KA-BU-TO. Alzi la mano chi di voi conosceva questo brand prima di vederlo in testa al Signor Aleix Espargaro, lo scorso anno, sui migliori circuiti di tutto il mondo. Eppure si tratta di un marchio storico, un marchio scelto nientemeno che da Honda, per la produzione del suo merchandising ufficiale. Che avranno di tanto speciale i caschi di questa azienda? Dove li fanno? Come li fanno? E, soprattutto, come vanno? Ci siamo fatti mandare un esemplare della linea GEOSYS per capirlo assieme a voi. Ecco cosa abbiamo scoperto.
Gli elmi dei Samurai
La storia di Kabuto è tra le più antiche dell’intero panorama mondiale, nel mondo dei caschi, e proprio a Kabuto sono dovute alcune innovazioni che hanno segnato la storia di questo settore.
Tutto ha avuto inizio nel 1948, anno della fondazione di OGK (Osaka Grip MFG. Co., Ltd.), azienda produttrice di accessori in plastica e gomma per biciclette. Nel 1974, dopo 26 anni di attività, l'azienda inizia a occuparsi di sviluppo e commercializzazione di dispositivi di protezione per la testa, dando vita a un’entità separata, che successivamente prenderà il nome di Kabuto OGK, prima di diventare soltanto Kabuto. Il nome scelto per questa attività rende omaggio a una delle tante tradizioni secolari della cultura giapponese. Kabuto è, infatti, il termine utilizzato per riferirsi ai caschi adoperati dagli antichi combattenti nipponici, compresi i Samurai.
Kabuto detiene, oggi, circa il 30 per cento della quota di mercato dei caschi per moto premium in Giappone, così come una quota molto forte dei caschi per scooter di fascia bassa e media, e del mercato dei caschi per biciclette, che è enorme in Giappone, specialmente per i bambini in età scolare.
Sul fronte delle innovazioni, merita di essere segnalato lo sviluppo, da parte di OGK, del primo casco da bici con forma aerodinamica (nel 1984 uno di questi caschi sarebbe stato indossato per conquistare una medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Los Angeles), l’introduzione del primo casco al mondo dotato di un sistema di ventilazione superiore (l’RS-1R del 1992) e del primo casco da moto a presentare una “pinna” posteriore, in grado di efficientarne il rendimento aerodinamico (il Ragles, nel 1998).
Anche la produzione ha delle caratteristiche particolari. Con una grande lungimiranza, OGK ha aperto nell’ormai lontano 1997 la sua prima fabbrica in Cina, a Qingdao. La particolarità di questo stabilimento sta nel fatto che la gestione è in capo a un team giapponese. Lo stabilimento di Qingdao produce il 99% dei suoi prodotti esclusivamente per OGK. Ciò impedisce il comune problema delle imitazioni - che spesso appaiono con prezzi fuori mercato, su marketplace con sede in Cina - e, in ogni caso, evita che stampi, materiali e competenze siano sfruttate illegalmente per produrre prodotti di altri marchi. Non è un caso, quindi, se la fabbrica di prodotti Kabuto, in Cina, sia una delle più costose del Paese, in termini di costi della forza lavoro.
Kabuto è, inoltre, partner dell'Università di Tokyo, con la quale svolge costantemente test in galleria del vento e grazie alla quale ha accesso a simulazioni con strumenti di Fluidodinamica Computazionale. Nel 2011, Kabuto ha aperto una sede in Olanda, con l'obiettivo di aumentare la sua presenza sul continente europeo. Da diverso tempo, infine, è proprio Kabuto a realizzare alcuni dei caschi che mamma Honda mette in commercio con il proprio marchio ed è proprio un GEOSYS il casco impiegato per il lancio della nuova Africa Twin 1100 Adeventure Sports 2024.
Il migliore casco adventure?
La storia di Kabuto è tra le più antiche dell’intero panorama mondiale, nel mondo dei caschi, e proprio a Kabuto sono dovute alcune innovazioni che hanno segnato la storia di questo settore.
Tutto ha avuto inizio nel 1948, anno della fondazione di OGK (Osaka Grip MFG. Co., Ltd.), azienda produttrice di accessori in plastica e gomma per biciclette. Nel 1974, dopo 26 anni di attività, l'azienda inizia a occuparsi di sviluppo e commercializzazione di dispositivi di protezione per la testa, dando vita a un’entità separata, che successivamente prenderà il nome di Kabuto OGK, prima di diventare soltanto Kabuto. Il nome scelto per questa attività rende omaggio a una delle tante tradizioni secolari della cultura giapponese. Kabuto è, infatti, il termine utilizzato per riferirsi ai caschi adoperati dagli antichi combattenti nipponici, compresi i Samurai.
Kabuto detiene, oggi, circa il 30 per cento della quota di mercato dei caschi per moto premium in Giappone, così come una quota molto forte dei caschi per scooter di fascia bassa e media, e del mercato dei caschi per biciclette, che è enorme in Giappone, specialmente per i bambini in età scolare.
