Non me lo ricordo l’ultimo compleanno da padre, eppure sono padre due volte. Non me lo ricordo perché, semplicemente, non lo sapevo che sarebbe stato l’ultimo senza sentire quella parola che basta per tutte e che fa perdere di significato a tutte le altre: papà. Ho saputo del loro arrivo poco dopo aver compiuto gli anni e sono arrivati poco prima di compierli di nuovo. C’ho pensato oggi, 16 febbraio 2022, nel giorno del 43esimo compleanno di Valentino Rossi. Perché la testa è andata inevitabilmente a finire lì: al fatto che oggi il Dottore avrà la consapevolezza che sarà l’ultima volta con un pezzo in meno. Sta tutta lì la paternità: nella consapevolezza. Come qualcosa che prima non eri e poi sarai per sempre. Ma non per sempre e basta: per sempre e prima di tutto. Lui, Valentino Rossi, magari non è neanche uno che ci pensa a questa roba qua: sono cose da introspettivi, da gente che si tortura il cervello e che cerca definizioni per incasellarsi e teneri meglio in equilibrio. Lui, Valentino Rossi, invece, è uno che è leggero per natura. Ce l’ha dentro, è fatto così, in una sorta di contraddizione - ciò che probabilmente l’ha reso così carismatico - che è la profondità della leggerezza.
A Pesaro dicono che sua figlia potrebbe nascere oggi. L’ha detto anche lui qualche tempo fa in una intervista, ma non come notizia, non come suggestione su cui romanzare sopra, semplicemente come possibilità. E non ci ha costruito intorno chissà cosa (come magari abbiamo poi fatto tutti noi che facciamo il mestiere del raccontare), non ha tempestato di parole la possibilità di una coincidenza, ma ha chiuso tutto, appunto, nella leggerezza: “sarebbe figo”. Se succederà o no, se è vero che l’arrivo della mamma di Francesca Sofia Novello a Tavullia da Milano è il segno che manca solo una manciata di ore, non ha nessuna importanza, nemmeno per Valentino Rossi. Che semplicemente aspetta, dopo una vita passata a fare ciò che c’è di più distante dall’aspettare: correre via, al limite inseguire, o comunque cercare un limite da superare. Ne fa 43 Valentino Rossi e quel numero diventerà per lui un simbolo più di quanto lo sia il 46, perché quando arriva un figlio non ha più la precedenza il chi sei stato, neanche se sei stato Valentino Rossi, e ha senso, almeno come primo senso, solo quello che sarai: un padre. Sarà così anche per Vale. E sarà così con la leggerezza di Vale: ieri pilota, oggi prima di tutto papà e poi pure pilota.
E’ facendo quello che ha fatto sempre che Valentino Rossi sta aspettando: correre in pista. Questa volta, però, con due ruote in più e una nuova avventura in cui lanciarsi con lo spirito del rookie, con il 43 che diventa ancora di più un simbolo, perché segna non solo una nascita, ma anche un passaggio. Quello alle auto, quello allo “spirito del principiante”. Non deve essere una roba facile e senza la leggerezza sarebbe stato impensabile anche provarci. Perché vuoi o non vuoi è un ricominciare, un tornare (proprio come ha fatto ieri) a non essere il riferimento, magari a sbagliare pure, a provare, riprovare, solo che con meno gente intorno, senza catering di lusso, senza quella folla che ti ha osannato per una vita e, a fine giornata, mangiando pure una pastasciutta in cartone come uno che ha appena finito di lavorare e che, con addosso ancora i panni del lavoro, si riempie lo stomaco con qualcosa mentre controlla che il telefono non suoni. Magari dopo essere uscito di casa il giorno prima, salutando una compagna che potrebbe partorire da un giorno all’altro, con l’ironico rimorso di un “scusa cara, torno subito!”. Normalità. Che è una cosa a cui ambiamo tutti quanti, ma che quando ti chiami Valentino Rossi e sei stato Valentino Rossi potrebbe pure metterti una paura di quelle che paralizzano. Lo hanno raccontato un sacco di sportivi, ma loro non avevano il dono della leggerezza.
Sarà pure vero che la matematica non è una opinione, ma è sicuramente vero anche che la leggerezza, quando è consapevole e quindi non può essere chiamata superficialità, è una roba che fa miracoli. Tanto che adesso, almeno per Valentino Rossi, 43 è più di 46. Perché 43 segna una nascita e pure un passaggio, abbiamo detto, ma diventa anche rinascita. Il pilota di moto da corsa adesso è padre e pilota da corsa con il numero 46, ma è anche più normale. Normale come uno che alla prima della MotoGP in Qatar può pure decidere di non esserci. Una banalità per tutti noi, un lusso per lui che normale non è stato mai e che, adesso, rinasce normale. Sapendo, comunque, che ci sarà lo stesso, nel giallo che sarà ancora il colore dominante nella notte di Losail, nel box del Team che porta il suo nome, nelle gesta di quei ragazzi che ha aiutato a crescere grazie Ranch, all’Accademy e a un posto, Tavullia, che è di fatto un quartier generale ma che, grazie proprio alla leggerezza, con terminologie da militari non c’entra proprio niente. Tanti auguri Vale, per questi 43 di nascita, di passaggio e di rinascita: "ci siamo visti" a Valencia per la tua ultima gara (sotto il video) e adesso ci vediamo, e allo stesso tempo non ci vediamo, in Qatar!