Parla vicino alla telecamera. Dietro di lui tutto l'arredamento è minimale. Capelli brizzolati. Occhiali. Carisma. Stefan Ytterborn ha 56 anni, abita a Stoccolma, non è un motociclista con il sogno dell’elettrico, o almeno non lo è mai stato. È la sua passione per il design, che poi è un lavoro che gli ha permesso di progettare e immettere sul mercato più di 4.500 oggetti, ad averlo portato alle moto elettriche. La prima volta che ne ha vista una ha capito che ancora prima di innovare si poteva inventare. Così nel 2016 ha fondato Cake, una delle aziende più rivoluzionarie in tema di mobilità. Perché in tanti, troppi propongono un futuro diverso, ma nessuno ha la sfera di cristallo e in pochissimi hanno una visione matura e fresca come la sua. L’idea delle Cake è di mescolare il divertimento alla necessità con un approccio diverso rispetto alle case tradizionali. Perché se sei abituato a pensare alla moto in un certo modo, con le sue strutture e i suoi principi, difficilmente puoi partire da un foglio bianco. Stefan invece ha fatto proprio questo e, inutile dirlo, sono stati in molti ad accorgersene. Non ultimo Pharrell Williams, che ne ha comprata una e l’ha fatta dipingere completamente di giallo. In questi giorni poi, Cake ha lanciato un'applicazione per iOS (CAKE Connect) con la quale sarà possibile gestire la propria moto a distanza, intervenendo sulle mappature - dal freno motore alla potenza erogata - e sul software, oltre ad offrire un monitoraggio costante su parametri come energia residua, tracciamento e geolocalizzazione. Abbiamo intervistato Stefan Ytterborn per farci raccontare le sue moto, il futuro di Cake e le idee di chi l’ha costruita.
Da anni Cake è una delle più grandi novità nel mondo delle due ruote. È nuovo il design, ma anche il concetto. In molti hanno voluto spiegare la tecnica, il come è fatto insomma, ma noi vorremmo conoscere la tua storia.
“Be', sembrerà strano ma non mi sono lanciato in questo progetto per amore delle due ruote, sono sempre stato attratto dagli sport all’aperto come lo sci o il surf. Per anni ho lavorato come designer, come project developer e nella comunicazione, e penso che il denominatore comune di tutti i miei lavori sia stato credere nella praticità delle cose. Ho sempre cercato di offrire prodotti funzionali e che, al contempo, potessero durare nel tempo. All’inizio ero concentrato sul design di interni e l’architettura, cose del genere. Così mi sono ritrovato a lavorare a vasi, padelle, posate e mobil. E, quattordici anni fa, ho aperto la mia azienda, si chiama POC. Produce caschi, protezioni, occhiali… tutta attrezzatura per sciatori e ciclisti. Penso di aver disegnato ed immesso sul mercato all’incirca 4.500 prodotti diversi, il comune denominatore di tutti questi oggetti è sempre stata la praticità. Sai, come designer è necessario farsi delle domande sul prodotto che abbiamo in mente: qual è lo scopo dell’oggetto, dov’è l’innovazione, che prestazioni può offrire e qual è la qualità effettiva di quello che stiamo producendo. Questo va fatto sempre, che si tratti di un telefono cellulare, di un casco o, come in questo caso, una moto elettrica. Io considero Cake un prodotto che risponde bene a queste domande, combinando la passione di chi la guida alla responsabilità per l’ambiente”.
Cosa ti ha avvicinato a questo mondo?
“Quando ho visto per la prima volta una moto elettrica sono subito rimasto colpito. Ho acquistato tutte quelle che ci sono sul mercato, sono arrivato ad averne diciassette. Da Zero Motorcycles a KTM, le ho prese e provate davvero tutte. Poi ho chiesto agli amici di guidare la Cake e, quando le ho date in mano a chi davvero sapeva come sfruttarle, sono rimasti tutti impressionati. Mi hanno detto che era come sciare, una sensazione bellissima. Ciò che mi ha davvero convinto è stato quando l’ho fatto provare a una ragazza che fino ad allora era salita solo sulla bicicletta. È partita con calma, senza correre, con casco e protezioni. Dopo venti minuti è tornata. Andava forte, è arrivata derapando e mi ha detto: Ehi Stefan, questa è la cosa più divertente che abbia fatto in vita mia!”.
