Lo guardi e sembra impossibile che qualcosa, qualsiasi cosa, sia in grado di farlo arrabbiare. Daniel Ricciardo è così, star incontrastata del paddock grazie a una personalità inimitabile e un sorriso contagioso. Ma qualcosa che riesce a farlo innervosire c'è, e si tratta della spettacolarizzazione di uno sport che per lui, e per tutti gli altri piloti sulla griglia di partenza, significa mettere a rischio la propria vita.
Ne aveva parlato nel corso del Gran Premio del Bahrain dello scorso anno, dopo lo spaventoso incidente in cui era rimasto coinvolto Romain Grosjean, e in quella occasione aveva preso per la prima volta le distanze da Liberty Media che aveva scelto di trasmettere ripetutamente le immagini del rogo scatenato dall'incidente prima della ripartenza del GP, giocando sull'emotività generale dopo una tragedia mancata: "La Formula 1 non è uno show - aveva detto l'australiano - noi dobbiamo tornare in pista e le nostre famiglie stanno guardando la televisione. Sono disgustato".
Nel corso di un’intervista rilasciata a Square Mile Daniel è tornato sull'argomento della spettacolarizzazione di questo sport, ribadendo un discorso a cui sembra tenere particolarmente: “Credo che l’anno scorso la Formula 1 abbia pubblicato un video sui dieci momenti dell’anno, e otto di questi erano incidenti. Ho pensato: ragazzi, siete degli idioti. Magari un 12enne vuole vedere questo tipo di contenuti, e va bene perché magari non capiscono altro. Ma noi non siamo ragazzini. Bisogna fare meglio di così".
La passione per il dramma e per il pericolo è ciò che, negli anni, ha reso grande il motorsport, e Ricciardo lo sa bene. Ma cercare spettacolo ed esagerazione anche dove non ci sono, rischia di trasformare lo sport in finzione, mentre la grande bellezza della Formula 1 sta nell'autenticità che c'è dietro la consapevolezza di mettersi in pericolo per fare ciò che si ama.
Una deriva che, secondo Ricciardo, è arrivata anche nella seria Netflix Drive To Survive: “Nella prima stagione di Drive To Survive ho capito che lo show stava andando alla grande perché per la prima volta venivo fermato dalle persone anche in luoghi ove prima non accadeva. Nella seconda, invece, c’erano alcune parti che sono state un po’ forzate, hanno provato a creare una rivalità tra me e Carlos Sainz che non c’era. Lui è un rivale come tutti gli altri, anzi, per me è un bravo ragazzo. Ci sono magari altre persone che mi piacciono di meno. Carlos si veste come un sessantenne, ma a parte questo è un tipo a posto".