Ai miracoli non si può chiedere il bis. E nessuno osava domandare, ad Alex Zanardi, la replica della sua resurrezione. Non quest’anno, in un 2020 in cui tutto quello che poteva andare male, è andato male per davvero.
“La vita a volte riserva un destino beffardo, appare maledetta e bastarda, ma devi amarla lo stesso” disse Zanardi parlando di Michael Schumacher, poco prima di quel 19 giugno, giorno del suo incidente in handbike.
Maledetta e bastarda con il Kaiser, che quest’anno avremmo dovuto vedere nel paddock di Formula 2, invecchiato e stempiato, a fare un tifo insopportabile per il figlio Mick, ad esultare per il suo passaggio nella classe regina. Avremmo dovuto lamentarci di lui, del suo essere così instancabilmente al centro di tutte le attenzioni, potendo scegliere ancora se amare od odiare quel dio tedesco della velocità.
Maledetta e bastarda con Alex, già sopravvissuto al massacro del Lausitzring. Quattro giorni di coma, quindici operazioni, un’estrema unzione finita male. Più di quanto si potrebbe sopportare in una vita intera, tutto insieme, veloce come due tagli netti sopra alle ginocchia, doloroso come il bisogno di rimettersi in piedi, senza gambe.
Nessuno osava chiedere, proprio quest’anno, l'ennesimo miracolo a questi due supereroi. Ma qualche volta il destino "è beffardo" anche così, capace di darti ciò che ti serve, quando non sai di averne bisogno.
Lungo due binari diversi, Michael Schumacher e Alex Zanardi - a pochi passi da un Natale in cui non ci riconosciamo più - ci regalano quello di cui abbiamo davvero bisogno: la speranza.
Alex ci vede, sente, fa ok con il dito e gira la testa per indicare la moglie Daniela. Lo scrive Carlo Vendelli sul Corriere della Sera e tutta Italia tira un sospiro di sollievo. Ai miracoli non si potrà chiedere il bis, ma non ditelo a Zanardi da Castel Maggiore, che il bis sembra farlo eccome.
Di Schumacher non si sa molto, e Natale è sempre tempo di bilanci per chi il Kaiser lo ha amato, lo ha odiato, lo ha maledetto per quel giorno sulle piste da sci: l'incidente il 29 dicembre, il compleanno il 3 gennaio, la neve che a Meribel lo ha reso un uomo diverso, quasi sette anni fa.
Oggi, nel giorno del pollice alzato di Alex Zanardi, sempre sul Corriere della Sera, Michael Schumacher ci regala la seconda speranza di questo Natale.
Non è una cura sperimentale, un'indiscrezione medica, un miracoloso miglioramento.
La speranza di Michael si chiama Mick, suo figlio. In una lunga intervista di Giorgio Terruzzi Mick racconta papà, pur non parlandone mai per davvero. I paradossi dell'amore, dell'essere figlio di una divinità, del riuscire a portare un cognome che vuol dire tante cose, sofferenza compresa. Mick è la speranza di Michael, che torna così a correre in Formula 1 grazie a suo figlio, ed è la nostra, che ce lo immaginiamo tifare, chissà come e chissà dove, come solo lui potrebbe fare.
Un pollice alzato, un paio di occhi azzurri che rendono orgoglioso papà. Due cose da niente, nascoste sotto l'albero malconcio di questo Natale, che contengono la speranza di tutti. L'unica cosa di cui abbiamo davvero bisogno.
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