È stato un divorzio sofferto quello tra Andrea Dovizioso e la Ducati che, dopo otto anni insieme, si sono separati nel peggiore dei modi, andando anche a compromettere una stagione in cui un’approccio più sereno avrebbe potuto portare ad un risultato diverso. Andrea Dovizioso, ormai libero da vincoli contrattuali, ha raccontato la sua versione dei fatti a Paolo Ianieri della Gazzetta dello Sport senza lasciare grande spazio ad interpretazioni. Ecco i passaggi più interessanti.
Innanzitutto, Dovizioso correrà nel motocross, è ufficiale: “Ho preso il calendario e scritto tutte le gare del campionato regionale e italiano. Sono 28! E la prima è il 28 febbraio”. ha raccontato il Dovi che, al contempo, ha capito che potrebbe scendere in pista per i test di Sepang ed in Qatar senza saltare nessun appuntamento col tassello. Ma sull’eventuale sostituzione di Marc Marquez ancora non ha ricevuto una proposta: “Qualcosa accadrà, ma che giorno e cosa, non ne ho idea. Non abbiamo nulla sul tavolo. Voglio vedere cosa mi propongono, se lo faranno. Io ho la mia idea”.
Lungo e articolato, invece, il racconto sugli anni passati in Ducati. Dalla sensazione di aver corso “come se fossi separato in casa” ai lunghi indugi da parte della Casa Bolognese su di un’eventuale rinnovo. “Non c’è stato un comportamento trasparente - spiega Dovizioso - a differenza di Petrucci, a cui prima della stagione è stato detto che non ci sarebbe stato posto. Ma poi Gigi Dall’Igna ha dichiarato che in quel famoso meeting fatto a metà 2019 tra il Sachsenring e l’Austria, aveva capito che era finita”.
Secondo Andrea Dovizioso non è stato in quel momento che le strade tra lui e Ducati si sono divise, e per questo pensa che non averlo avvisato prima sia stata una mancanza di rispetto da parte di Dall’Igna: “Quello (l’incontro a metà 2019, ndr.) doveva essere un meeting tecnico. C’erano idee diverse, c’era attrito e volevamo un incontro con tutti gli ingegneri. È iniziato come meeting tecnico, ma è diventato un confronto tra noi due e, non so come descriverlo, Gigi si è sentito...colpito, attaccato. Per me lui lì ha chiuso le porte, ma le ha chiuse stando zitto. E quel che dice è la conferma. Però nel 2020 sono state fatte dichiarazioni sulla mia motivazione. Ora sappiamo che non era la verità. Non è stato trasparente. Perché la situazione in Ducati nel 2020 era quella del 2019, del 2018…".
Resta clamoroso il fatto che Dovizioso, nel 2020, non ha mai ricevuto una proposta da Ducati, nemmeno una troppo bassa per lui: “Nel 2020 non c’è mai stata una vera proposta - racconta Andrea - Si diceva che Dovizioso chiedeva questo o Ducati poteva dare questo... tutte balle. Non abbiamo mai negoziato, soprattutto non è mai arrivata un’offerta. E, quindi, non ne abbiamo mai rifiutato una bassa. È la conferma che nella riunione del 2019 per Gigi è finita”.
Poi Andrea spiega che ad aver deciso di estrometterlo da Ducati è stato Dall’Igna, non l’intero staff Ducati: “Queste decisioni arrivano solo da Gigi. Si parla di Ducati ma è sbagliato, tutte le decisioni prese da quando c’è lui, sono sue. Come Lorenzo al posto di Marquez nel 2017. A inizio 2016 c’era stata la possibilità di prenderlo, ma Gigi aveva già deciso di volere Lorenzo. Per andar d’accordo con Gigi non devi metterti contro. Invece, sostenendo io certe idee, siamo andati in contrasto. Altre Case hanno fatto conferenze chiedendo scusa ai piloti, noi mai. Il pilota in Ducati ha sempre più pressione. “Si può fare di più, si può fare di più”, ed è vero. E indipendente che tu sia secondo nel Mondiale o la prima o terza Ducati, viene trasmesso questo. Finché vai bene ok, ma appena fai male...boom, disastro. Una gara, due, un anno, due, fatichi a essere rilassato”.
Dovizioso spiega anche che il rapporto con Gigi Dall’Igna, durante l’anno appena concluso, è stato prossimo allo zero. Ma al contempo racconta che negli anni precedenti non era certo idilliaco:“Zero nel 2020, ma negli anni passati era... 30%? Non di più. Da quando è arrivato Jorge - ma non perché c’era lui -, dal 2017 a forza di discutere e andare in contrasto io e la mia squadra ci siamo un po’ isolati. Non abbiamo più parlato per sviluppare la moto, solo commentato cosa succedeva. Da un lato la vivi meglio, ti incazzi meno. Ma per me in un team ufficiale serve lavorare per fare prestazione e sviluppo. Non ci sono stati più meeting per sviluppare la moto. Eppure in Ducati c’è il potenziale per farlo, competenza e bravura sono altissime. È l’unica cosa che mi fa arrabbiare di questi 8 anni, difficili ma spettacolari, con un approccio diverso avremmo potuto fare di più. Dal 2017 con Gigi non ci siamo più messi con tranquillità a parlare. No. Io davo il feedback, lui lo prendeva e gestiva nel migliore dei modi. Come in F1. L’impostazione del team è così: più ingegneri e gestione di tante cose. E per me la Ducati, rispetto ad altre Case, è più brava a farlo. Per questo siamo rimasti competitivi, anche se la moto, la somma di tutto, non lo era altrettanto. È mancata la visione dall’alto della moto”.
Quando gli viene chiesto di riassumere i suoi otto anni in Ducati, Dovizioso si toglie un altro sassolino dalla scarpa: "Ricordo di più i bei risultati. Il 2017, il 2018 e un po’ il 2019 sono stati spettacolari. Il DesmoDovi non era un nome messo così. Io ho dato l’anima, credevo veramente in questo progetto. A differenza di certe persone in Ducati che hanno sempre visto il non provarci a sufficienza da parte mia...Chi ha visto questo è davvero limitato, legge certe dinamiche in modo sbagliato. Se uno pensa che non ho messo impegno e dedizione, è totalmente fuori strada. E dovrebbe cambiare lavoro”.
Infine, Dovizioso spiega la sua versione dei fatti sul caso Yamaha, che non è stata penalizzata a sufficienza per aver messo mano alle valvole del motore nonostante il congelamento dello sviluppo. A suo tempo però, Ducati non fece ricorso, una scelta che Dovizioso considera puramente economica: “Non ha senso. Se si riconosce che è stato fatto qualcosa fuori dalle regole non esiste penalizzare la Casa e non i piloti. La Ducati, se fosse stata corretta, avrebbe dovuto dirmelo e noi avremmo potuto muoverci nei limiti possibili. Non è stato fatto, e mi è costato il 3° posto e un sacco di soldi in premi”.