Questo campionato del mondo, più di molti altri, ci sta mostrando giorno dopo giorno quanto le parole siano sempre di più capaci di assumere un peso e un’importanza a cui dobbiamo iniziare a prestare attenzione. Penso – solo per citarne alcune - alle parole libertà o diversità e ancora alle parole diritto e occasione. La libertà di vivere la propria vita e le proprie emozioni come meglio vogliamo, la diversità che non va condannata ma esaltata. Il diritto di uscire di casa per andare a lavorare e tornare a casa, la sera, vivi e l’occasione (per qualcuno ultima) che molti campioni in questo mondiale stanno o non stanno sfruttando. E poi c’è un’altra parola di cui si sta abusando in queste ore ed è favola (che comunque è sempre meglio del concetto molto Anni Ottanta di: squadra Cenerentola) riferita al Marocco e al suo cammino – fino a qui – impeccabile ai Mondiali del Qatar. Ma chi lo dice commette un gravissimo errore e manifesta una scarsa conoscenza del calcio.
Sull’errato utilizzo di questa parola ci sono due possibili strade che si escludono a vicenda. Chi parla di favola o è convinto che i giocatori marocchini siano dei venditori di tappeti che fino a un mese fa perdevano tempo a bere tè alla menta in piazza Jamal El Fna a Marrakech, oppure chi parla di favola conosce poco il gioco del calcio. Questa seconda opzione è l’ipotesi più concreta e vi spiego perché: ben 19 calciatori del Marocco su 25 giocano nei principali campionati europei. Molti hanno decine e decine di esperienze in Champions League o Europa League e altri ancora sono abituati a competere per il primato nazionale… Quello che sto provando a dire è che se parliamo di Favola Marocco (con buona pace di tutti i Tg Mediaset che domani sera prenderanno d’assalto qualche ristorante marocchino di Milano per vedere in diretta la partita con “il popolo”) stiamo in un certo qual modo sostenendo la tesi dei venditori di tappeti espressa qualche riga più in alto, quando invece la verità è che il Marocco è una nazionale composta da ottimi elementi a cui sta riuscendo tutto e che con concentrazione e dedizione, un briciolo di fortuna e un approccio alle partite alla Edy Reja (in cui prima di tutto conta non prenderle e poi vediamo che succede) è arrivata dove nessuna squadra africana era mai stata.
E allora che cos’è questo Marocco? Il denaro non spiega tutto, ma se si tratta di calcio possiamo dire che nove volte su dieci ci aiuta a capire meglio il contesto in cui ci stiamo muovendo. Allora per scattare una fotografia della rosa del Marocco vi basti pensare che Hakimi (PSG) oltre ad avere una quotazione mostruosa (65 milioni di euro) è anche il cinquantesimo calciatore più pagato al mondo (guadagna quasi 15 milioni di euro l’anno). Dopo di lui ci osno il terzino destro Mazraoui e il centrale difensivo Aguerd con 25 milioni euro (rispettivamente giocatori di Bayern Monaco e West Ham) e poi il trequartista del Chelsea Ziyech che ha un valore di mercato pari a 17 milioni di euro per arrivare poi al portiere del Siviglia Bono (fino ad oggi tra i protagonisti indiscussi) che vale - almeno fino alla prossima partita - 15 milioni di euro e l’Italiano Amrabat che molti tifosi viola mal sopportano e che invece in Qatar sta dimostrando grande personalità e che vale 10 milioni di euro.
Insomma, tirando le somme: campionati italiani, francesi, spagnoli, belgi, olandesi, ovviamente marocchini e relative supercoppe. Ma anche Champions League, Europa League, super coppe europee e campionati del mondo per club e in mezzo a tutto questo luccichio di medaglie consentitemi pure di metterci il campionato di Lega Pro vinto da Walid Cheddira che quest’anno sta facendo un campionato pazzesco con il Bari in serie B (9 reti in 12 partite). Quando parliamo di scommesse, cenerentole, underdogs o favole spesso ci immaginiamo il sedicente dentista nord coreano che segnò all’Italia, tale Pak Doo Ik, ai mondiali del 1966 o ci vengono in mente i calciatori del nord Europa che - più per scherno, in realtà – vengono additati come pescatori o boscaioli. C’è chi pensa alla Danimarca del 1992, ma solo per il modo in cui fu ripescata (da esclusa) e chi a qualche avventurosa compagine inglese che partendo dal semiprofessionismo arrivò a dar fastidio alle grandi. Ma di certo non si può mancare così tanto di rispetto al Marocco che non sarà la miglior squadra possibile ma non è nemmeno una squadra di scappati di casa. O una cenerentola, per dirla in maniera politicamente corretta. Per citare Brera nel post Italia – Argentina del 1982, ogni tanto nel calcio accade che non vince sempre il migliore sennò sai che noia, ma invece vince pure chi riesce ad avere un’idea e a portarla avanti con costanza e determinazione. E questo è oggi il Marocco. Questa se volete è la vera favola.