L’Atalanta esce ai quarti di finale. Da 1-0 a 1-2 nell’arco di 180 secondi. Passa il PSG, in semifinale. Esce con il gol di un oscuro Choupo-Moting, conosciuto ai più solo e soltanto per un articolo dell’Ultimo Uomo dove lo si prendeva per il culo per un gol clamorosamente sbagliato. Ma al netto del risultato sportivo, quello che ha meravigliato una parte dell’opinione pubblica è l’atteggiamento di ostilità verso l’Atalanta da parte di tutti i tifosi delle altre squadre. Da Nord a Sud, al gol di Choupo-Moting si sono stappate birre a ripetizione.
L’umore calcistico del Paese lo trovi sui social network, su Facebook soprattutto. I meme di Calcisatori Brutti come diktat socioculturale per chi segue il Calcio. Ieri, prima di Atalanta-Psg, c’era un post su Gasperini, bello acchittato, in cui si sosteneva che l’Italia avrebbe tifato per i suoi undici uomini nerazzurri. Le reazioni? Al di là dei primi commenti strappalacrime, la restante parte non era proprio di endorsement ai suoi ragazzi.
Apriti cielo. Marco Mazzocchi, giornalista RAI, ha scritto su twitter che si sente “nauseato” dal tifo anti-Atalanta: “Non ho mai capito come si possa gioire per l’eliminazione di una squadra italiana da una coppa europea. E se rappresenta una città che ha da poco pianto centinaia di morti, mi viene la nausea”. Che palle, Mazzocchi. Che significa infilarci in mezzo il Covid-19? Allora il Taranto Calcio dovrebbero promuoverlo in serie A e fargli giocare l’Europa League per statuto, se la ragioniamo così, se la ragioniamo sulle tragedie che affliggono le singole città. La retorica del tifare le squadre della propria nazione è un concetto superato.
Sempre a far passare noi italiani come quelli che rosicano, come campanilisti incalliti. Non è solo campanilismo. Se fai un giro sui forum di calcio inglese o spagnolo, non c’è questa grande unione d’intenti morale, anzi, se il Chelsea esce agli ottavi di Europa League contro la squadra armena ignobile, il tifoso del Tottenham dorme tranquillo e prima di coricarsi si scoppia di pinte al pub. E’ fisiologico deridere gli errori del proprio nemico. Fa bene al cervello. Chi non lo capisce non ha mai giocato a calcio. O non è un tifoso vero. Il concetto cruciale è che le favole esistono, ma fino a un certo punto.
Io ho visto il Leicester dei miracoli, ok, mi sono visto Manchester United-Leicester City uno a uno, con gol di Wes Morgan a equilibrare la partita, in un Old Trafford pieno allo scoppio e con una luce magica sugli spalti. Da quel Leicester in poi, ogni qual volta una squadra “provinciale” portasse a casa dei risultati oltre le aspettative, giù a pioggia la grande declamazione di successo, di Davide contro Golia. Le favole esistono, ma fino a un certo punto. Stressare un evento irripetibile come quello del Leicester per riprodurlo in provetta è puro marketing, di quelle operazioni riuscite anche male.
Ma perché l’Italia s’è svegliata con tutto questo rancore verso l’Atalanta? Di sicuro c’è da ammettere che una squadra che vince dà sempre fastidio. Ci sta, è l’agonismo. Poi: Percassi e quella storiaccia di Cristiano Doni, con muri di omertà societari sulla vicenda scommesse, la colpa addossata solamente all’ex capitano Cristiano, zone grigie mai indagate. Poi: i ripetuti insulti, diretti o meno, contro i meridionali, non ultimo quel dirigente che in stazione grida “Terrone di Mer*a!” ad un tifoso napoletano che aveva provocato Gasperini e lo staff. Poi: Gasperini. Ok che fa un bel gioco, ma è veramente fastidioso. Quando vince se ne sta tutto carino e simpatico, quando perde o pareggia diventa isterico, nervoso, mette le mani addosso a dirigenti e ai colleghi, se la sente tantissimo, la butta in caciara. E che pretendete, quindi, che ci pittiamo le facce di nerazzurro e iniziamo a parlare con l’accento pesante delle valli bergamasche in vostro sostegno? Col cazzo.
Eventi come questo, come tre quarti d’Italia che gioisce per l’Atalanta eliminata, servono a ricordare a quelle persone che vorrebbero un calcio piatto, sintetico, asettico, che è uno sport fatto di nervi tesi, di rancori, di corse sotto i settori ospiti per un pareggio agguantato all’ultimo.
Non è uno sport per i perbenisti.