Oggi ha vinto l'Italia. Quella dei ragazzi di Faenza che cantano un Inno di Mameli stonato e fuori tempo, piangendo e urlando. Quella di Pierre Gasly - francese di nascita ma milanese d'adozione - che a Monza conquista la sua prima vittoria, incredulo, su una monoposto che certo non poteva pretendere il miracolo di questa domenica. Ha vinto l'Italia di chi sul divano neanche ci sperava, vista la situazione Ferrari e il doppio disastro della Rossa, ma di chi poi davanti alla televisione ha pianto insieme a Gasly. Ha vinto l'Italia che oggi a Monza non c'era, causa Covid, ma che avrebbe voluto essere lì.
Ma soprattutto oggi ha vinto l'Alphatauri - ex Toro Rosso - che ha salvato la domenica, il divertimento, la patria. Team piccolo, con sede a Faenza, satellite della Red Bull. Scuderia dove orbitano i piloti scartati dalla casa madre, proprio come Gasly: rispedito tra i minori da un Helmut Marko che non perdona errori.
E invece proprio a Monza, dove la Toro Rosso vinse la sua unica gara nel 2008 con un Sebastian Vettel bambino al suo primo successo in carriera, l'Alphatauri torna a vincere.
Lo fa con un Gasly che a soli 23 anni sembrava un pilota fallito, uscito perdente dal confronto con Verstappen e rispedito nel team satellite a metà mondiale, e che oggi si prende la sua rivincita arrivando più in alto di tutti: ben davanti al suo compagno di squadra Kvjiat, a quel Verstappen che lo aveva distrutto e anche ad Alex Albon, il pilota che nella scorsa stagione si è preso il suo posto in Red Bull.
Ma se quella di Gasly è la prova della vita, arrivata in una gara pazza e piena di colpi di scena, il Gran Premio di Monza accende l'interesse su un mondiale che si era ormai spento, relegato al solo dominio Mercedes. E invece nel tempio della velocità quest'anno ci rendiamo conto che l'Italia può vincere anche senza Ferrari, che il perfetto Charles Leclerc può anche non essere così perfetto, che etichettare un pilota in meno di una stagione può essere una delle scelte più sbagliate di sempre e che - nonostante Lewis Hamilton sia un uomo solo al comando - la Formula 1 non è fatta di sole Mercedes.
E per queste emozioni, che ci hanno restituito la gioia dell'essere italiani nella domenica di Monza, quest'anno non dobbiamo ringraziare la Ferrari. Ma dobbiamo dire grazie a questo ragazzo incredulo, emozionatissimo, e al coro stonato di un gruppo di supereroi di Faenza.