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Ok, Jasmine Paolini è diventata un mostro del tennis a 28 anni. E anche se ha perso al Roland Garros contro Iga Swiatek ha vinto lo stesso

  • di Lorenzo Giamattei

8 giugno 2024

Ok, Jasmine Paolini è diventata un mostro del tennis a 28 anni. E anche se ha perso al Roland Garros contro Iga Swiatek ha vinto lo stesso
Jasmine Paolini ha vinto il suo Roland Garros. È vero, non è riuscita ad alzare la coppa, ma si è arresa solo in finale a Iga Swiatek, un'aliena che fa un altro sport rispetto alle altre. Per Jasmine è stato il Roland Garros della consacrazione dopo la vittoria nel Master 1000 di Dubai. Non è una predestinata, una campionessa naturale. Ma ha lavorato sempre e ha lavorato tanto. E i campioni nascono anche a 28 anni

di Lorenzo Giamattei

Jasmine Paolini ha vinto il suo Roland Garros. È vero, non è riuscita ad alzare la coppa, ma si è arresa solo in finale a una giocatrice, Iga Swiatek, che fa un altro sport rispetto alle altre. Non ci può essere rammarico per la partita di oggi, anzi, al massimo un’ulteriore conferma del processo di crescita della tennista italiana, che di fronte alla numero 1 indiscussa di quest’epoca presente e futura, ha tenuto la testa bella alta, mettendoci l’agonismo di sempre e giocando a viso aperto, senza paura. I soli tre game raccolti non dicono nulla del modo in cui Jasmine ha affrontato la partita e non intaccano in nessun modo quello che è stato il suo torneo.

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Per lei è stato il Roland Garros della consacrazione, dopo la vittoria nel Master 1000 di Dubai sembrava il momento, a 28 anni, di affermarsi anche a livello Slam. La prima settimana è passata sottotraccia, tutti eravamo ovviamente concentrati sulle condizioni fisiche di Sinner e per il femminile, sulle imprese di Cocciaretto su Haddad-Maia e Samsonova, ma intanto Paolini continuava a vincere.
Il mercoledì della seconda settimana ha segnato il punto di svolta, per lei e per noi: ai quarti contro una delle big-4 del tennis femminile, Elena Rybakina, serviva un’impresa, per regalarsi una semifinale da sogno, ma anche per zittire le malelingue che vedevano nella vittoria del torneo di Dubai più fortuna che bravura, visto il ritiro proprio della kazaka ai quarti e l’aver “evitato” Swiatek in finale.
A quella partita è arrivata con un percorso lungo e faticoso (visto anche il torneo parallelo in doppio con Sara Errani) appesantito dalle continue interruzioni per pioggia, che ogni giorno rendevano il programma incerto ed estenuante per chi doveva giocare. Per questo motivo, le partite al terzo set con Andreescu e Avanesjan potevano lasciare molti più strascichi di quanto non dicessero il 6-0 e 6-1 finali con cui le aveva, rispettivamente, liquidate al set decisivo.
Con Rybakina però, è venuto fuori tutto ciò che Paolini è a questo punto della carriera, ovvero una tennista completa, consapevole dei suoi punti di forza e dei suoi miglioramenti, ma soprattutto un’agonista senza eguali, che affronta le partite con la faccia tosta di chi non guarda dal basso verso l’alto nessuno e che ti costringe a dimostrare sul campo di essere migliore di lei. Rybakina non lo è stata, venendo spazzata via nel primo set e beffata nel terzo, quando ormai il peggio (set e break di svantaggio) sembrava passato. In certi momenti, soprattutto nel primo set, è stato impressionante vedere la diversa velocità con cui si muovevano le due (ovviamente l’altezza in questo caso contribuisce a sottolineare la differenza), il footwork di Paolini è uno dei più notevoli del circuito, Rybakina a confronto sembrava si muovesse in slow-motion; nel terzo set proprio questa differenza di avvicinamento alla palla ha tracciato il solco tra le due, il timing di Paolini, soprattutto sul rovescio (vero barometro del suo gioco, visto che il diritto le esce dalla racchetta in modo del tutto naturale), era perfetto, mentre Rybakina, dopo un momento di splendore terminato con la vittoria del secondo set, appariva sempre più pesante negli spostamenti.

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Jasmine Paolini

Nessuno in questo momento può battere Iga Swiatek

Due ore dopo la semifinale con Rybakina, per non farsi mancare nulla, l’italiana ha raggiunto, insieme a Sara Errani, anche la semifinale del doppio, in una giornata da lei stessa definita “perfetta”.
In semifinale è arrivata l’occasione della vita, perché invece di Sabalenka, numero 2 del mondo, dall’altra parte della rete c’era Mirra Andreeva, diciassettenne russa prossima star del tennis mondiale. Le due non potrebbero essere più diverse, la russa è una predestinata, è considerata la nuova Sharapova e il futuro da star del tennis sembra spianato davanti a lei. Paolini sta giocando il miglior tennis della sua vita a 28 anni, non è mai stata una predestinata e ha scalato i gradini passo dopo passo, senza alcun salto per velocizzare le cose e raggiungere il tennis delle grandi. La differenza di consapevolezza tra le due è stata disarmante, l’italiana ha giocato sapendo che quella sarebbe stata la sua partita, il suo momento, che faticosamente ha costruito nel tempo. Andreeva ha giocato senza sapere bene cosa fare, consapevole che di occasioni così ne avrà tantissime nel corso della carriera. La vittoria di Paolini è stata schiacciante (6-3 6-1) e il giorno dopo l’italiana ha replicato nel doppio, raggiungendo in entrambi i tabelloni la finale.

La prima delle due, come detto, è andata male, ma senza rammarico, nessuno in questo momento può battere Iga Swiatek, il suo è un dominio netto, che sulla terra si fa ancora più evidente. Le vere speranze di diventare campionessa Slam ci saranno domani, quando, con Sara Errani affronterà la coppia Gauff-Siniakova, in una finale difficile, ma aperta.
Spesso ci si chiede quali siano i grandi segreti di queste campionesse e i racconti si fanno epici e fantastici. Nel caso di Paolini però, il segreto è che non ci sono segreti, solamente una buona dose di talento, un enorme quantità di lavoro, le persone giuste al proprio fianco e la qualità rara di pensare giorno per giorno, con la consapevolezza dei propri limiti, ma anche delle proprie qualità. Niente di più, niente di meno.

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