Viviamo in un mondo meraviglioso. Siamo devastati da qualsiasi tipo di emergenza, che sia una pandemia, la guerra, l’aumento dei prezzi di qualsiasi cosa, il cambiamento climatico, terremoti, alluvioni e via discorrendo, davvero non ci stiamo facendo mancare nulla, ma la nostra attenzione è costantemente distratta da notizie che anche solo a definirle notizie si prova un certo imbarazzo per la categoria dei giornalisti, categoria cui mi onoro di non appartenere, l’eliminazione dopo neanche ventiquattro ore dall’ingresso nella casa del Grande Fratello VIP di Riccardo Fogli causa bestemmia, il presunto cyberbullismo subito da Alessandra Amoroso per essere diventata un meme al grido di “mi alzo tutta cacata” sulle note della sua Stanza 209, il ritorno in classifica di T’appartengo di Ambra a distanza di quasi trent’anni dalla sua prima volta, un po’ come accaduto a Running Up That Hill di Kate Bush, nel primo caso complice l’averla eseguita in un balletto alla finale di X Factor e una certa fluidità dilagante sui social, nell’altra l’essere stata inserita come colonna sonora della quarta stagione di Stranger Things; le dissertazioni su quanto in effetti gli imbarazzanti commenti pro-Argentina di Lele Adani dentro il servizio pubblico stiano facendo tifare gli spettatori per chiunque non sia, parole sue, l’albiceleste, con gente che arriva a augurarsi un intervento di chicchessia alla Roy Keane sulle caviglie di Messi, che di suo non è che stia facendo del resto nulla per apparire meno antipatico di quanto in effetti non sia. Argomenti di cui, in un mondo normale, proveremmo disagio anche solo a sentir parlare al bar, e che invece sembrano essere diventati centrali, spingono personaggi pubblici ad appelli, portano a litigare con persone che probabilmente neanche sappiamo chi siano, occupano militarmente la nostra attenzione, forma subdola di quella distrazione di massa che farebbe la gioia, c’è da scommetterci, di uno dei tanti complottisti che, proprio a causa delle emergenze di cui sopra hanno visto il proprio disagio mentale sdoganato, complici i social lì a dar voce a tutti.
Chiaramente, perché le emergenze di cui sopra creino stress anche a me, o solo a me, questo esattamente non l’ho ancora capito, non sono immune dal prendere parte a certe tenzoni, finendo spesso, troppo spesso, per accodarmi all’argomento del giorno, forse ormai sarebbe da dire dell’ora. Certo, incapace come sono di cogliere l’attimo, problema mio che non ho mai provato ad aggiustare nel tempo, finisco spesso per entrare in un certo argomento quando ormai quell’argomento è sgonfiato di ogni interesse, perché fortunatamente parliamo di interessi effimeri, che non lasciano alcuna traccia, e per di più nel farlo presento quasi sempre punti di vista che, fossi al vaglio dell’attenzione della giuria norimberghiana che si premura di sancire cosa sia ormai lecito o non lecito dire, lecito o non lecito fare, la cancel culture, il politicamente corretto, tutte quelle faccende lì, finirei costantemente sotto processo, probabilmente condannato a morte per crimini contro l’umanità. Parlo ovviamente di quell’umanità fragile e ipersensibile che esiste oggi, dove ognuno può essere il rappresentante di una minoranza di cui magari è il solo rappresentante, e non per questo non merita rispetto, ci mancherebbe altro, ma che non tiene mai conto del contesto, non è in grado di praticare non solo una lettura complessa, spesso neanche quella elementare, insomma, si offende e si sente ferita per qualsiasi frase sia anche solo vagamente interpretabile, figuriamoci se l’interpretazione è esattamente quella per cui dovrebbe offendersi. Quasi sempre, però, sfuggo alle censure, forse troppo invisibile per essere condannato, o magari semplicemente considerato a mia volta parte di una minoranza degna di essere difesa, quella degli zii ubriachi che a Natale si alzano da tavola, tintinnando la forchetta sul bicchiere del servizio buono, e quando ha l’attenzione di tutti, bambini compresi, sproloquia andando a raccontare una barzelletta sconcia, di quelle che rovinano irrimediabilmente l’atmosfera festosa. Un matto, ecco, o semplicemente un disagiato asociale, a seconda di come la si voglia vedere. Certo, me lo dico da solo, dotato di un buon eloquio, in fin dei conti da circa seicentoparole, cinquecentonovantotto per la precisione, ora sono seicentoquattro, sto parlando praticamente del nulla, lasciando magari intendere che è da questo nulla che voglio prendere le distanze, seicentoventitré, come chi usa frasi quali “lungi da me il voler star qui a criticare la parola femminicidio”, salvo poi star lì a criticare la parola femminicidio, o, peggio, di chi per stigmatizzare una immagine che ritiene sessista, razzista o quel che è, la condivide contribuendo così a renderla virale, lo star qui a mettere le mani avanti non mi esime dal dover ammettere di non essere migliore degli altri, solo incredibilmente più stiloso.
