Per la generazione post-Senna la morte di Jules Bianchi ha significato più di quanto si possa pensare. La perdita di un pilota giovanissimo, dal brillante futuro color Ferrari, ha riportato la Formula 1 a una dimensione di pericolosa vulnerabilità a cui nessuno era più abituato. Il suo incidente - sotto la pioggia disperata di Suzuka 2014 - ha rimesso in discussione il piano della sicurezza nel motorsport, cambiando inconsapevolmente il panorama intorno a cui si muove tutto il circus.
E se i piloti - profondamente scottati dalla perdita di un ragazzo che per tanti era un amico - sei anni dopo la sua morte continuano a ricordarlo, per uno in particolare la morte di Bianchi ha lasciato una ferita ancora oggi vivissima: Charles Leclerc.
Un filo rosso - il colore della loro più grande passione e di quello che sarebbe stato il futuro di entrambi - lega in modo indissolubile i due piloti, in una storia dai tratti romanzeschi che li ha separati ma in qualche modo è riuscita a tenerli uniti.
Bianchi che correva con il numero 17, oggi ritirato dalla FIA, numero della sua passione e giorno della sua scomparsa. Leclerc che corre con il 16, sempre un passo indietro rispetto all’amico più grande - suo padrino - suo maestro e mentore.
Il monegasco, che proprio sul circuito di proprietà del padre di Bianchi iniziò a correre con i primi kart, ricorda spesso il legame che li univa, i momenti passati insieme, la passione condivisa e il periodo di speranza che separò l’incidente di Suzuka dalla morte del pilota, avvenuta nove mesi dopo.
Per tutti Jules Bianchi è il simbolo di una tragedia, sicuramente evitabile, e di una sofferenza che nel mondo dei motori ha il gusto amaro della consapevolezza. Ma spesso si dimentica che dietro quella morte c’è il rammarico di aver perso, oltre ad uno splendido ragazzo gentile, anche un brillante pilota. Bianchi fu il primo talento dell’allora poco nota Ferrari Driver Academy - un giovane che dopo essersi fatto le ossa della scuderia Marussia avrebbe avuto la sua opportunità in Ferrari - un ragazzo che portò i primi (e unici) punti a quel team satellite con una prestazione da brividi al Gran Premio di Montecarlo 2014.
Proprio sul filo che unisce Leclerc e Bianchi si è espresso Daniel Ricciardo - grande amico di Jules con cui per anni ha condiviso il percorso verso l'approdo in Formula 1 e il sogno di un titolo mondiale: "Bianchi avrebbe corso in un top team e sarebbe stato un vincitore adesso, sono sicuro. In qualche modo, sento che ora Charles sta facendo quello che Jules avrebbe fatto. È come se Charles fosse la versione successiva di ciò che Jules avrebbe ottenuto, con il successo che sta avendo”.
Leclerc ha più volte ammesso che Bianchi era il più forte dei due: era Jules quello a cui quel posto a Maranello sarebbe spettato di diritto e dopo la sua perdita per il monegasco fu ancora più importante arrivare velocemente in Ferrari, quasi per rendergli onore. Lui che oggi è il talento cristallino e il volto di una nuova generazione che in Formula 1 si sta facendo sempre più spazio. Lui che nella perdita di quell’amico - e in quella del padre - ha trovato la forza per fare tutto meglio, tutto subito, tutto con la grinta di un bambino che conosce bene il valore della sofferenza. Indimenticabile il ricordo a Montecarlo, nel suo Gran Premio di casa, dove si presentò con un casco perfettamente diviso in due: da una parte quello che usava il padre e dall’altra quello dell’amico.
In Charles Leclerc l’ombra della malinconia ha sempre avuto i tratti definiti di un dolore velato e forse nella maturità spiccata di cui tutti parlano il significato della perdita ha giocato un ruolo fondamentale.
Nel giorno del suo 32esimo compleanno la Formula 1 continua a parlare di Jules - immenso talento mai concretizzato - mentre in Leclerc vede il futuro di uno sport in cui è entrato con prepotenza. Un filo rosso che li continua a unire - come i numeri sulle loro monoposto - con Bianchi che rimarrà sempre un passo avanti al suo figlioccio, a spianargli quella strada che oggi Leclerc ha raccolto come un’eredità preziosissima e ha imparato a percorrere senza paura.