Voto 0. Al dolore. Perchè è vero che è l'unità di misura della forza e la radice di ogni reazione, ma ha rotto il cazzo come tutte le volte che esagera. Nelle corse in moto la morte c'è sempre di mezzo, è sempre appostata come direbbe il Dottorcosta, ma si è fatto tanto negli anni e, ormai, c'è solo un modo per farsi davvero male. Quello che il destino ha scelto per Jason Dupasquier. Diciannove anni. Pilota. E non è giusto neanche un po', non è nemmeno comprensibile. Fa male e basta senza possibilità che ci si abitui, senza giustificazioni di sorta, senza negare che morire è morire sempre, anche quando si muore di meno. Ciao ragazzo!
Voto 1. Ai parlatori. Gente come Sgarbi o Scanzi fa salire il crimine e mi assumo la piena responsabilità di quello che scrivo. Due che, tra l'altro, si sono scannati fino a ieri e si sono trovati in perfetta sintonia su qualcosa che ignorano, non conoscono, non sanno e non hanno probabilmente mai neanche vissuto. Intervenire sulla base dei trend di Twitter fa vomitare, soprattutto quando c'è di mezzo un ragazzo che se ne è andato mentre inseguiva un sogno ben diverso dalla misera visibilità per la quale, invece, concorrono quelli che parlano. A sproposito e quasi sempre a vanvera. Non dovrebbe essere un caso che la morte si saluti da secoli con il silenzio, ma questo, loro, evidentemente non l'hanno imparato. C'è una frase che ripeteva sempre mio nonno: l'uomo grande ammette l'errore, quello piccolo prova a giustificarlo.
Voto 2. Alle scadenze fisse. Tipo le MOWgelle, che bisogna farle anche quando non c'è niente da ridere e nessuna voglia di provocare. Sono un giochino cazzaro che ci diverte, che scatena i commenti più assurdi dei soliti inviperiti dei social, ma questa volta è diverso. Però sono una scadenza fissa e bisogna rispettare il programma e, dal "voto 3" in poi, voltiamo pagina e andiamo avanti, ricominciando a parlare di moto e provando ad assegnare voti per quello che è successo la Mugello. Fermarsi non ha mai senso.
Voto 3. Alla Ducati. Doveva stradominare al Mugello e, invece, è stata in difficoltà con quasi tutti i suoi piloti.Ha dovuto, per carità, fare i conti anche con l'errore di Bagnaia, che sembrava l'unico in grado di potersela giocare con un Fabio Quartararo in stato di grazia. Il voto bassissimo è di incitamente: un passo falso può capitare e ci mancherebbe altro, ma dispiace che sia successo proprio sul circuito di casa, dopo un anno senza GP d'Italia e su una pista in cui le Desmosedici hanno girato tantissimo anche nei test. Qualcuno ha provato a sostenere che Ducati si sia presentata al Mugello con troppe convinzioni, ma questa spiegazione non ci convince neanche un po'. Non dire gatto se non ce l'hai ne sacco (cit.Boskov).
Voto 4. A Maverick Vinales. E' diventato papà poche ore prima del Mugello, ma sua figlia Nina piange già molto meno di lui. La sceneggiata fatta vedere in pista quando Marc Marquez gli si è messo alle costole per seguirlo e strappargli la scia è stata imbarazzante molto più di quanto lo sia stato lo stesso gesto di Marquez. Si innervosisce per tutto, si abbacchia al primo filo di vento contrario, litiga persino sui social fino a cancellare i suoi profili social. Probabilmente, come abbiamo già detto, ha altro nella testa e il confronto con la fame cieca e rabbiosa di Fabio Quartararo lo sta demolendo dentro. Ripigliati Maverick!
Voto 5. A Alex Rins. I piloti che cadono li difendiamo sempre, perchè sono quelli che non agiscono mai in conserva e, anzi, danno tutto quello che hanno da dare fino a sbagliare. Però quando è troppo è troppo e probabilmente al Mugello, con il quarto zero rimediato, Alex Rins ha già detto addio a ogni speranza di vincere il mondiale. Eppure nel suo box sono ancora tutti convinti che lui sia molto più in forma del suo compagno di squadra Joan Mir... che però zitto zitto ancora sta lì, forte dell'esperienza che l'anno scorso gli è valsa un titolo mondiale. RINSavire è d'obbligo!
