Luca Salvadori è finito sui giornali con un’impresa storica: ha vinto una gara del MES, il Trofeo Motoestate, con una moto di serie. Nello specifico con una Ducati Panigale V4 S con scarico Akrapovič, ABS e clacson. Mentre Luca vinceva a Cremona, a Firenze moriva Jason Dupasquier. Abbiamo parlato con lui di questo, del mondiale, di Valentino Rossi e di Marc Marquez. Ecco cosa ci ha raccontato.
Ciao Luca! Hai vinto con la Ducati Panigale V4S al MES, con tanto di record del circuito a Cremona.
“Esatto, nessuno aveva mai girato così forte su quella pista. È stato figo, in Ducati erano molto felici, anche perché il livello per entrare nei primi 5 è molto alto. È stata una gara bellissima, non vedo l’ora di mettere il video. Ovviamente adesso il problema è che c’è chi non ci crede! La cosa che mi innervosisce è che questa gente non è neanche venuta in pista, non ha neanche guardato la moto. Si basa su filmati visti online come i terrapiattisti. Dico le più belle: ‘ha il cambio Superbike’, ma ovviamente il cambio Superbike non si può mettere perché è montato sulla V4R e quella che ho usato io era il 1.100. E i rapporti erano quelli di serie. La scoperta totale poi? il discorso che sulle moto stradali sul dashboard vedi al massimo 299 Km/h. Ovviamente quando Ducati ti vende lo scarico con la mappa (che in tutto costa 600€) ti viene sbloccato il contachilometri. Lo fanno anche sulle auto, è una cosa che tutti possono comprare. Proprio perché la gente fa fatica a crederci, forse torneremo a fare una gara come quella con una moto diversa, su cui il motore della MotoGP o il cambio della Superbike non si può proprio mettere”.
Perché proprio il MES a Cremona?
“Abbiamo scelto questa gara (e questa pista) perché è quel genere di tracciato che unisce un po’ tutti i livelli, dal pilota all’amatore. E anche in questo campionato il bello è che ci sono amatori che vanno molto forte e specialisti che corrono in pista più piccole. Da quando abbiamo annunciato la nostra presenza si sono iscritte 14 wildcard. Gli iscritti al campionato se non sbaglio erano 17, ma per la gara eravamo in trenta. Sono venuti Matteo Ciprietti, Fabrizio Perotti, Dario Latrecchina, c’era anche Ivan Goi... Piloti di alto livello”.
Che modifiche hai fatto?
Volevamo tenere sia il cavalletto che lo scarico originale, ma non è stato possibile per una questione regolamentare, per correre serve la vasca per il recupero dell’olio in caso di rottura. Ma ho corso con ABS attivo, sospensioni e molle originali, clacson… Ogni chilometro che abbiamo fatto - e ne ho fatti tanti - è servito per spremere la moto fino all’ultimo decimo. Un lavoro utile, perché alla fine ho vinto per quattro decimi, un niente”.
D’accordo. Qual è la cosa più diversa tra la moto che hai usato ed una da corsa?
“Beh, per prima cosa andrei ad irrigidire le sospensioni, a farle su misura. Perché con una moto settata bene i secondi scendono senza neanche accorgersene. Metti le molle più dure, adatte alla tua guida, e freni 20 metri dopo. Era lì il punto in cui facevo un po’ più di fatica, Perotti frenava fortissimo e passarlo in staccata era veramente complicato. Ma ho potuto sferrare l’attacco è stato in percorrenza, dove la moto essendo molto più morbida mi permetteva di voltare in fretta. Mi sono dovuto adattare”.
Premesso che manca una controprova reale, pensi che con un’altra moto avresti potuto vincere comunque?
“Secondo me assolutamente no. Questo era proprio l’esperimento che volevamo fare con Ducati. Loro sanno bene che le loro sono moto più costose, la V4S costa 28 mila euro. Però Ducati sa anche che con un pilota sopra ed un paio di accorgimenti fatti per andare in pista, cambiando giusto le pastiglie dei freni per una questione di sicurezza, puoi andare in pista senza neanche staccare l’ABS e fare tempi da record”.
Non si può parlare di MotoGP, purtroppo, senza parlare della tragedia di Jason Dupasquier. Pensi che si potesse in qualche modo evitare?
“Purtroppo no. Le paure più grandi di un pilota, almeno le mie, sono due. Una è quella di cadere e di essere investito, l’altra è quella di rimanere fermo in partenza. Quando parti davanti e hai 20 o 30 moto dietro, se rimani fermo rischi di essere travolto. Stessa cosa quando fai una caduta molto strana come è successo a Jason. Quella dinamica purtroppo è veramente impossibile da evitare. Poi c’è anche la sfiga di essere colpiti al collo o alla testa, zone molto sensibili. Ma quando dicono che bisogna inventare un paracollo… Anche qui dilaga il politicamente corretto. Chi si mette a fare questa roba lo sa. Va bene la sicurezza, ma il rischio non sarà mai zero. Nel mondo delle corse succede e bisogna prenderne atto”.
Cosa passa nella testa di un pilota in quei momenti, quando sai che un rivale, un amico o semplicemente un collega non ce l’ha fatta?
