“Rossifumi? L’ho scelto perché Norifumi Abe mi faceva impazzire, così ho giapponesizzato il mio comunissimo cognome italiano”. Parola di Valentino Rossi, uno che poi ha vinto ben nove campionati del mondo e che da ragazzino, prima di diventare Il Dottore, ha sognato di essere quel pilota funambolico e mai domo con la coda di cavallo che spuntava dal casco. Norifumi Abe, oggi, 7 settembre 2020, avrebbe compiuto 45 anni. Una leggenda, la sua, che si è interrotta nel 2007, a Kawasaki, a causa di un banalissimo incidente in moto in mezzo al traffico della cittadina giapponese, un mese esatto dopo aver compiuto 32 anni.
Ma è il 1994 l’anno che porta Norifumi Abe agli occhi, e all’ammirazione, del grande pubblico. Perché è in quell'anno che Abe partecipa come wild card al Gran Premio del Giappone Classe 500, a diciotto anni e qualche mese e senza la solita trafila della 125 e della 250. Quel giorno, sul tracciato di Suzuka il mondo si innamorò di Norifume Abe: lì a combattere contro manici del calibro di Doohan e Schwantz, senza alcun timore referenziale, come lo sconosciuto che arriva e mette i piedi in testa a tutti. Fino alla sfortuna di una caduta quando mancava poco al traguardo. Quando chiunque altro si sarebbe accontentato.
Perché il destino con Norifumi Abe non era mai stato particolarmente benevolo, accanendosi fino all’ultimo. Era figlio di un pilota d’auto ed era cresciuto a pane e motori, partecipando a gare di minicross e non solo e arrivando a mettersi in luce da piccolissimo nei campionati del Sol Levante, divenendo nel 1993 il più giovane vincitore della All Japan Road Race Championship, in sella a una 500. Una 500 di allora, quelle a due tempi, che fumavano blu e non si lasciavano domare. Quel talento non era passato inosservato e, prestissimo, aveva avuto l’opportunità anche di esprimersi negli Stati Uniti.
“Quella sua prima gara a Suzuka nel 1994 mi ha dato una grande motivazione a diventare un pilota – dirà poi un certo Valentino Rossi - Sono stato fortunato perché più tardi ho gareggiato contro di lui. Abbiamo lottato più volte, ricordo a Jerez nel 2001 abbiamo combattuto per la vittoria. Ho molti grandi ricordi di Norick e devo dire grazie a lui perché è stato il mio stimolo più grande. Conservo gelosamente una foto con lui che mi ero fatto autografare”. Insomma, Norifumi Abe, giusto per rendere la misura, è stato uno a cui Valentino Rossi chiedeva l’autografo. Non basta? Ecco cosa disse Kevin Schwantz dopo Suzuka '94: “Durante la gara nel 1994 in Giappone, ho pensato ‘No, non si può battere questo tizio qui, e adesso?’ Era molto più avanti di me quando improvvisamente lo vidi steso nella ghiaia”. Certo, erano tempi diversi, tempi figli di un altro motociclismo ed in cui la tradizione nipponica nel motorsport era al suo apice. E che vedeva in Norifumi Abe la sua massima espressione sin dall’anno successivo a quell’indimenticabile esordio, sotto l’ala protettrice di Kenny Roberts.
Risultati? Non quanto avrebbe meritato: qualche vittoria e poco più. Ma riconoscimenti tantissimi: di un talento pazzesco, di una generosità e di un coraggio in pista che probabilmente sono rimasti unici e non si sono più visti tra i cordoli del motomondiale. Un motomondiale a cui disse addio nel 2003 (salvo una piccola apparizione l’anno successivo in sostituzione di Marco Melandri), per approdare al campionato Superbike. Ma anche qui i risultati non sono arrivati in maniera particolarmente significativa: podi, qualche vittoria, ma mai la concreta possibilità di giocarsi un mondiale. Correva ancora, nella Superbike nipponica, nel 2007, quando il destino l’ha atteso a un incrocio.
Era in sella ad una moto, a Kawasaki, nel traffico e ha velocità regolare per uno che di mestiere ha fatto il pilota: l’inversione di un camion, azzardata e imprevedibile, e lo schianto. Era il 7 ottobre del 2007. “Norifumi Abe – disse in quell’occasione il suo ex compagno di squadra Loris Capirossi – era uno che amava le moto oltre ogni misura. Molti piloti fuori dalla pista non scelgono le due ruote, per Abe, invece, la moto era sempre e comunque la prima scelta”. Nel 2008, in quella Suzuka dove era nata la stella di Abe, Valentino Rossi corse con i suoi colori e un suo adesivo sul casco, festeggiando l’ottavo mondiale in carriera.