Voto 6. A KTM. Quelli della casa austriaca sono la prova provata che il lavoro alla lunga paga. Hanno iniziato la stagione convinti di poter fare veramente bene, ma già in Qatar si sono dovuti accorgere che tutti gli altri avevano lavorato davvero sodo, nonostante le limitazioni imposte dal regolamento, colmando ogni gap tecnico evidenziato l'anno prima. Bierer e i suoi si sono rimboccati le maniche, poche chiacchiere, nessun piagnisdeo e tanta voglia di risolvere i problemi. A Le Mans la pioggia gli ha dato una mano e al Mugello si sono rivisti anche i due piloti ufficiali. La crescita è evidente. Manca, ora, solo un po' di chiarezza sui prossimi assetti nei box. L'annuncio che nel 2022 arriverà Gardner e che Brad Binder è stato confermato fino al 2024, mette definitivamente sulla graticola Iker Lecuona e Danilo Petrucci. E' vero che l'età conta, ma i risultati tra i due compagni di squadra non dovrebbero lasciare dubbi su chi scegliere tra i due. Da Ducati andrebbe copiato solo ciò che funziona!
Voto 7. A Valentino Rossi. Nel silenzio surreale di un Mugello vuoto e su cui ha soffiato anche il vento gelido della morte, Valentino Rossi ha ottenuto il miglior risultato stagionale, dopo turni di prova disastrosi e una qualifica ancora peggio. E' vero che ha beneficiato di tante cadute dei suoi colleghi, ma è stato lì a lottare dall'inizio alla fine, infilando anche qualche crono più che dignitoso e ingaggiando all'ultimo un duello serratissimo con Iker Lecuona. Certo, non sarà il decimo posto a farlo sentire appagato, ma quello che si è visto domenica al Mugello può aiutare tanto per il morale, per ritrovare la voglia di bagarrare e, se serve, pure di fare a sportellate in questa coda di carriera piena di dubbi e decisioni da prendere. Ancora un passetto!
Voto 8. A Johann Zarco. Pronti via s'è ritrovato col codone della moto rotto prima ancora di partire, dopo che Enean Bastianini, in una scena degna del traffico di Roma nell'ora di punta, gli era piombato addosso durante lo schieramento in griglia. Ha avuto, subito, il merito di non cadere e, immediatamente dopo, quello di non perdere la concentrazione. Zarco sbaglia tanto, ma è un guerriero old style e sta ancora lì, secondo nel mondiale piloti e primo tra quelli con la moto di un team privato. Ha avuto la maturità di capire che Fabio Quartararo sarebbe stato imprendibile e di giocare sul risparmio della gomma, rinunciando al podio, ma passando sotto la bandiera a scacchi come primo delle Ducati. Johann Zarco is the new Joan Mir!
Voto 9. A Marc Marquez. Sabato dopo le qualifiche giocate incollandosi a Maverick Vinales, che sembrava Peter Pan quando si incazza con la sua ombra, ha subito chiesto scusa a tutti. Un bel gesto il suo, perchè non ci ha messo di mezzo filtri, non ha cercato improbabili scuse ed ha - cinicamente e allo stesso tempo candidamente - ammesso di aver fatto tutto quello che gli era consentito fare per provare a compiere un passettino in più. Il regolamento non punisce (ancora) certi comportamenti e Marc, che è ben consapevole di non essere in forma e di dover soffrire, s'è aiutato per come ha potuto, con tutti i mezzi e gli strumenti di cui disponeva. Così fa chi non si arrende mai, così fa chi ha ancora fame, così fanno i campioni (vedasi Valentino Rossi in Qatar con Bagnaia... che non è Vinales e l'ha presa con sportività). Anche quando non sono affatto simpatici. Daje Marc, daje!
Voto 10. A Fabio Quartararo. Che gli vuoi dire? Quando se lo merita se lo merita e basta. Quest'anno sembra il fratello sicuro e cazzuto del Quartararo dello scorso anno. Deciso, determinato, sul pezzo e affamato su suolo italiano come il suo connazionale Napoleone quando s'è depredato metà dei vanti artistici italiani. Al momento è il più forte e l'impressione è che questa sua condizione riesca anche a mascherare i limiti di una Yamaha che, invece, non è certamente al pari della Ducati. Ha spinto come un ossesso fino a liberarsi di chiunque avrebbe potuto negargli la possibilità di vincere per la prima volta in carriera al Mugello e s'è preso ciò che ha dimostrato di volere più di altri. On fire!
10 e lode. A tutti. Mettersi in sella pochi minuti dopo aver osservato un minuto di silenzio per un collega scomparso a soli 19 anni richiede pelo sullo stomaco, incoscienza e, allo stesso tempo, ammirevole senso del dovere. Oltre a una consapevolezza: chi immola la sua vita alle corse non vorrebbe mai che si onorasse la vita stessa fermandosi. Chapeau!