Max Biaggi compie 50 anni. Da nove si è ritirato, da cinque lavora come team manager. Sei sono i titoli mondiali, quattro nella 250 del motomondiale e due in Superbike. Si è ritirato da vincente Max, ma non ha mai smesso di correre. Neanche dopo un incidente al circuito del Sagittario nel 2017, quando i dottori gli hanno detto che le possibilità di farcela erano pochissime. Invece ha continuato Max, correndo con l’Aprilia e abbattendo il record di velocità massima su di una moto elettrica, la Voxan. Ne abbiamo parlato con Carlo Pernat, suo manager ai tempi d’oro dell’Aprilia. Ecco cosa ci ha raccontato.
Ciao Carletto! Oggi Max Biaggi compie 50 anni e tu l’hai conosciuto meglio di tanti altri.
“Eh si. Max è stato un grande campione e gli faccio i miei auguri. Ricordo fu segnalato da Fabrizio Guidotti, che era il nostro uomo dei clienti. Lo andai a vedere in una gara e francamente capii subito che era fortissimo. Così gli ho fatto tre anni di contratto e l’ho obbligato a fare l’europeo. Pensa, con il Team Italia in 250. E ricordo che era fortissimo, poi sul bagnato era una cosa pazzesca. In Irlanda ha vinto con quasi un giro di vantaggio”.
“Poi chiaramente andava anche messo a posto, l’avevo affidato al Team di Valesi. E l’anno che ha vinto l’europeo gli avevo fatto fare tre wildcard, di cui una a Jarama se non sbaglio. Lì ha preso una bella sberla, ma era fra i primi. Quando cadi mentre sei davanti va bene, è quando ti capita mentre sei dietro il problema. Si vedeva che era fortissimo, e aveva anche carattere. Ricordo certe battaglie con Chili… Toste eh?”
Il talento l’hai fiutato subito. Ma il carattere? Anche quello è stato da subito chiaro?
“Assolutamente, e - ti dico la verità - abbiamo avuto anche degli scontri, ma erano anche positivi. Lui aveva bisogno di essere tenuto un po’ sulla corda, e per farlo con uno così bisogna che ci litighi”.
Paolo Beltramo suggeriva di raccontare un aneddoto su Melbourne...
“(Ride) Si, quella volta che l’ho appeso al muro! Siamo andati a fare delle prove, c’era anche Paolone. Avevamo preso la macchina a noleggio e lui aveva quella di Lucchi. Ma voleva la macchina più veloce, diceva che non poteva guidare quella di un collaudatore. Ci pensi? Un po’ gli sono andato dietro, ma ad un certo punto l’ho appeso al muro. Così eh, l’ho appeso al muro davvero. È stato calmo per sei ore, il giorno dopo era tornato il solito Max”.
Non è uno che se la lega al dito.
“No, lui era tostissimo e devo anche dire che è stato un po’ il primo professionista ad andare un po’ fuori dai canoni dei soliti giornali sportivi. Lui andava anche nell’extrasettore, a Roma aveva amici importanti come Maurizio Costanzo, Fabrizio Frizzi, la Dalla Chiesa, tanti altri. Lui ha spianato la strada a questa cosa”.
Anche a Valentino.
“Si, indubbiamente. Poi Valentino comunicava in un altro modo… Più scanzonato, genuino. Max da romano aveva un altro approccio. E mi ha fatto tribolare, però anche vincere tre mondiali: mi ha dato delle belle possibilità, oltre ad averle date a sé stesso. Mi ha regalato delle emozioni incredibili, lui era da zero a cento in un niente. Max non è che vinceva e poi tutti contenti. Ti faceva talmente tanto incazzare che quando poi vinceva finivi per commuoverti, giù le lacrime. Ricordo che la prima volta che abbiamo vinto - che poi c’era la Phillip Morris a sponsorizzare il tutto - abbiamo fatto la festa al Piper di Roma. Una marea di vip, di personaggi dello spettacolo. Ripeto, la strada al mondo dello spettacolo l’ha aperta lui. Poi aveva un carattere difficile, anche questo va detto. Ora siamo in ottimi rapporti, ci sentiamo spesso. E mi ha detto che i piloti sono veramente delle teste di cavolo. Te ne sei accorto adesso? Gli ho risposto così e ci siamo abbracciati…”.
Come lo vedi in veste di Team Manager?
“Abbastanza bene. Perché è uno tosto che sa come funzionano le cose, a differenza di tanti piloti con un team lui ha sempre fatto sul serio. A differenza di Valentino per esempio, che trova gli sponsor ma poi lascia fare il lavoro ad altri, Max lavora sul serio. Si muove bene, ha fatto anche una bella scuola, con me e con altri (ride). Anche nei rapporti coi piloti è bravo, tosto ma umano. Prima lo era un po’ meno, ma anche l’obiettivo era diverso. Poi era anche un bel donnaiolo eh! Guarda che era uno di quelli che…”
L’hai portato in Brasile?
“Seeeeh, martellava da tutte le parti, non c’era nazione in cui non martellasse, vai tranquillo”.
Ma se tu dovessi fare un podio dei donnaioli tra i piloti?
“Beh, Max di sicuro. Ci metterei anche Reggiani, che magari sembrava uno tranquillo e invece non è per niente da buttare via. Gli americani un po’ meno, dico la verità. I più forti eravamo di sicuro noi italiani… Lucchinelli poi, eccezionale! Ma anche Gianni Rolando, lui era uno di quelli tosti. O uno australiano di cui non faccio il nome”.
Scegline Tre.
“Reggiani e Biaggi sicuro… Chi ci posso mettere poi? Beh, metto Lucchinelli. Ma non primo, secondo e terzo, erano proprio tre stili diversi. Max il più tosto, Lucchinelli il più sportivo e simpatico e Reggio… Il più subdolo! Metteva la faccia triste e poi ce la faceva sempre”