La nuova tuta di Valentino Rossi, la prima senza sponsor e particolari legami con le aziende, è un tributo alla sua carriera, una piccola enciclopedia del Doc. