Quante volte avete sentito parlare del carattere di una moto? Tra chi di moto è appassionato è una delle frasi più comuni: “quella moto non ha carattere”. Ok ma cosa determina il carattere di una moto? In che misura questa caratteristica è in grado di influenzare il giudizio complessivo di un prodotto? Ecco, provando la nuova Moto Guzzi Stelvio, un’idea ce la siamo fatta. L’ultima arrivata della Casa di Mandello ci ha rubato un pezzo di cuore. Ecco spiegato il perché.
Quel motore
Partiamo da lontano: la nuova Moto Guzzi Stelvio è stata chiamata a sostituire uno dei modelli di maggior successo degli ultimi vent’anni della Casa dell’aquila. La Moto Guzzi Stelvio 1200, con le sue linee originali, per altro ancora attuali per certi versi, e con il suo grosso V2 da 105 CV e 113 Nm di coppia massima, si è conquistata, nel tempo, una vasta schiera di estimatori. Un progetto che, in astratto, avrebbe potuto essere evoluto, fosse altro per una piattaforma che oramai cominciava a manifestare la sua anzianità e, soprattutto, per il contestuale desiderio di rilanciare il marchio, con un progetto tutto nuovo, da parte del Gruppo Piaggio.
La nuova Stelvio nasce così sulla base di un progetto “from the scratch” come dicono gli inglesi: un motore tutto nuovo, presentato in prima battuta sulla sorella più stradale V100 Mandello e in secondo luogo declinato in chiave maxi adventure, proprio con l’erede della 1200.
Secondo migliore tradizione Guzzi, tutto ruota attorno al nuovo blocco motore. Una vera e propria opera d’arte, il primo motore raffreddato a liquido del marchio italiano, interamente riprogettato per dare vita a una serie di modelli dal futuro a lungo termine, in grado di far fronte alle normative anti inquinamento che le sempre più stringenti disposizioni imporranno in futuro, tanto in Europa, quanto negli Stati Uniti - cosa che sarebbe stata semplicemente impossibile, con il vecchio motore raffreddato ad aria.
Il nuovo V100 è così più compatto di ben 103 mm, rispetto allo small block della V85 TT, eroga una potenza pari a 115 CV a 8.700 giri/min e una coppia massima di 105 Nm a 6.750 giri minuto. Ed è proprio la coppia la cifra distintiva di questo propulsore, in grado di offrire l’80% di questo valore fin da 4.000 giri. Il nuovo propulsore ha consentito di adottare una serie di soluzioni tecniche molto interessanti e che restituiscono il valore di un progetto che, contrariamente a ciò a cui il mercato ci sta abituando negli ultimi anni, è stato tutt’altro che votato al risparmio. La classica frizione monodisco a secco dei vecchi big twin di Casa Guzzi ha così lasciato il posto a una frzione multidisco a bagno d’olio (tra l’altro con comando idraulico). Il cardano - altro elemento distintivo per Moto Guzzi, al pari di BMW - è stato riprogettato, permettendo di ridurre il peso di circa 4 Kg rispetto alla soluzione precedente. Il tutto ha portato la nuova Stelvio a far segnare un peso di 246 Kg con il pieno di benzina, a fronte di una capacità del suo serbatoio di 21 litri: un risparmio di peso impressionante, se paragonato ai 272 Kg A SECCO della vecchia 1200.
Sul fronte ciclistico, la nuova Stelvio si caratterizza per un telaio tubolare in acciaio che vede il motore come elemento stressato e portante. La zona del cannotto è stata rivista rispetto alla V100 Mandello con l’aggiunta di due attacchi in più al telaio, per conferire una maggiore rigidità a una moto che, presumibilmente, sarà utilizzata molto in coppia, magari a pieno carico, e che potrebbe essere chiamata a muoversi in contesti fuoristradistici discretamente dissestati. Sul fronte delle sospensioni, la scelta è ricaduta su due unità meccaniche: all’anteriore è presente una forcella Sachs a steli rovesciati, da 46 mm, regolabile nel precarico molla ed nella frenatura nella sola estensione, mentre al posteriore è presente un monoammortizzatore, privo di leveraggio, fornito da Kayaba, regolabile nel precarico (con comando remoto) e anch’esso nella sola estensione. Entrambe le unità hanno un’escursione pari a 170 mm. Per quanto riguarda la dimensione dei cerchi, Moto Guzzi ha deciso di orientarsi sulla soluzione più “safe” in questo momento, nel mondo delle maxi adventure: 19” all’anteriore e 17” al posteriore. Una scelta di compromesso in grado di non disorientare chi provenga da una stradale pura, lasciano al contempo un discreto margine di manovra, anche in fuoristrada. Discutibile, a nostro avviso, la scelta di non rendere disponibili anche le più raffinate unità Ohlins a controllo elettronico offerte sulla V100 Mandello.