Così avete pensato di fare a modo vostro.
"Esatto. Negli anni che ho passato a guidare le altre moto per capirne il funzionamento mi è sembrato che nessuno la stesse prendendo troppo sul serio. Oltretutto le aziende cercavano (e alcune lo fanno ancora) di imitare il comportamento di una moto endotermica: stesse geometrie, dimensioni e cinematiche, cambiavano soltanto il motore. Non solo hanno voluto imitare il comportamento, l’hanno anche disegnata come una moto a combustione. Quindi, per esempio, ci hanno messo una sorta di serbatoio, ma l'hanno fatto solo perché normalmente lì c’è un serbatoio per la benzina, il che non ha molto senso. La loro idea era di replicare il funzionamento di una moto a combustione montando un motore elettrico su di un telaio tradizionale. Chiaramente però la cosa non può funzionare, perché per offrire le stesse prestazioni serve aumentare il peso. Tieni a mente che le elettriche "leggere" arrivano a 180 chili e una moto da enduro di chili ne pesa all’incirca 110".
Da lì è venuta la decisione di prendere una strada diversa?
"Si, abbiamo pensato di impiegare i materiali migliori riprendendo alcune soluzioni sviluppate per le Mountain Bike moderne, con fibra di carbonio e altri materiali del genere. In questo modo siamo riusciti a fare una moto da enduro che pesa solo 68Kg, praticamente la metà di una a combustibile, ma che allo stesso tempo arrivara a quasi 100 Km/h. Ci puoi fare un backflip. Poi sai, non abbiamo voluto dare l’effetto tipico delle moto da offroad che devono sembrare maschie, sporche e cattive. Abbiamo voluto enfatizzare gli aspetti dell’elettrico, quindi siamo partiti da un foglio bianco e abbiamo cercato di raccontare le curve, la pulizia, il divertimento e la manutenzione quasi inesistente, il tutto con un basso impatto ambientale".
Non siamo in questo business per diventare ricchi, vogliamo fare qualcosa di nuovo
Che tipo di motociclista sei, che moto hai avuto nel tuo passato?
“Sono sempre stato appassionato di Mountain Bike e di bici da corsa. Quindi ho perso la verginità con le moto cominciando con queste elettriche. Da adolescente ho avuto un 50cc, ma non ero mai andato oltre. Per Cake invece sono andato a fondo, non si può “barare” con un’idea del genere, devi sapere bene cosa stai facendo e cosa si aspettano i motociclisti, così ho comprato un’Husqvarna 450. Volevo capire nel profondo i pregi ed i difetti di una vera moto da enduro”.
Da dove prendi l’ispirazione?
“A vent’anni non avevo idea di cosa avrei fatto nella mia vita. Ho anche lavorato a Milano, al Salone del Mobile, ero attratto dall’architettura del Diciassettesimo secolo. Così mi sono appassionato all’antiquariato, a quel mondo così affascinante che mi è rimasto dentro. Penso che l’ispirazione più importante stia nella curiosità: conoscere la gente, i comportamenti delle persone e la cultura che abbiamo intorno”.
In sei mesi a Milano, a causa del Covid, è cambiato tutto. Guardando alla finestra vediamo una città senza automobili, senza persone. È difficile pensare a un futuro più facile, ma nel profondo credo che il futuro sarà più bello e interessante di quanto si possa immaginare. Sei d’accordo?
“Negli ultimi trent’anni, e parlo di Paesi come il nostro in cui c’è una democrazia sviluppata, abbiamo sempre confuso i privilegi con i diritti, dando per scontate tante cose. Prova a dare un’occhiata a quello che facciamo, pensa a tutte le auto che ci sono in giro. Dovrà per forza esserci un cambiamento in questo senso”.
Pensi che ci sarà una rivoluzione nei prossimi anni?