Sul fronte delle innovazioni, merita di essere segnalato lo sviluppo, da parte di OGK, del primo casco da bici con forma aerodinamica (nel 1984 uno di questi caschi sarebbe stato indossato per conquistare una medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Los Angeles), l’introduzione del primo casco al mondo dotato di un sistema di ventilazione superiore (l’RS-1R del 1992) e del primo casco da moto a presentare una “pinna” posteriore, in grado di efficientarne il rendimento aerodinamico (il Ragles, nel 1998).
Anche la produzione ha delle caratteristiche particolari. Con una grande lungimiranza, OGK ha aperto nell’ormai lontano 1997 la sua prima fabbrica in Cina, a Qingdao. La particolarità di questo stabilimento sta nel fatto che la gestione è in capo a un team giapponese. Lo stabilimento di Qingdao produce il 99% dei suoi prodotti esclusivamente per OGK. Ciò impedisce il comune problema delle imitazioni - che spesso appaiono con prezzi fuori mercato, su marketplace con sede in Cina - e, in ogni caso, evita che stampi, materiali e competenze siano sfruttate illegalmente per produrre prodotti di altri marchi. Non è un caso, quindi, se la fabbrica di prodotti Kabuto, in Cina, sia una delle più costose del Paese, in termini di costi della forza lavoro.
Kabuto è, inoltre, partner dell'Università di Tokyo, con la quale svolge costantemente test in galleria del vento e grazie alla quale ha accesso a simulazioni con strumenti di Fluidodinamica Computazionale. Nel 2011, Kabuto ha aperto una sede in Olanda, con l'obiettivo di aumentare la sua presenza sul continente europeo. Da diverso tempo, infine, è proprio Kabuto a realizzare alcuni dei caschi che mamma Honda mette in commercio con il proprio marchio ed è proprio un GEOSYS il casco impiegato per il lancio della nuova Africa Twin 1100 Adeventure Sports 2024.
Il GEOSYS MIPS
Progettato per garantire comfort e sicurezza, sia su strada che in fuoristrada, il nuovo GEOSYS MIPS si distingue, secondo Kabuto, per la sua versatilità e per l’alto tasso di innovazione tecnologica.
Il GEOSYS MIPS è omologato secondo lo standard ECE Reg. 22-06, che attesta il rispetto dei più elevati criteri di sicurezza, attualmente richiesti sul mercato. Disponibile in diverse colorazioni, tra cui Pearl White, Flat Black, Black Metallic e Flat Cool Gunmetal, e in taglie che vanno dalla XS alla XXL, si caratterizza per:
- Visiera Standard CD-1: chiara e compatibile con la lente Pinlock Original, garantisce una visibilità ottimale in ogni condizione di luce.
- Ventilazione Innovativa: il sistema di ventilazione a bilanciere, facile da operare e con ampie aperture, assicura un flusso d'aria costante, mentre la ventilazione separata sul mento previene l'appannamento e garantisce una corretta ventilazione nella zona del mento.
- Design Aerodinamico: la forma della visiera parasole riduce le turbolenze aerodinamiche e permette quattro livelli di regolazione del campo visivo. È inoltre possibile utilizzare gli occhiali con la visiera sollevata e la visiera può essere rimossa mantenendo il parasole.
- Tecnologia MIPS®: adottata esclusivamente per la versione con omologazione ECE (quindi per gli esemplari distribuiti in Europa), questa tecnologia aumenta la protezione contro le forze rotazionali in caso di impatto. Di MIPS abbiamo parlato abbondantemente proprio qui.
- Materiali: la calotta è realizzata con la tecnologia A.C.T. (Advanced Composite Technology), garantisce un'elevata resistenza e ottime performance in termini di peso.
- Comfort e Silenziosità: La forma della calotta, pensata anche per l'installazione di sistemi interfono e i guanciali, compatibili con l'uso di occhiali, assicurano comfort e riduzione del rumore, permettendo al pilota di concentrarsi completamente sulla guida.
Con un interno completamente removibile e lavabile, realizzato in materiale COOLMAX®, garantisce igiene e freschezza durature. La sua versatilità lo rende ideale per chi cerca un casco in grado di adattarsi a diverse situazioni di guida.
Tutto molto bello, direte voi, ma come va davvero una volta indossato e provato su lunghe distanze? Ora ve lo spieghiamo.
Il migliore casco adventure?
Come probabilmente saprete, se avete letto questo articolo fino a qui, non esiste segmento di mercato in maggior fermento, oggi, del settore adventure. L’offerta, da questo punto di vista, è sempre più ampia, non soltanto per quanto riguarda le moto a disposizione degli appassionati, ma anche per quanto concerne l’abbigliamento.
