A metà campionato, almeno per quanto riguarda la classifica dei migliori comunicatori, Cristian Chivu è primo staccato rispetto a tutti gli altri. Per chiarezza, originalità (occhio a non finire schiavo del personaggio), concretezza e valori che cerca di esprimere. L’allenatore dell’Inter ha affrontato con umiltà un incarico pesante sulla panchina dei nerazzurri post Simone Inzaghi. Un’eredità impegnativa sia emotivamente che tatticamente. Nelle dichiarazioni, dicevamo, Chivu è persino superiore al predecessore: “A me quello che dice Conte non interessa”. L’allenatore del Napoli aveva, come sempre, trovato il modo di spostare l’attenzione sugli altri: i rivali, troppo avanti rispetto alla sua squadra, troppo ricchi e strutturati, troppo stipendiati, troppo tutto. Se invece il Napoli vincerà, il merito sarà solo suo, artefice di un’impresa. Antonio Conte in purezza. Se per la storia dei club il mister avrebbe ragione (impareggiabili gli scudetti vinti dalle milanesi e dalla Juventus), il contemporaneo è ben diverso: Aurelio De Laurentiis può spendere, e lo fa bene. In conferenza, in risposta un’altra domanda su Conte, Chivu ha ribadito il concetto espresso dopo la partita: “Ho già detto che quello che dice Conte non mi interessa, mantengo la coerenza. Poi se siamo abituati a fare casino, facciamo casino ma io non lo farò. Bisogna trasmettere dei valori, si può giocare a calcio anche senza mescolarlo con altre cose che lasciano certi odori. Chi fa casino, può continuare tranquillamente. Noi lavoriamo sodo per essere competitivi”.
Un atteggiamento ben diverso da quello avuto, per esempio, da Massimiliano Allegri in Supercoppa italiana, polemico e offensivo nei confronti di Lele Oriali: “Sei un cogli*ne, un leccapiedi”. L’allenatore del Milan ha ricevuto 10mila euro di multa per le sue parole. Un buffetto, niente più, anche meno di una sanzione simbolica. Stesso registro quello scelto da Michele Criscitiello, capo e conduttore di Sportitalia, nel suo editoriale: “(Oriali, ndr) Si sarebbe goduto la pensione sul divano di casa e forse nessuno avrebbe sentito la sua mancanza”. Ma nel suo editoriale fa pure di peggio: “Fa il vigile urbano ad Antonio, porta la valigia ad Antonio e probabilmente gli porta la colazione a casa tutte le mattine”. Alla faccia del rispetto, parola inflazionatissima nel panorama calcistico italiano. Tutti lo chiedono (agli arbitri, alla Lega, ai club, a chiunque), nessuno è disposto a concederlo. Più che di rispetto, forse, bisognerebbe parlare di stile.
Bisogna dare uno stile al proprio carattere, diceva il filosofo. Uno qualsiasi, basta non lasciarsi andare all’assenza di forma, saranno poi gli individui a decidere quale sia la migliore, la più adeguata o la più giusta. La versione di Criscitiello e Allegri da una parte, Chivu e la sua pacatezza dall’altra. Offendere o alludere non è la stessa cosa. C’è un odore che circola i Serie A: viene dalla paura di qualcuno e dalle parole di qualcun altro.