“Bayern, 6 campione”. Titola così la Gazzetta dello sport di questa mattina per la vittoria della squadra bavarese e poi aggiunge un particolare interessante: “Psg battuto 1-0, trionfa il modello tedesco". Un episodio è emblematico. E cioè la batosta inflitta dal Bayern al Barcellona nei quarti di finale: 8 gol a 2. Ma è guardando le formazioni, che balza all’occhio la differenza di mentalità con la quale sono state costruite le due formazioni. L’undici bavarese, infatti, è costato 20 milioni di euro in meno del solo Griezmann, ultimo colpo di grido dei catalani, oggi valutato più come un rimpianto. Non a caso, poi, la finale contro il Psg è stata decisa da Kingsley Coman, venduto dalla Juve ancora giovanissimo come un giocatore tutto fumo e niente arrosto e poi, dopo una crescita costante, diventato il mattatore della finale più ambita.
Le scelte controcorrente rispetto alle spese pazze dei diretti concorrenti partono dall’allenatore Flick, con un investimento interno a costo zero dopo le dimissioni di Kovac in autunno, e proseguono con un efficacissimo lavoro di scouting mondiale per trovare i giocatori più interessanti a costi abbordabili e da far maturare in casa.
Lavorare meno, lavorare tutti
Altra frontiera del “modello tedesco” è nel mondo del lavoro e parte dal settore delle auto. Il Kurzarbeit, il "lavoro breve", la settimana corta, potrebbe salvare migliaia di posti di lavoro nell’industria automobilistica. È la situazione paradossale a cui va incontro la Germania, che ha fondato la sua potenza industriale proprio sul settore dell’auto. I colossi automobilistici tedeschi, secondo i dati dell’agenzia federale del lavoro, solo in Germania hanno 830mila dipendenti e da soli rappresentano almeno il 5% del Pil tedesco. Ma il dieselgate e la pandemia rischiano di mettere in ginocchio una delle colonne portanti della locomotiva europea.
«Entro il 2030, 400mila dipendenti potrebbero essere licenziati nel settore automobilistico in Germania». Questo l’allarme lanciato dal quotidiano Bild e da altri media tedeschi che ovviamente hanno subito coinvolto il potente sindacato Ig Metall. «Per evitare licenziamenti dobbiamo far lavorare tutti ma di meno», è stata la proposta del leader sindacale Jörg Hoffman che poi in un’intervista al quotidiano Süddeutsche Zeitung ha precisato: «Il Kurzarbeit, la settimana lavorativa più breve sarebbe la giusta risposta ai cambiamenti strutturali in settori come quello automobilistico». Il sindacato sta pensando a quattro giorni lavorativi o a 28 ore settimanali.
Il Fisco alla tedesca
Quattro scaglioni a una maxi aliquota variabile che cresce all'aumentare del reddito nella fascia dove si concentrano la maggior parte dei contribuenti. Sono alcuni delle caratteristiche principali del sistema fiscale tedesco. Un possibile modello per la prossima riforma del Fisco che ha in cantiere il governo italiano, stando a quanto anticipato dal ministro dell'Economia Roberto Gualtieri nella sua intervista a Repubblica. Il sistema fiscale tedesco fissa innanzitutto la no tax area, cioè la soglia di reddito sotto la quale non si paga alcuna imposta, a 9000 euro. Oltre questa soglia e fino a 54.949 euro l'aliquota sale proporzionalmente con l'aumentare del reddito, partendo dal 14 per cento e arrivando al 42 per cento. Dai 54.950 euro ai 260.532 euro è prevista una aliquota al 42 per cento mentre oltre questa soglia l'aliquota sale al 45 per cento. Nel caso coppie legalmente riconosciute presentino congiuntamente la dichiarazione dei redditi, le soglie per gli scaglioni di reddito vengono raddoppiate.
Pensioni alla tedesca
Anche per la riforma delle pensioni si guarda al modello tedesco. Non facilmente adattabile all’Italia, ma sicuramente un’opzione gradita alla Merkel. Anche in Germania esiste un problema pensioni, ma diversamente dall’Italia, il debito pubblico federale consente maggiori margini di sostenibilità nel tempo senza dover stravolgere il sistema pensionistico. In Germania le pensioni (deutsche rentenversicherung) sono mediamente più basse che in Italia, ma solo perché la percentuale dei contributi versati ammonta nella quasi generalità dei casi al 19,5% dello stipendio contro il 33% circa da noi. Al momento in Germania si va in pensione a 65 anni e 6 mesi anni (dal 2021 a 66 e per i nati dopo il 1963 a 67 anni) e vige un modello a tre pilastri. Il primo di questi pilastri è costituito dalla pensione statale, il secondo è costituito da pensioni integrative alle quali cui lo Stato contribuisce con un supporto economico ed è rivolto ai lavoratori dipendenti. Il terzo pilastro è invece costituito dalle pensioni private, a libera scelta del lavoratore. A differenza che in Italia, la pensione in Germania è da sempre legata ai contributi versati, metà a carico del lavoratore metà a carico del datore di lavoro e il sistema di calcolo è sempre stato quello contributivo, il che porta a concludere che l’importo della pensione è mediamente più basso che in Italia, meno del 50% della retribuzione.