Una decisione votata probabilmente a posizionare la moto su una fascia di prezzo più bassa, ma che presta il fianco alle poche critiche dal punto di vista dinamico, come vedremo tra poco. I cerchi sono a raggi tangenziali, di serie, mentre il comparto frenante è demandato a un impianto Brembo, con disco da 320 mm all’anteriore e 280 mm al posteriore. La pinza anteriore, ad attacco radiale, è azionata da una pompa radiale, al pari del comando frizione. Il cambio è disponibile opzionalmente con sistema quick shifter, attivo anche in scalata. Sempre sul fronte dell’elettronica la Stelvio è disponibile nella versione PFF, che sta per Piaggio Fast Forward, la divisione R&D del gruppo Piaggio con sede negli Stati Uniti. Con questo equipaggiamento la moto monta un radar anteriore e uno posteriore, che consentono l’adozione del cruise control adattivo (comunque optional, anche se comprate la versione PFF), del sistema blind spot monitoring e del forward alert collision. A proposito di radar, un breve cenno sull’estetica, per noi riuscitissima: il tema del suo posizionamento è già di per sé un bel grattacapo per i designer di auto (con un sacco di spazio a disposizione), potete solo immaginare che bega sia per chi deve disegnare una moto. Ecco, sulla nuova Stelvio, da questo punto di vista, CONTRARIAMENTE A QUANTO POTREBBE SEMBRARE DALLE FOTO DI CARTELLA STAMPA, il lavoro compiuto dai suoi progettisti è davvero azzeccato. Sia l’unità frontale, che quella posteriore, sono ben integrate all’interno della motocicletta. Come spesso ci ritroviamo a considerare, chi per mestiere scatta foto alle moto tende a ritrarle sempre da angolazioni che non corrispondono alla effettiva visuale dell’utilizzatore medio, con una conseguente falsificazione delle proporzioni restituite poi dalle moto dal vivo. Un’ultimo cenno, connesso alle linee di questa nuova Stelvio, lo merita, inoltre, l’enorme lavoro fatto dagli uomini Aprilia (che hanno sviluppato questo progetto) in galleria del vento. Pare che l’affinamento di questo aspetto abbia richiesto oltre 1.500 ore di sviluppo, ma i risultati sono davvero sopra la media. La moto è super protettiva e, in marcia, è possibile contare anche su di un parabrezza regolabile elettricamente, tramite comando a manubrio.
Capitolo prezzi: per mettersi in garage la nuova Stelvio 1000 servono almeno 16.499 euro per la versione base, che diventano 17.299 per la versione PFF.
Ok ma come va?
Per spostare la Stelvio dal cavalletto laterale serve un po’ di mestiere. Al pari dell’Honda Africa Twin provata di recente, anche sulla nuova 1000 la lunghezza scelta dai suoi progettisti per questo elemento (tra l’altro molto bello esteticamente) è piuttosto ridotto, con il risultato che la moto giace in posizione molto inclinata, necessitando di un discreto sforzo per sollevarla ogni volta. È questo, per il vero, il solo frangente in cui il peso della moto - molto ridotto rispetto alla sua progenitrice, ma comunque non propriamente una piuma - si fa sentire. Basta mettere la prima, dopo un sonoro clack, e muovere pochi metri, affinché ad emergere sia un notevole equilibrio. La triangolazione è davvero ottimale, le teste dei cilindri non disturbano e i comandi sono proprio dove ti aspetti di trovarli. Lo sterzo appare in parte un po’ troppo lontano dal corpo del guidatore. Il manubrio è piuttosto lungo e inclinato, ma si tratta di una caratteristica che nella guida non compromette, di fatto, minimamente il feeling con l’anteriore.
Come accennato in precedenza, grande protagonista è il propulsore. Ed è proprio lui, ricollegandoci a quello che dicevamo in apertura, a conferire quel “carattere” capace di rendere questa Stelvio, per certi versi, addirittura “addictive”, almeno per chi vi scrive. La libidine massima è la grande quantità di coppia su cui è possibile contare. La terza è praticamente la marcia universale, ma in generale, con qualsiasi rapporto, potrete riprendere da regimi ridicoli (1.000-1.500 giri), senza che il propulsore presti il fianco al minimo sussulto o singhiozzo. Questa pastosità, questa consistenza, sempre così marcata, portano a utilizzare la moto sempre con un rapporto in più, godendo al massimo della spinta che ogni riapertura del gas è in grado di regalare. Un po’ meno immediato è l’utilizzo del cambio, sul nostro esemplare dotato di quick shifter. Il comando a pedale è piuttosto secco, non di certo una piuma da azionare. Ma non è questo il problema. Le maggiori difficoltà dipendono dalla sua taratura piuttosto sportiva: salendo di marcia è necessario raggiungere regimi di rotazione superiori almeno ai 3.000 giri/min perché lavori a modo. Cambiate senza usare la frizione al di sotto di questo regime e vi ritroverete con la moto che muove, quasi imbizzarrita, grazie alla solidità del vincolo che esiste tra la trasmissione e la ruota posteriore, in virtù della presenza del giunto cardanico. Meglio in scalata, dove, a fronte di input necessariamente decisi, non si percepiscono particolari scossoni, anche a velocità di crociera piuttosto contenute. Le difficoltà nell’utilizzo del cambio svaniscono tuttavia utilizzando l’ottima frizione, ai regimi più bassi. Il connubio tra quest’ultima e il cambio torna, così, ad essere ottimo, regalando un bellissimo feeling al guidatore.