“Dobbiamo renderci conto ci sarà bisogno di una riposta concreta ai problemi ambientali. Sappiamo che il futuro non sarà Diesel o benzina e che dobbiamo bandire le auto dalle città, ma non solo. Bisogna cambiare il modo di pensare i parcheggi e gli spostamenti quotidiani così come i trasporti pubblici. Pensa alle bici a pedalata assistita o a questi piccoli scooter elettrici. Io non li ho nemmeno provati perché, a essere onesto, non soddisfano appieno la mia vanità, ma stanno cambiando le cose. Noi facciamo parte di questo movimento e dobbiamo avere delle prospettive importanti. Soprattutto però, credo che vedremo molte meno auto nei prossimi anni. Penso che le due ruote, che si tratti di biciclette, monopattini o moto, abbiano un’efficienza molto migliorie rispetto alle automobili per arrivare da punto A a punto B".
Cosa pensi succederà nel futuro di CAKE?
“Vogliamo crescere. E saremo sempre interessati alle moto da fuoristrada, ma sappiamo bene che la stragrande maggioranza dei mezzi che venderemo sarà legata al commuting urbano. Ora stiamo lavorando a una moto che possa affrontare sia il divertimento nel weekend che la settimana lavorativa del pendolare. Poi c’è anche la Ösa, un vero e proprio mezzo di trasporto per la città, ma dato che vorremmo espanderci in tutti i campi ci stiamo preparando per una moto estrema. Abbiamo molto chiara la clientela, in parte di motociclisti e in parte di quel tipo di cliente che acquista North Face o Patagonia, gente a cui piace stare all’aperto ma che vuole il premium".
Come ha reagito il mercato delle due ruote alla vostra idea?
"Onestamente non pensavo di avere tutta questa risposta dal mondo delle due ruote, ero un po’ timido per confrontarmi con queste persone. Ho sempre pensato che mi avrebbero snobbato perché tutti cercano un mostro da 1.200cc, ma in realtà c’è gente che è stata felicissima di Cake. La metà dei nostri clienti sono grandi appassionati di moto, l’altra metà non ne ha mai guidata una. È gente a cui importa l’ambiente e il divertimento outdoor”.
Il customizer El Solitario dice che le moto non hanno futuro. Come possiamo farcela? Pensi che le due ruote possano conquistare i giovani ed il mondo femminile?
“In molti dicono che il motociclismo è troppo costoso, che non c’è il posto adatto in cui andare a guidare e che disturba la quiete, cose del genere. Ed è molto esclusivo, perché a meno che tu abbia un fisico preparato non è semplice gestire una moto da 120Kg, poi servono i soldi per il meccanico o il tempo per metterci le mani quando dovresti essere al lavoro. Se penso che Cake potrebbe in parte risolvere i problemi del motorsport? Penso di sì. Tutte queste cose si risolvono con una moto elettrica come la nostra. Non serve essere Superman e fino a 85 anni, che tu sia uomo o donna, puoi goderti un mezzo come questo. Certo, le moto elettriche sono ancora molto costose, ma nel tempo le cose cambieranno. Noi vogliamo davvero supportare il mondo del racing a zero emissioni, lo vediamo come un’opportunità: non siamo in questo business per diventare ricchi, vogliamo fare qualcosa di nuovo. Che sia nel mondo delle corse o nella vita di tutti i giorni”.
Sei un uomo felice?
“Si, certo. Sono molto felice, ma ammetto di essere anche una persona molto impaziente. Penso sempre a fare passi in avanti”.
Sei contento delle vendite di Cake, ti aspetti di più o va bene così?
“Sono competitivo. In 10 anni vogliamo vendere 200.000 mezzi, l’anno scorso ne abbiamo venduti 7.000 ed il target per l’anno prossimo è di arrivare a 15.000”.
Il tuo brand preferito, senza pensarci?
“Beh, devo dirti Apple. Nessuno mette lo stesso livello di qualità in un prodotto come la Apple. Poi mi ispiro a tanti personaggi, ad esempio Renzo Piano, perché nei suoi progetti non c’è solo qualità, ma anche funzionalità. Le due cose si incontrano sempre. Infine, devo fare anche una menzione d’onore ad Öhlins, che fa un lavoro straordinario ed estremamente professionale. Per le nostre moto più specialistiche hanno costruito sospensioni apposite e non era scontato, è una grande azienda”.
Ultima domanda. L’ambassador perfetto?
“Sceglierei Barack Obama, è il mio sogno”.