Sarri non funziona alla Juve perché non ha l’ossessione per la vittoria, anzi in passato si è spesso crogiolato nella sconfitta
Chi si chiedeva, poco più di un anno fa, se Maurizio Sarri avrebbe cambiato la Juventus, imponendole una sua idea di calcio spettacolare, divertente, più estetica che utilitarista, forse ignorava che è semmai la Juventus a cambiare gli allenatori, imponendo uno stile, un linguaggio, una linea di condotta e una policy aziendale. Argomenti che fanno la differenza rispetto alle altre società e non si tratta solo di abitudine alla vittoria.
Paradossalmente il lungo stop del calcio avrebbe potuto favorire l’inserimento di Sarri nella “famiglia” bianconera: eccellente il ricordo dell’ultima partita contro l’Inter, il silenzio di tre mesi interrotto solo dal dialogo colto con Sandro Veronesi, la speranza che certe spigolature del toscano si fossero smussate e che la sua adesione al nuovo datore di lavoro fosse finalmente completata.
Personalmente non inseguo gli allenatori capipopolo, quelli che vanno sotto la curva per ingraziarsi gli ultras. Tralasciando il mito del Trap o di Marcello Lippi, nella storia recente ho apprezzato soprattutto Fabio Capello e Max Allegri, straordinari professionisti, tecnici preparatissimi, persone di mondo. Allegri, in particolare, lo avrei tenuto ancora a lungo ma è pur vero che se un ciclo è finito bisogna cambiare. In molti avrebbero voluto il ritorno di Antonio Conte (io no, resti pure dov’è), avrei preferito uno alla Simone Inzaghi o Roberto Mancini. Hanno scelto Sarri, invece, e hanno sbagliato. Dal Presidente in giù.
L’ennesima conferma viene dalle dichiarazioni di stamattina, vigilia di Bologna – Juventus, partita delicatissima dopo la sconfitta in Coppa Italia contro il “suo” Napoli e 180 minuti senza uno straccio di gol. Sembra che siano volati gli stracci con Pjanic e CR7. E che dice il Mister? “Non decido solo io”. L’allenatore nel pallone…
Sosteneva di essere contro il palazzo e invece noi siamo il palazzo
Ennesima riprova che Sarri non è adatto alla Juve e la Juve non è casa sua. Cominciamo col dire che i nostri allenatori si presentano in panchina in giacca e cravatta come vuole la divisa sociale, non in tuta tipo dopolavoro ferroviario. Che la barba deve essere rasata, il filtro delle sigarette stretto tra i denti lo rende impresentabile e che bisogna evitare di scaccolarsi in pubblico. In conferenza stampa il turpiloquio non è ammesso, le dichiarazioni vanno ponderate e concordate in linea con l’ufficio stampa.
In una vita normale sono quasi certo che potrei diventare amico di Sarri, condivideremmo passioni letterarie e ci divideremmo sulla politica, perché l’uomo è intelligente e curioso. Il calcio, però, è un’altra cosa e tutti quei dubbi che mi attanagliano da un anno sono ormai certezze. Sarri non funziona alla Juve perché non ha l’ossessione per la vittoria e anzi in passato si è spesso crogiolato nella sconfitta. Sosteneva di essere contro il palazzo e invece noi siamo il palazzo. E’ schiavo degli schemi e dei fraseggi, quando invece il calcio è semplice, potenza, forza fisica, verticalizzazione, tiri in porta.
Sarri parla troppo e a sproposito, non ha un’idea di squadra o forse non riesce a chiarircela. È discontinuo come Maifredi (altro profeta del fallimento), alterna partite eccezionali a figuracce contro avversari non irresistibili (Lecce, Napoli, Verona, Lione). Ha già perso due finali secche e in due partite contro la Lazio ha subito sei gol. È vero, ricomincia il campionato ancora in testa e in Champions League può ragionevolmente sperare di accedere ai quarti. Non dico che questa Juventus, con Ronaldo, Dybala, De Ligt, Bonucci, potrebbe allenarla anche Oronzo Canà, e non credo proprio all’effetto pancia piena. Però la Juve è la Juve, ti hanno dato una Formula Uno e la guidi come una City Car. L’organico è ancora nettamente superiore, certo potrebbe non bastare e ci sta che dopo otto anni non si vinca ancora. Persa la Coppa Italia, restano ancora due traguardi. Comunque vada, Maurizio Sarri e la Juventus si devono separare. Logico lasciarsi dopo un anno senza vittorie, logico ancora di più se riuscirà a portare a Torino la Coppa con le orecchie o il nono scudetto. Sfumature non proprio indifferenti per un destino comunque segnato.