Se la scorsa partita casalinga contro l’Atletico Madrid verrà ricordata come quella del gol numero 700 nella carriera di Leo Messi, capace di beffare Jan Oblak (non proprio l’ultimo arrivato) con uno scavetto su calcio di rigore, il 2-2 finale è una diapositiva della crisi inarrestabile che sta vivendo il Barcellona. La ripresa del calcio giocato dopo la lunga pausa forzata ha infatti evidenziato ancora, qualora ce ne fosse bisogno, la decadenza tecnica e collettiva della squadra catalana e i limiti dei blaugrana, che a causa di due pareggi consecutivi in pochi giorni ha perso il comando del campionato a scapito del Real Madrid, adesso ad un passo dalla conquista della Liga 2019/2020. Quello che preoccupa non è però l’avvicendamento tra le due storiche rivali (il Barça ha dominato l’ultimo decennio di Primera Division vincendo sette delle ultime nove edizioni), ma il fatto che l’apparente declino sportivo dell’equipo blaugrana corrisponde alla caduta di una certezza, al disfacimento della più bella idea calcistica che ha accompagnato gli ultimi anni del calcio mondiale, il tramonto di un impero che sembrava dovesse durare in eterno.
Le cause del recente downgrade del Barcellona (che però è ancora assolutamente in corsa in Champions League, è vero, ma non figura più tra le favorite) sono chiaramente di diversa natura, e sebbene abbiano radici profonde mai come nei giorni scorsi sono state evidenziate e talvolta esasperate: come spesso accade in questi casi il principale colpevole è stato l’allenatore Quique Setién, l’erede di Valverde finito sulle prime pagine di tutti i giornali spagnoli per i recenti attriti con Antoine Griezmann e le profonde spaccature con i senatori dello spogliatoio. L’ex allenatore di Las Palmas e Betis Siviglia, indicato come il più adatto a seguire le orme di Cruijff e Guardiola sulla panchina del Barcellona e molto stimato da tanti leader (su tutti Sergio Busquets) in pochi mesi è riuscito addirittura a fare peggio del predecessore, su cui in tanti si erano interrogati per la mancanza della stoffa necessaria per condurre il timone di una squadra così prestigiosa. Il primo a dimostrare insofferenza a tutta questa situazione è proprio Leo Messi, ormai dato per certo non in blaugrana, a partire dalla prossima stagione, colui il quale aveva spinto per l’esonero di Valverde, litigando addirittura pubblicamente con il direttore sportivo ed ex compagno di squadra Eric Abidal e poi mal sopportando sia l’arrivo di Setién che dello stesso Griezmann, con cui non è mai instaurato il feeling necessario per poter condividere il reparto di attacco. Il senso di solitudine e di impotenza del campione argentino nei confronti di ciò che lo circonda è lo stesso che si è visto in maniera trasparente durante alcune partite importanti, una su tutte la doppia sfida contro il Liverpool della scorsa stagione, che aveva provato a vincere da solo contro tutti.
Oltre ad essere stato giudicato molto negativamente dagli addetti ai lavori, il clamoroso scambio con la Juventus tra Arthur e Miralem Pjanic ufficializzato poche ore fa ha contribuito ancor di più ad sottolineare i limiti della rosa blaugrana, se non altro in chiave futura per evidenti motivi di età. Agli otto over 30 (Leo Messi, Luis Suarez, Arturo Vidal e Piqué hanno già compiuto 33 anni, Ivan Rakitic ne ha 32, Busquets e Jordi Alba 31, Pjanic 30) sono stati affiancati negli anni pochissimi talenti capaci di meritarsi un posto tra i titolari, un numero troppo basso se consideriamo quanto è stato fondamentale, nel corso degli anni, l’apporto dei giovani della cantera alle sorti della prima squadra. La realtà dice che l’inserimento dei giovani Ansu Fati e Riqui Puig si sta rivelando molto incoraggiante, ma i numeri di chi invece è andato via dalla Masia per cercare fortuna altrove sono nettamente superiori. La chiara scelta dirigenziale di non scommettere sui vari Eric Garcia, Dani Olmo, Mateu Morey, Xavi Simons, Marc Cucurella e Alena, ceduti e a volte quasi ‘regalati’ all’estero, ha dunque di fatto privato il club di quella preziosa risorsa che era stata considerata per anni uno dei veri punti di forza dei catalani, che in alternativa hanno preferito puntare invece su giocatori affermati e considerati già pronti, ma molto costosi.
Tra il Barça e un programma di rinnovamento strutturale della rosa adesso c’è di mezzo anche una disposizione voluta dal presidente de LaLiga, Javier Tebas, che vieterebbe gli investimenti folli, limitandoli ad un 25% degli introiti per evitare nuovi indebitamenti delle squadre più facoltose. Potrebbe così saltare il trasferimento in Catalogna di un grande attaccante come Lautaro Martinez, l’attaccante dell’Inter individuato come nuovo partner ideale di Leo Messi e per cui i catalani sarebbero pronti a pagare l’intera clausola rescissoria di oltre 100 milioni di Euro. Terminata la stagione, per il Barcellona sarà tempo di lunghe riflessioni. E se le nuove elezioni presidenziali previste per il 2021, proprio in concomitanza della scadenza del contratto della ‘Pulce’, portassero nuovamente Pep Guardiola in panchina, qualora sia eletto Laporta? Ecco, forse soltanto il ritorno dell’allenatore più vincente della storia del Barça (magari con Xavi al suo fianco) potrebbe invertire una rotta che sembra già segnata.