Marc Marquez è tornato in MotoGP e, sul tema, si è scritto tutto ed il contrario di tutto già dall’inverno. Anzi, già dal giorno dell’infortunio a Jerez 2020, quando la sua Honda gli è passata sull’omero costringendolo ad una pausa rivelatasi più lunga e complicata del previsto. Sullo stesso circuito, solo un poco più avanti, il 5 volte iridato Mick Doohan pose fine alla sua carriera con una disastrosa caduta nel 1999. Sempre in sella ad una Honda, sempre da dominatore del campionato. In una bella intervista realizzata dal giornalista francese Michel Turco poi pubblicata su PecinoGP, l’australiano analizza l’infortunio di Marc Marquez e lo confronta al suo. Ecco alcuni dei passaggi più interessanti.
L’intervista comincia dall’inizio. Quello del 2021, sul circuito di Portimaõ, quando Marc Marquez è tornato in MotoGP dopo quasi un anno di assenza. E ha lottato più con sé stesso che con gli altri per non esagerare, chiudendo settimo a 13 secondi da Fabio Quartararo.
“Francamente è stata una performance straordinaria. Sembrava un po’ deluso all'arrivo, comunque molto stanco. Ma una cosa è certa, diventerà più forte man mano che le gare andranno avanti. Spero solo per lui che la sua moto non sia cambiata troppo dalla scorsa estate e che gli permetterà di ritrovare in fretta il suo stile. A volte non ci vuole molto per ritrovare le stesse sensazioni dopo essere stato lontano dalle corse per molto tempo. Se fosse costretto ad adattarsi a cambiamenti che non avrebbe voluto, la cosa potrebbe rallentare il suo ritorno alle posizioni che contano".
Poi confronta l’infortunio di Marc con il suo, quando il 27 giugno del 1992 fu vittima di un terribile incidente ad Assen che lo costrinse a correre il resto della sua carriera con la gamba destra gravemente compromessa.
“Non è stata la stessa cosa però, nel senso che non sono stato lontano dai miei avversari per così tanto tempo. Mi sono infortunato a fine giugno e sono riuscito a correre di nuovo a fine agosto, in Brasile. Ovviamente la mia gamba era ancora in cattive condizioni. È stato il dottor Costa ad aiutarmi. È lui che mi ha salvato la gamba. Quando ho ricominciato a correre, riuscivo a malapena a usare la gamba per muovermi sulla moto. La mia caviglia era completamente bloccata, non potevo usare il freno posteriore… Ma mentalmente ero convinto che avrei superato tutto e che avrei adattato e migliorato la mia guida. Ero convinto che anche se non avessi recuperato completamente l'uso della gamba, avrei comunque potuto batterli tutti. Ci ho creduto come un matto. Il problema di Marc è diverso. Nello sport di alto livello tutti lavorano sodo, i suoi avversari non sono stati fermi per un anno, hanno tutti progredito. Quanto a me, anche se la guarigione della gamba è durata fino al 1994, il fatto di aver continuato a correre mi ha permesso di lavorare, di adattarmi, di analizzare cosa dovevo cambiare per diventare un pilota capace di correre di nuovo per vincere un titolo. Prima del suo infortunio, Marc non correva da otto mesi, poi è rimasto fuori per altri nove. E non dimentichiamo che durante tutto quel tempo non era sicuro di quando sarebbe stato in grado di usare di nuovo il suo braccio. Deve essere stato molto difficile mentalmente”.
Il 5 volte iridato torna sul rientro affrettato di Marc, quando dopo meno di una settimana decise di tornare in pista per la seconda gara sul circuito spagnolo. Per Mick comunque, è impossibile stabilire un colpevole. Di certo non è colpa del pilota, del Team Manager dell’equipe medica.
“Queste sono tutte stronzate! Se Marc ha deciso di tornare in sella così velocemente è perché si sentiva capace. È un pluricampione del mondo, un ragazzo che ha la vittoria nel sangue. Trent'anni fa avrei fatto quello che ha fatto lui e nessun dottore avrebbe potuto fermarmi. Se devi incolpare qualcuno o qualcosa, allora è lo sport stesso che è colpevole. In qualsiasi sport, un atleta degno farà sempre del suo meglio per spingere i limiti della ragione. Quello che Marc ha provato a fare risalendo in sella così velocemente dovrebbe essere d'ispirazione per tutti coloro che sognano di diventare campioni un giorno. Per essere il migliore, devi credere di essere invincibile. E non c'è motivo di incolpare Marc per questo. Lui ha una voglia e una motivazione incomparabili a quelle dei suoi rivali. Se è tornato così in fretta, è perché sentiva di poterlo fare, che poteva farcela. Sfortunatamente le cose non sono andate nel modo migliore. Ma un pilota così impegnato nelle corse vuole solo tornare in sella il prima possibile quando si infortuna. Quando mi sono rotto una gamba ad Assen avevo solo una cosa in mente: non perdere la prossima gara. Purtroppo sono caduto nelle mani di un macellaio olandese che non ha fatto nulla quando mi ha operato. Se mi avessero messo un chiodo e delle viti, avrei provato a correre la settimana successiva”.
In seguito l’australiano riflette sulla condizione mentale di Marc Marquez, che nonostante tutto sembra ancora ai massimi livelli.
“Penso che quando sei in grado di guidare per cinque giorni dopo l'intervento per una frattura dell'omero, sei abbastanza forte mentalmente da superare un anno di assenza. Penso che Marc sia uno degli atleti mentalmente più duri in qualsiasi sport oggi. Il suo livello di richiesta su se stesso è tale che non ha molto da dimostrare agli altri. I suoi avversari lo conoscono molto bene".
Infine, Doohan fa una considerazione sul lato tecnico, spiegando che ci vorrà pazienza.
“Non dimentichi come si guida, almeno non nel giro di un anno. Marc si è preparato per questo. Non gli ci è voluto molto per rifarsi l’occhio sulla MotoGP, anche se sono sicuro che dopo aver completato i suoi primi giri deve aver pensato che la sua moto stesse andando abbastanza veloce. Le sue difficoltà fisiche dureranno ancora per un po '. Dovrà accettare l'idea di non essere ancora al cento per cento, ma per me non ha niente da nascondere. Penso che siano gli altri che dovrebbero pensare a come batterlo quando si sarà completamente ripreso”.