Ora, premesso che, da cattolico, trovo abbastanza irritante l’ipocrita stigma che avvolge le bestemmie in programmi che veicolano messaggi negativi di tutti i tipi, come uno scudo con la croce che non copra altro che il culo – quindi, fosse stato per me, Riccardo Fogli andava eliminato solo per il fatto di esserci entrato in una fogna come quella, non certo per la bestemmia. Premesso che trovo che definire i meme della Amoroso cyberbullismo, tirando in ballo l’isolamento subito da Mia Martini, isolamento partito e rimasto nell’alveo del mondo dello spettacolo, presso il quale ancora oggi a citarla si vedono quei medesimi gesti agghiaccianti, è quantomeno ridicolo, perché i meme sono appunto meme, le parodie parodie e non fanno che creare hype anche nei confronti di chi li subisce, uso volutamente una parola a sua volta eccessiva, e comunque la Amoroso ha le spalle larghe che chi subisce cyberbullismo assolutamente non ha. Essersi resa poco simpatica per la faccenda del cuscino non autografato, credo che tutto sia partito da lì, non ha aiutato, certo, ma rimane una popstar con uno zoccolo duro di fan, una al cui fianco sono scesi in tanti colleghi, cosa che alla Martini non era affatto accaduta, e soprattutto, mi alzo ancora cacata è decisamente la canzone più interessante del suo repertorio a oggi, chi l’ha ideata ha decisamente apportato una miglioria di cui dovrebbe essere grata, penso. Anzi, fossi in lei farei proprio una versione di quel brano lì, sui social, ammazzando gli hater e uscendone fortificata, tridimensionale e affatto piagnona. Premesso che no, T’appartengo non è entrata in classifica, né ci entrerà, perché la fluidità di cui sopra è di facciata, lo streaming lo muovono ragazzini rozzi che ascoltano trapper che chiamano quelli che ascoltano T’appartango di Ambra froci, a andar bene; detto anche che solo pensare di allestire un parallelismo tra Kate Bush e Ambra ha fatto prendere un ictus a Simon Reynolds, immagino. Ccomunque Ambra ci ha messo una vita per provare a scrollarsi di dosso Non è la Rai ma sempre lì finisce per tornare, se ne faccia una ragione una volta per tutte. A tal riguardo gira un meme, siamo sempre lì, di uno che sarebbe andato sulla pagina di Radio Maria postando il testo di T’appartengo come fosse una preghiera, con conseguenti ringraziamenti e inni a Dio e alla Madonna da parte di altri commentatori, evidentemente ignari di come Non è la Rai fosse un programma vaghissimamente malizioso, vedi tu questo mondo come non ci sta davveo facendo mancare nulla.
Premesso tutto questo, e premesso anche che no, Messi non è assolutamente paragonabile a Maradona, perché il calcio contemporaneo non è paragonabile a quello di quando Maradona giocava, innanzitutto, e perché Maradona è irripetibile, anche per quel suo star sul culo alle istituzioni, cosa che chi ha militato a lungo nel Barcellona e ora nel PSG, direi, a occhio, non può certo annoverare nel suo CV, anche volendo lasciare da parte proprio l’incapacità della pulce di conquistare i cuori di chi lo guarda giocare a calcio, la totale assenza di gioia applicata al pallone vs la fantasia al potere del Pibe de Oro. Premesso che andare in Qatar e parlare di cammelli sarebbe come venire in Italia e parlare di pizza, spaghetti, mandolini e mafia, premesso che lo spagnolo è una bellissima lingua che nulla ha a che vedere con quella storpiata in maniera macceronica, sì, faccio anche io Adani, ora, da Adani stesso; che almeno sul fatto che le sue esultanze da tifoso, le sue frasi stucchevoli sul gioco del pallone, chiamato sempre così, gioco del pallone, come se a qualcuno sfuggisse cosa stia lì a commentare, il suo riportare sempre tutto a un livello di comunicazione elementare, nel senso che sarebbe degno di un bambino che frequenta le scuole elementari, oggi chiamate primarie di primo grado; tutto questo ha reso Adani talmente odioso da spingere chiunque a tifare contro l’Argentina, operazione sulla carta complicata, dal momento che in lizza c’è l’odiata Francia, al punto che oggi si trovano in natura leghisti, i pochi sopravvissuti alla cura inflitta al partito da Matteo Salvini, che tifano Marocco, squadra che in effetti ha molto in comune con le due Italie, quella di Bearzot e quella di Lippi, che hanno portato a casa la Coppa Rimet, squadra di carattere, cazzimma, priva però di un campione assoluto, alla Maradona, appunto. Ci sono cascato di nuovo. No, non sono meglio degli altri, ma almeno non sono pagato dal servizio pubblico e non mi ostino a parlare in lingue di cui non conosco la grammatica né la pronuncia. Spero proprio che però prima o poi almeno si faccia perdonare con un meme nel quale canta, “mi sveglio ancora pagato”, la medesima arroganza degli argentini che irridono gli olandesi sconfitti ai rigori gli farebbe quantomeno onore.