Un papà e uno zio appassionatissimi di rally, una zia che era arrivata fino a Capo Nord in moto e, per lui, una minimoto regalata quando aveva meno di quattro anni. E’ uno nato in mezzo alla passione dei motori. E’ questa la prima risposta alla domanda che in molti si fanno in questi giorni: chi è Bryan Toccaceli? Una domanda che arriva all’indomani di un annunci importante per lui, appena “nominato” coach della VR46 Academy per quanto riguarda il motocross. E a quell’interrogativo, oggi, la risposta diventa un’altra: Bryan Toccaceli è un maestro dei campioni, Valentino Rossi compreso. "Sono felice e onorato per questa nuova opportunità, la telefonata di Uccio e Carlo mi ha riempito di gioia e li ringrazio di cuore ancora una volta – ha detto a caldo, subito dopo l’ufficialità della notizia del suo nuovo e prestigioso incarico - Mi impegnerò al massimo per fare un buon lavoro e sono certo che mi divertirò tanto con i ragazzi dell’Academy".
26 anni a maggio e una prima parte di vita tra le moto. Prima nella velocità, nel pistino di Cattolica che ha allevato una intera generazione di fenomeni, poi l’amore per le ruote tassellate. Il minicross e, via via, tute le categorie, portando la bandiera della sua San Marino e avendo l’opportunità di partecipare alle più importanti competizioni europee e non solo come portacolori della sua nazione. Il 60 sulla mascherina (per un periodo anche il 595) e una vita che sembrava perfetta. Quella di un ragazzo che aveva realizzato il suo sogno: diventare professionista e vivere di corse e di motori. E che nel frattempo, grazie a Stefano Manzi che non si decideva a comprare un furgone, aveva anche conosciuto e cominciato a frequentare Valentino Rossi e i ragazzi dell’Academy. “Stefano andava ad allenarsi al Ranch e non aveva modo di trasportare lì la moto – ha raccontato Bryan – così lo accompagnavo io. All’inizio me ne stavo in disparte, facevo l’autista e basta. Ma quello è un gruppo di grandi amici e di persone affiatate e votate al divertimento e c’è voluto poco perché mi considerassero uno di loro. Anche se il lavoro che loro portavano avanti era impostato sul controllo e sulla velocità”. Tutto perfetto: i motori per vivere, il miglior pilota di sempre per amico, i traguardi e i successi. Mancava qualcosa? Sì: la fortuna. Perché se c’è una data di cui il destino sembra essersi beffardamente innamorato nel motorsport, quella data è il Primo Maggio.
Così nel 2018, 24 anni esatti dopo la morte di Ayrton Senna, e 24 ore prima del suo 23esimo compleanno, Bryan Toccaceli non poteva immaginare che la sorte lo stava meschinamente attendendo al crossodromo della Baldasserona. Un salto e poi la salita, la moto che si spegne improvvisamente e Bryan che spicca letteralmente il volo, senza controllo e senza possibilità di poter fare nulla. L’impatto con il terreno è violentissimo: lotta per quasi due settimane tra la vita e la morte. Poi vince. Ma non senza portare addosso i segni di quella vittoria: paralizzato. “A volte mi chiedo come sarebbe stato se avessi potuto muovere almeno le mani –ha commentato Toccaceli, in una intervista a San Marino TV - ma serve a poco e penso comunque al futuro, magari a un lavoro”. Eccolo, lo spirito del pilota: rimettersi comunque al manubrio della vita e provarci sempre. Con quello che si ha. Facendo il meglio che si può. Un anno intero di riabilitazione e, nel frattempo, l’affetto di una famiglia, degli amici di una vita e di tutti i grandi conosciuti negli anni: Kiara Fontanesi gli dedica il suo sesto mondiale vinto, Valentino Rossi corre con il suo logo sul casco. Il resto lo fa lui, che negli anni delle corse usava un cinghiale come simbolo , ironizzando sul suo corpo forte, potente, ma non proprio filiforme. E la consapevolezza che se quel corpo, ormai, era cambiato e destinato a cambiare, spirito e pelo duro sarebbero rimasti. Ha messo insieme le forze, le ha alimentate e fatte crescere con il lavoro, poi è tornato alla vita. Piano, ma a gas aperto. E adesso è arrivato anche quel lavoro a cui ambiva.
Non un lavoro normale. Ma un lavoro speciale, anzi unico: coach della VR46 Academy. Il Ranch di Tavullia, infatti, non è solo flat track e traversi, ma c’è anche una pista dedicata al cross e il lavoro che i Valentino Rossi e gli altri dell’Academy portano avanti si concentra spesso proprio su questa disciplina, che è pericolosa, ma che è fortemente allenante. Lì al Ranch, ma anche nei tanti crossodromi del centro Italia. Serviva qualcuno che li guidasse, che li aiutasse a migliorare e Toccaceli era stato anche un maestro nella sua San Marino, come anima di una scuola di minicross che aveva avuto un grosso successo. Esperienza, spirito giusto e amicizia già radicata, quindi. Quel nome per Valentino Rossi e l’Academy poteva essere uno solo: Bryan Toccaceli.