La vicenda è molto semplice (e comune): match su Tinder, iniziamo a scriverci, usciamo per un caffè, ma – almeno da parte mia – non nasce alcun tipo di interesse. Lei, però, inizia a tempestarmi di messaggi, foto, propone di rivederci “più in intimità”. Inizialmente tergiverso, dopo un po’, a causa della sua insistenza, le rifilo la balla più comune, “sto uscendo con un’altra, non sarebbe rispettoso nei suoi confronti, bla bla bla”. Lo so, poco onesto, ma sicuramente meno crudele della verità, ovvero che non la trovavo né interessante né fisicamente attraente.
Lei visualizza e non risponde, cosa che mi fa confidare abbia incassato con grazia. A tutti è successo che, dopo un inziale approccio, la frequentazione non sia proseguita. Ci si può rimanere male, può dare fastidio, ma, alla fine, ricevere un due di picche è uno dei possibili esiti quando si esce con qualcuno conosciuto su una dating App (e non solo).
Ma è qui che inizia il dramma: tempo qualche ora dal mio messaggio, provo ad entrare su Tinder e scopro che il mio profilo è stato bloccato a seguito di una segnalazione. L’App mi comunica che ho violato i Termini e le Condizioni d’Uso. Com’è possibile? Mentalmente passo in rassegna tutte le mie frequentazioni, ripenso a quale regola potrei aver violato. Nulla. Ed è lì che mi si accende la lampadina: vuoi vedere che il due di picche non è stato preso così bene come credevo? Sono incredulo, mi sembra infatti assurdo che una persona ti segnali a seguito di un rifiuto. E poi, perché ad una segnalazione deve seguire necessariamente il blocco del profilo? Non viene effettuato un processo di valutazione delle segnalazioni (come su qualsiasi altro social, come Instagram)?
Rileggo i Termini e le Condizioni d’Uso ma nulla. Trovo il contatto dell’assistenza ed espongo la situazione: sono stato bloccato, non so la motivazione per cui questo è successo, probabilmente è una ripicca. La risposta è la seguente “Al momento non offriamo una procedura di ricorso. Il tuo account rimarrà bloccato e non potrai creare un nuovo profilo Tinder”. In soldoni: amico, non ci interessa se non hai fatto nulla di sbagliato, sei comunque un “porco schifoso”, hai torto e non hai diritto di replica.
Com’è possibile che le segnalazioni non vengano vagliate? Perché la parola di chi accusa ha più valore della mia, incriminato per una colpa che non so quale sia, condannato senza la possibilità di difendermi? Ok, forse sto esagerando, ma penso che la revisione delle segnalazioni sia un processo fondamentale per tutti i social media. I contenuti pubblicati online possono urtare le altrui sensibilità, ma questo non dovrebbe interferire con la libertà del singolo di esprimersi, a meno che questa non offenda, discrimini, o metta in pericolo gli altri.
Mettersi in gioco nella conoscenza di un’altra persona fa sicuramente sentire esposti e vulnerabili, attiva quelle parti di noi che hanno a che fare con l’accettazione, il giudizio (rispetto al proprio essere interessanti, attraenti, appetibili, ecc) e la validazione da parte dell’altro. In un mondo in cui il nostro andar bene viene delegato all’approvazione altrui, un rifiuto è vissuto come un a valutazione negativa di noi stessi. Questo – come nel mio caso – può poi portare ad una serie di ripicche a danno dello “stronzo”, che sono molto facili da mettere in atto quando si usa una App come Tinder. Segnalare qualcuno è veloce e permette di alleviare la sgradevole sensazione di essere stati rifiutati. Insomma, è una rivincita dal sapore molto dolce.
È per questo che Tinder - e le dating App in generale - dovrebbero essere molto severe nel processo di revisione delle segnalazioni. Partire dal presupposto che chi fa una segnalazione abbia ragione non è né corretto né tutelante nei confronti di chi usufruisce del servizio. La salvaguardia del consumatore non può favorire solo chi pensa di aver subito un torto, ma dovrebbe riguardare anche chi il torto lo subisce perché ha semplicemente espresso se stesso e i propri gusti.
E mo’ che faccio? Approderò su un’altra App. Sperando di trovare persone meno permalose e un servizio che sappia realmente tutelare chi ne usufruisce (si, anche noi “stronzi” che diamo i due di picche).