, il prezzo di una pallottola». Due anni dopo: «Mao Tse Tung ha scritto: “Il potere politico nasce dalla canna del fucile”». Non sono solo parole quelle su un popolo del Carroccio armato. Le armi vengono trovate, anche dalle forze dell’ordine: Bossi era sempre accompagnato da una scorta di «camicie verdi» con pistole regolarmente denunciate o con i numeri di matricola abrasi, tanto da attirare le attenzioni dell’Ucigos, la polizia antiterrorismo dell’epoca. Anche nel nuovo millennio il Senatur non ha fatto mancare «sparate». Come nel 2007: «Noi padani non abbiamo mai tirato fuori il fucile, ma c'è sempre una prima volta». O nel 2013, negli ultimi mesi da segretario: «Meno male che, qui in Valtrompia, ci sono ancora le armi. Un giorno serviranno...»”.
Nel 2015, l’ex deputato e allora sindaco di Borgosesia, il mitico Gianluca Buonanno (morto in un incidente automobilistico nel 2016, ndr), mostrò una pistola mentre era collegato in video con SkyTg24: “È meglio che il cimitero si riempia di delinquenti piuttosto che a pagare siano sempre i cittadini”, disse. Un gesto che fece scalpore, sia nell’immediato (“Sindaco, la invitiamo a abbassare la pistola perché non è il caso”, aveva detto dallo studio la conduttrice, dopodiché su Buonanno si erano abbattuti gli strali di Emiliano Liuzzi del Fatto), che nelle reazioni successive.
Il compianto leghista, autore anche di altri sketch da ricordare come quando il primo aprile 2014 alla Camera estrasse e sventolò una spigola con dedica alla presidente Boldrini, spiegò che voleva solo illustrare un’iniziativa del suo Comune, il contributo di un terzo sul costo sostenuto per l’acquisto di una pistola: “Non capisco queste proteste, quanta ipocrisia”.
Il 9 febbraio 2019, a poche settimane dalla modifica-bandiera della legge sulla legittima difesa (“la difesa è sempre legittima”, il mantra salviniano introdotto nel codice penale, a detta degli esperti senza effettive modifiche nelle conseguenze nei casi concreti, come peraltro dimostra il caso dell’assessore di Voghera finito ai domiciliari), l’allora vicepremier Matteo Salvini ha visitato la Fiera delle armi di Vicenza, imbracciando per l’occasione un fucile: “Il mio scopo è non complicare la vita a chi detiene un’arma”, aveva detto. La cosa si è tradotta in fatti un mese dopo, quando alla commissione affari costituzionali della Camera è arrivata una proposta di legge della deputata leghista Vanessa Cattoi per velocizzare l’iter di acquisto di un’arma per la difesa personale e aumentare la potenza di fuoco delle armi a vendita libera, anche se il testo non è mai arrivato in aula.
Nell’aprile 2019 Salvini, ministro dell’interno, era poi andato alle celebrazioni per i 40 anni del Nocs, visitando gli stand del Centro polifunzionale della polizia di Spinaceto, soffermandosi sugli equipaggiamenti di ultima generazione per i corpi speciali della polizia e “intrattenendosi” con le armi di moderna generazione Beretta defense technologies, tra cui, come riporta Armi e Tiro, la pistola mitragliatrice Beretta Pmx e le carabine per tiratore scelto Victrix.
Di per sé una scena comune tra i leader di tutto il mondo, da Kennedy a Macron, e la regina Elisabetta aveva addirittura sparato…
Ma la polemica era scaturita da un post dello “spin doctor” di Salvini, Luca Morisi: “Vi siete accorti – aveva scritto - che fanno di tutto per gettare fango sulla Lega? Si avvicinano le Europee e se ne inventeranno di ogni per fermare il Capitano. Ma noi siamo armati e dotati di elmetto! Avanti tutta, Buona Pasqua”.
Pronta e almeno altrettanto discutibile era arrivata la replica di Roberto Saviano…
Altra polemica recente è quella del candidato sindaco del centrodestra a Milano, Luca Bernardo, primario di pediatria al Fatebenefratelli e possessore di porto d'armi, "accusato" di portare la pistola in ospedale.