Sul fronte della dinamica, la moto risulta notevolmente agile, ma anche molto stabile. Merito in parte, quanto al primo aspetto, delle coperture di serie: le ottime Michelin Anakee Adventure, un pneumatico quasi “miracoloso” per grip sull’asciutto e disinvoltura con cui è in grado di affrontare off-road poco impegnativi, nonostante un disegno ibrido. Sui curvoni autostradali la moto mantiene un rigore davvero impeccabile, che consente di affrontare trasferimenti a velocità warp con la massima serenità, anche grazie all’eccellente protezione aerodinamica offerta dalla sezione anteriore. Quest’ultima, nella parte bassa della moto, consente per altro di ripararsi in maniera corretta qualora lo si desideri, ma permette anche di allargare le gambe e convogliare un po’ di aria fresca nella zona del cavallo, nelle giornate più calde. Proprio sul fronte della temperatura di esercizio, la nuova Stelvio non se la cava affatto male, se confrontata con diverse competitor. In città il calore proviene soltanto dalla zona del catalizzatore, posto sotto le caviglie. Discorso diverso per la marcia autostradale, quanto le notevoli masse d’aria calda provenienti dalla zona del motore, finiscono per investire in maniera più marcata anche il busto del pilota. A questo riguardo, ancora una volta, torniamo a insistere affinché le Case svolgano un lavoro mirato finalizzato a ridurre una problematica che nel lungo periodo rischia di trasformare le nostre amate motociclette in oggetti inutilizzabili per 3-4 mesi all’anno.
Ottima la frenata, pur se con una riserva: l’attacco del freno anteriore risulta fin troppo aggressivo, anche su strada. Considerando che questa moto dovrebbe essere utilizzabile anche in fuoristrada, un po’ di dolcezza in più sembra preferibile, su futuri aggiornamenti. A questo proposito, il comando del freno posteriore risulta molto facilmente raggiungibile (quantomeno con scarpe tecniche), agevolandone l’utilizzo più che su altre moto.
Tutto bene, quindi? Non esattamente. La nuova Stelvio potrebbe essere ancora più godibile se solo montasse delle sospensioni diverse. Sappiamo che Moto Guzzi ha in casa le unità a controllo elettronico montate dalla Mandello. Al momento nulla è stato detto al riguardo, ma è ragionevole ritenere che presto saranno introdotte anche sulla nuova Stelvio, per quanti lo desiderino. Ma anche volendo rimanere fedeli a una soluzione meccanica, le due unità con cui è equipaggiata questa moto non ci hanno convinto fino in fondo. Ci riferiamo in particolare al monoammortizzatore posteriore, dal funzionamento rivedibile.
L’assenza di un leveraggio rende, infatti, particolarmente importante la capacità di questo componente di lavorare in maniera progressiva e di copiare quanto più possibile le asperità. Caratteristiche che mancano al mono scelto dai ragazzi di Aprilia, che viene fornito di serie con un’idraulica al limite dell’”hard tail” (1,5 giri dal tutto chiuso, in estensione) e che risulta totalmente incapace di copiare adeguatamente ciò che succede sotto la sella del guidatore. Pur se regolata con impostazioni marcatamente votate al “soft”, infatti, l’unità posteriore sembra sempre in difficoltà nelle fasi di estensione, restituendo, inoltre, una risposta molto secca nel fine corsa (ad esempio su congiunzioni autostradali o su asperità anche limitatamente pronunciate). Un problema facilmente risolvibile con soluzioni after market di maggiore qualità ma che per certi versi lascia un po’ di amaro in bocca per un marchio che merita di posizionarsi come assoluto riferimento per qualità e prestigio all’interno del Gruppo Piaggio.
Quindi?
La nuova Moto Guzzi Stelvio è una moto sicuramente riuscita: bella, ben rifinita, dotata di un’ottima elettronica, bilanciata, ospitale e, soprattutto, equipaggiata con un motore in grado di regalare sensazioni davvero rare. È proprio il suo V2 a conferirle, dunque, quel carattere in grado di renderla davvero una moto diversa dalle altre. Una moto non priva di qualche difetto, più o meno marcato, ma comunque in grado di conquistare e di farti sognare ad occhi aperti quella impareggiabile sensazione di godimento che solo la sua capacità di tirarti fuori dalle curve è in grado di regalare.