Viviamo in un Paese ben strano: c’è appena stata una pandemia (e, checché se ne dica su Telegram, utilizzare un tempo verbale al passato è tra l’ottimismo e l’imbecillità più pura) che ha piegato l’economia nazionale oltre alla salute mentale di moltissimi di noi. Nonostante ciò, esistono No-Vax che non esistono (soprattutto quando, lontano dai social in cui si autoeleggono “capobranco”, decidono di ritrovarsi in 3D per occupare le stazioni dei treni di tutta Italia in opposizione al Green Pass. E poi si presentano in quattro). I virologi sono sul red carpet della 78° Mostra del Cinema di Venezia anche perché parlare di film dopo praticamente due anni di sale chiuse a singhiozzo, sarebbe uno schiaffo in pieno muso alla realtà. Realtà che, attualmente, ha una faccia molto incattivita e sarebbe meglio non infierire. Viviamo in un Paese ben strano, dunque. Soprattutto se, come la sottoscritta, vivi nel Bronx di Milano (quartiere Maciachini, per gli amici Maciak). Quello che troverete qui di seguito è un racconto che avrebbe tanto voluto essere di fantasia. E invece è pura cronaca di un fatto, di un’ordinaria nottata di follia sotto agli occhi delle forze dell’ordine (spossate, probabilmente dalla recente non-manifestazione No-Vax degli ultimi giorni alla Stazione Garibaldi). E chi scrive trova assolutamente necessario partire da una premessa: ho la schiena adornata da un livido delle dimensioni di Plutone. E sono molto incazzata.
Sabato sera, pizza con amici in Isola (quartiere, bel quartiere di Milano). Poi due chiacchiere, un drink, qualche lamentela sul fatto che settembre abbia riportato tutte le persone a in città e che bella che era la desolazione di Piazzale Archinto ad agosto: un sogno per un pugno di eletti che preferisce la solitudine dei pochi ma buoni alla Sardegna in barca. Il racconto delle ferie, per chi le ha fatte, quella coppia di amici che sicuramente limonerà presto anche se ancora non l’ha capito, il gossip, chi è abbronzato, chi invece no e ne va fiero. Tutto bello, normale, un sabato sera qualunque, ma insieme, finalmente, dopo settimane. Poi si fa l’una e quasi quasi l’idea di tornarsene a casa diventa allettante. Andiamo. Un amico mi accompagna perché da Isola al Bronx (Maciachini) il tratto è breve ma, si sa, insidioso. Il Bronx è pieno di sorprese. Purtroppo non sempre entusiasmanti. Lo so bene, considerato che ci vivo, orgogliosamente, da sei anni buoni.
Mentre sono all’incrocio di casa mia, vedo qualcosa di strambo: da una finestra (terzo piano) scende improvvisamente una cascata d’acqua che si scaglia (ma non lo centra in pieno) su un tizio che stava sfrecciando in monopattino per i fatti suoi. Lui prosegue, io mi fermo, basita. Non stava dando fastidio a nessuno. Poi do un occhio alla strada: è piena di rifiuti, anche se forse questo è un termine improprio. Sull’asfalto, già da una certa distanza, vedo una gigantesca macchia di acqua schiumosa, praticamente un lago artificiale. A galleggiarci sopra, scatole di biscotti evidentemente lanciati dall’alto, bottigliette, contenitori in plastica, un tema in inglese scritto con la calligrafia infantile e dedicato a Siri, sì, proprio quella dell’iPhone. Per notare tutte queste cose, chiaramente, mi sono avvicinata. Incauta.