“Il rapporto con la morte è un discorso davvero troppo soggettivo. Ognuno la vive a suo modo, non c’è torto o ragione. È giusto volersi fermare, così come onorare il pilota correndo. Io sono più romantico, secondo me fermarsi è figlio del politicamente corretto. Sono più d’accordo con quelli che corrono il TT, dove muoiono ogni anno. E, proprio per rispetto, corrono per onorare il pilota scomparso. Lo trovo molto più onesto rispetto al fermarsi, anche perché la settimana dopo c’è un’altra gara”.
Quindi quando Quartararo dice che ha fatto tutta la gara pensando a Dupasquier pensi che abbia un po’ esagerato?
“No, è vero. La mente vaga, soprattutto se hai un bel vantaggio. Però in quei momenti pensi ad andare, a spingere e a dare gas. È quando tagli il traguardo che ti tornano tutti i pensieri”.
Forse è mancata di concentrazione, ci sono stati tanti errori: Bastianini che stava pensando all’airbag e si è lanciato su Zarco, Marquez che ha sbagliato con Binder, Bagnaia caduto in testa, Nakagami, Pirro… Tantissimi errori.
“Posso dire una cosa? Se non fosse morto Dupasquier sarebbero caduti tutti esattamente allo stesso modo. Anzi, mi spiace anche un po’ sentire queste cose. Non prendiamoci in giro, sarebbero scivolati comunque. Uno non si distrae per l’airbag perché è morto un pilota due ore prima, le distrazioni sono cose che succedono nel motociclismo, questa mi sembra una scusa. È vero che fai il minuto di silenzio e poi ti metti in sella, il problema però sparisce quando si spegne il semaforo”.
Yamaha ha vinto due volte in Qatar e al Mugello, mentre Ducati ha risposto a Jerez e a Le Mans, piste difficili in cui però è mancato Quartararo. Sarà l’uomo da battere sempre e comunque?
“Si, perché se non gli fosse venuto male all’avambraccio a Jerez sarebbe a 50 punti di distacco. Yamaha patisce sul rettilineo, ma appena entra in curva fa una differenza incredibile. Si è proprio vista la differenza. Alla fine siamo sempre lì: Ducati spaventosa di motore e Yamaha che, nelle mani di Quartararo, ha un equilibrio ciclistico incredibile. Ma non la darei per archiviata, Pecco Bagnaia potrebbe farcela. Secondo me paga ancora un pochino la pressione e la mancanza di esperienza”.
Quando vincerà la sua prima gara in MotoGP le cose potrebbero cambiare… e il Montmelò potrebbe essere il posto giusto.
“Esatto, quando troverà la sua quadra, la sua maturità, credo andrà anche più forte. Sarà la chiave di volta, un po’ come era successo a Dovizioso, che dopo aver vinto la prima ha trovato la giusta motivazione”.
Cosa ti ha impressionato di più, al Mugello?
“Le tribune vuote, è stato tremendo. Spero veramente che ricomincino ad aprire. Anche perché se aprono il calcio dovranno aprire anche il resto. La gente sugli spalti secondo me è la cosa che manca di più a tutti gli sport”.
Come vedi Valentino Rossi, decimo al traguardo? Si ritira, non si ritira… Che faresti al suo posto?
“Credo che lui sia il primo ad essere consapevole del fatto che questo non è divertirsi. L’unica cosa, secondo me, è che ha sempre il dubbio di ogni pilota vincente, ovvero che ci sia qualcosa che non funziona nella moto, non in lui. Purtroppo però, forse questa cosa non c’è. Noi di certo non possiamo saperlo, lo sa solo lui. Anche se è dura dirsi da soli che è il momento di smettere”.
Anche perché i suoi spingono per un altro anno.
“Per uno come Valentino però fare un altro anno tra la decima e la ventesima posizione è troppo pesante. Secondo me dovrebbe fare proprio la pazzia di cambiare moto”.
Addirittura?
“Si, perché alla fine quando vieni messo nella squadra satellite nel bene o nel male non hai più quello che avevi prima. E se eri già in difficoltà le cose si complicano. Lo so che ha la moto ufficiale, ma non è mai la stessa cosa. Secondo me si troverebbe meglio nel suo Team, che a questo punto pare sarà con Ducati, e fare un anno di apertura del suo team in cui corre per la sua squadra. Potrebbe essere una cosa intelligente”.
Marc Marquez: andava sanzionato per lo sgarbo fatto a Vinales? Oltretutto sembra che sia ancora sotto antibiotici.
“Ne parlavo l’altro giorno: io ero tra quelli convintissimi che Marquez avrebbe messo in riga tutti al rientro. Invece ancora una volta questo sport ci insegna che puoi essere anche il pilota più forte di tutti i tempi ma la mente è la cosa più importante. Marc in queste gare ha fatto errori su errori, cadute, la moto che non è più quella di prima, non riesce più a guidare al limite… Questo ci ricorda ancora una volta che la mente, in questo sport, è più del 70%. Se non riesci a fare le cose con naturalezza non vai forte. Anche se sei stato il più forte di tutti i tempi”.
Vale anche per te? Stai a vedere che quella volta aveva ragione Haga...
“eeeh… Io si, direi di si! Almeno chi viene dall’esterno mi dice che ho fatto proprio un bello step quest’anno (ride). Sarà quello? Non sarà quello? Chissà!”