Ora, riuscire a trovare un giusto compromesso per dare vita a un prodotto che sappia accompagnare un motociclista lungo tratte autostradali magari anche da 8-10 ore e, al contempo, risultare comodo nella guida in fuoristrada, sia in grado di ospitare adeguatamente un interfono e abbia buone caratteristiche di insonorizzazione, come direbbe un pilota romagnolo, è una bella bega. È una bella bega perché, come sempre, la coperta è corta: vuoi un casco sportivo perfetto in fuoristrada? Sarà molto areato, ma per questo, poco insonorizzato. Sarà inoltre sprovvisto di incavi per il montaggio degli altoparlanti e facilmente non avrà una visiera. Ti interessa un casco per macinare chilometri e chilometri di autostrada? Il visierino parasole non ti servirà a nulla, anzi. Meglio optare per un classico integrale, molto più aerodinamico e molto meno rumoroso. Vuoi un casco al top della sicurezza? Meglio evitare la visiera fumé a scomparsa allora. Come fai però quando viene buio? Tocca partire con la sola visiera chiara. E di giorno, con il sole? Quante esigenze da coniugare!
E quindi come va sto GEOSYS? Quante di queste necessità è in grado di soddisfare? Partiamo subito col dire che il Kabuto GEOSYS è uno dei migliori caschi ci sia mai capitato di utilizzare, in assoluto. La calzata è davvero super (livello Arai, per capirsi), quantomeno per la forma della testa di chi vi scrive, e qualche fastidio, in questo senso, è capitato facesse la sua comparsa soltanto dopo ore e ore in sella. A creare dei punti di pressione anomali ci ha pensato probabilmente lo schiacciamento dovuto alla spinta aerodinamica. In questo senso, il GEOSYS si comporta in maniera decisamente positiva, considerando il settore di appartenenza. Il visierino parasole, infatti, fa e farà sempre una certa qual resistenza, ma le feritoie ricavate al suo interno sono in grado di scaricare abbondantemente la testa dalla pressione esercitata dall’aria durante l’avanzamento.
Curiosamente, la loro forma e l’inclinazione della visiera danno vita a un effetto opposto al c.d. effetto “vela”. In sostanza il casco non tende a far ruotare il casco all’indietro, ma, al contrario, schiaccia la mentoniera verso il basso. Inutile dire che le variabili, a questo proposito, sono molto numerose, a cominciare dall’altezza del parabrezza utilizzato e dall’altezza del guidatore. In generale, comunque, il casco si comporta più che bene, anche in questo frangente.
Ottimi sono i materiali utilizzati per gli interni con un solo interrogativo, che ci riserviamo di verificare in futuro su altre unità. In estrema sintesi, gli interni dell’esemplare in nostro possesso davano vita a un leggero, ma comunque un po’ fastidioso, cigolio. Considerate che il nostro GEOSYS era una unità da esposizione e questo difetto potrebbe rappresentare un’eccezione rispetto alle performance delle unità normalmente in commercio.
Decisamente apprezzabile è lo spazio riservato ad ospitare gli speaker di un eventuale interfono, così come la capacità di ospitare occhiali da vista.
La ventilazione è molto buona nella zona del mento, dove risulta effettivamente molto interessante la separazione tra il flusso d’aria riservato all’antiappannamento della visiera e quello dedicato alla bocca. La presa d’aria basculante sopra la fronte dà un buon apporto di aria pur se non a livelli extreme in stile Arai.
Sul fronte della rumorosità, il GEOSYS è forse il migliore casco adventure che ci sia capitato di provare ad oggi. Intendiamoci, in termini assoluti resta un casco abbastanza rumoroso, ma ciò dipende dagli inevitabili fruscii aerodinamici causati dalla visiera parasole e dall’assenza di porzioni di stoffa o di materiale in grado di isolare l’interno del casco nella zona del collo. Su una moto come una GS 1300, comunque, vi permetterà di sentire con grande facilità ciò che esce dagli altoparlanti del vostro interfono, anche a velocità autostradali.
Un plauso, infine, lo merita la visiera, per il suo sistema di sgancio super facile e per la possibilità di utilizzare una maschera da off senza doverla rimuovere. Peccato - ma è un giudizio personalissimo - per l’assenza di un visierino fumé a scomparsa: un accessorio che, per quanto faccia perdere qualcosa, in termini assoluti, quando parliamo di sicurezza del casco, risulta comunque estremamente comodo, in caso di turismo ad ampio raggio.
Quindi?
Il nuovo GEOSYS è disponibile al pubblico ad un prezzo di 300 euro nelle versioni a tinta unita e di 330 euro per quelle con grafica. Ne vale la pena? Per noi la risposta è sì. Kabuto si presenta sul mercato con una tecnologia e un’attenzione al dettaglio che trasuda giapponesità da ogni poro. Grazie alle sue interessanti strategie industriali è, in ogni caso, in grado di assicurare ai suoi prodotti dei prezzi assolutamente competitivi, risultando destinata, nel medio termine, a suscitare un sempre maggior interesse nel pubblico europeo e nostrano.