Sto leggendo il tema, incuriosita, ma dopo le prime due parole “Dear Siri” qualcosa di solido mi colpisce sulla schiena (anche questa volta scaraventato dall’alto) e esplode in una doccia di acqua e schiuma. L’impatto è potente. Da lividone in arrivo. Ma più che al dolore, penso al fatto che queste persone (non sono certo Sherlock Holmes, ma deduco siano quelle che vivono nella casa con l’unica finestra accesa e aperta di tutto il condominio) si stiano divertendo a lanciare cose giù dalla finestra, mirando quando passa qualcuno. Un bel passatempo se al posto del cervello hai quattro piume di piccione, ma di sicuro qualcosa che non è legale. Oltre a essere pericolosissimo. Se io non fossi stata piegata a leggere quel tema, il contenitore mi avrebbe colpita sulla testa scaraventato dal suo terzo pieno di altezza. Chiamo il 112.
Qui la situazione diventa divertente (per non usare altri aggettivi). Do le mie generalità, il civico del palazzo in cui alcune persone hanno inteso l’asfalto per un Aqua Park notturno, spiego che apparentemente mirano alla gente che passa per strada e che essendo l’una di notte di un sabato sera, la situazione rischia di diventare pericolosa. Mi lasciano in attesa, aspetto. Finalmente, dall’altro capo dello smartphone mi risponde una voce che comincia a farmi domande: “Sa dirmi nomi e cognomi delle persone che stanno facendo questa cosa?”. Sforzandomi di mantenere la calma perché sono comunque in comunicazione con un rappresentante delle forze dell’ordine replico che no, la sola cosa che posso dire è che sull’asfalto c’è il Lago di Garda pieno di oggetti e cose evidentemente scagliati dall’alto e che c’è un’unica finestra aperta con la luce accesa, al terzo piano. Aggiungo che, per inciso, sono stata colpita alla schiena.
La voce che rappresenta il 112 si dice dispiaciuta ma, perentoria, aggiunge: “Non possiamo intervenire, non abbiamo abbastanza informazioni”. Quindi ne sta facendo una questione burocratica? Sì, ne sta facendo una questione burocratica. Rispettosamente, domando: “Scusi, quindi lei mi sta dicendo che sia del tutto legale scagliare oggetti dalla finestra mirando passanti e che la polizia non ha nessuna ragione o possibilità di intervenire per fermare questa cosa?”. “No, le sto dicendo che l’unica cosa che possiamo fare sia chiamarle un’ambulanza, se ritiene”. L’ambulanza, in caso, me la chiamo anche da sola. Questo menefreghismo, sicuramente dovuto a una serie di regolamentazioni stampate su polverosissimi plichi abbandonati in qualche ufficetto della questura, mi offende. “Può fare deuncia contro ignoti domattina - aggiunge - ma non è un tipo di azione che, in genere, serve a qualcosa”. Benissimo. Desisto perché mi rendo conto che ormai sto indicando l’orizzonte a un terrapiattista.
Senza considerare che la mia macchina viene regolarmente aperta almeno una volta a settimana (ma hanno la cortesia di non rompermi il finestrino, si fregano solo qualche accendino che lascio ai lati del volante e spariscono), me ne salgo a casa e vado a dormire. Da questa mattina, sulla schiena ho un livido delle dimensioni di Plutone e attualmente non posso alzare le braccia o muoverle come dovrei senza provare delle fitte alla schiena. Non dolorissime, per carità, ma non dovrei averle. Mi fa male, soprattutto, quando rido. Per fortuna, oggi mi è capitato di ridere ben poco.
Si sono fatte leggi strettissime sul coprifuoco (400 euro di multa se fossimo stati ritrovati fuori casa dalle 22 alle 5 del mattino, ve lo ricorderete bene) e, guardando fuori dalla finestra, era tutta una luce blu di volanti. Attualmente, è possibile essere multati se ci si accende una sigaretta alla fermata dell’autobus. Vieni sanzionato, anche qui, legittimamente, se lasci la macchina sulle strisce gialle (residenti) e per un sacco di altri motivi (quasi sempre) perfettamente comprensibili ma spesso irrisori. Però se segnali un atto vandalico potenzialmente pericoloso per l’incolumità di chiunque abbia la sventura di passare da quelle parti, il 112 “non può intervenire”.
È già stato detto che sono incazzata?
Andrò a fumarmi una sigaretta alla fermata della 90.