L’ultimo Gran Premio a Portimaõ è stato il giorno degli addii. Alla MotoGP 2020, così strana e sofferta, ma anche a tanti piloti. Cal Crutchlow ha lasciato per dedicarsi alla famiglia, Dovizioso correrà nel motocross e Valentino Rossi si è separato dalla Yamaha ufficiale dopo 15 anni. Un momento lontanissimo dalla narrazione di Valentino, che ha sempre regalato genio ed allegria al mondo del motociclismo. Vederlo chiudere la propria storia con Yamaha arrancando con una M1 mai realmente competitiva sul saliscendi portoghese -se non verso il finale di gara, a dimostrazione del fatto che il pilota c’è ancora- non poteva che lasciarci addosso un po’ di tristezza. Ne abbiamo parlato con Paolo Beltramo, che ha raccontato gli anni d’oro di Valentino dall’esordio nelle piccole cilindrate ai titoli in Yamaha. Ecco il suo punto di vista.
Valentino ha lasciato la Yamaha ufficiale. Come hai vissuto quel momento?
"Io credo che a lui farebbe solo bene cambiare un po’ metodo. Lui quella moto lì la conosce troppo bene, e quindi sa troppo. E non c’è nessuno con l’autorità, il coraggio o la personalità per dirgli di tanto in tanto che fa anche degli errori. Ormai ci sono tanti yes man attorno a Rossi, ed è normale che succeda così quando hai una grande personalità. Ma con tanti amici attorno a volte è difficile per tutti dire qualcosa di scomodo".
Arrivare in Petronas potrebbe essere un cambiamento positivo per Valentino?
"Esatto, può darsi che Razali detterà delle condizioni diverse. Poi un cambiamento d’ambiente potrebbe funzionare, credo che lui abbia bisogno di un approccio più scanzonato, da giovane insomma. Quando Quartararo è diventato vecchio, come mentalità intendo, non ha più fatto nulla".
Intendi che si è un po’ perso da quando è stato consacrato a talento della MotoGP?
"Quando guidava libero, dando sempre il massimo, andava fortissimo. E la stessa cosa vale per uno come Vinales, un altro che un giorno si sente perfetto sulla moto e due ore dopo va tutto a rotoli, e così viceversa. Non so cosa succeda in Yamaha, mi dicono che pesi di più, che usi delle molle del forcellone molto più cariche rispetto agli altri e dei leveraggi molto più lunghi…"
Pensi che l’approccio di Ramon Forcada con Morbidelli abbia fatto la differenza? Sembra che sia uno dei pochi tecnici in grado di imporsi sul pilota.
"Certo, ma a Morbidelli può dire quello che pensa. A Lorenzo o a Vinales non poteva più, perché si consideravano dei campioni. Invece secondo me il Morbido è una persona umile che alla fine riesce a capire il valore del lavoro degli altri. Ma il resto della Yamaha è un disastro su tutta la linea.
Anche la storia delle valvole, dovevano squalificarli. Capisco tutto, a cominciare dall’anno che abbiamo vissuto e continuando con il bisogno di Dorna di mandare avanti il campionato fino alla fine, ma questo non è lo sport. Avrebbe vinto comunque Mir, certo, ma Rins avrebbe fatto secondo.
Ad oggi comunque mi sembra diventato il mondiale dei gentili. Sono carini, fanno i complimenti, riconoscono che un altro è andato più forte… Io mi auguro che vada avanti così. Sono molto sportivi ed educati, una cosa che Marquez, Lorenzo, Valentino e Pedrosa non lo hanno mai fatto".
Mir ha dichiarato che la pressione per lui è non avere cibo in tavola, non certo il risultato di una gara.
"Capito? Spesso i piloti di oggi sono sensibili anche verso quello che succede fuori, cosa che altri come Rossi non hanno mai fatto. Inutile che ci prendiamo per il culo. Ora è diverso, uno (Morbidelli, ndr.) ha corso con il casco contro il razzismo e Mir ha dedicato la vittoria a chi ha sofferto per il Covid. Ha detto che sperava di aver reso la vita un po’ più felice almeno dell’1% al pubblico, a chi vive in una brutta situazione. Non ci vuole molto secondo me, ma i grandi piloti del passato non lo hanno mai fatto.
È una delle cose che non amo di Valentino, il fatto che non abbia mai speso un po’ della sua popolarità per dire delle cose banali. Tipo ‘mettetevi la mascherina, lo ho avuto anche io il Covid e può essere una rogna’. Anche in passato non si è mai schierato nettamente con o contro qualcosa. Se penso ad Hamilton, a quello che ha fatto con i tedeschi in Mercedes, è stato diverso, lui si è esposto su questioni delicate.
Ma il mio idolo, Muhammad Ali, si è fatto 5 anni senza combattere ed ha perso un sacco di soldi per aver detto che non sarebbe andato in guerra perché i Vietkong non lo hanno mai chiamato negro. Poi ha cercato di aiutare i ragazzi di strada, le ragazze che si sarebbero prostituite. E quando ha avuto il Parkinson è andato a raccogliere fondi con la mano tremolante per aiutare la ricerca. Uno che di palle non ne aveva due, ma sette o otto.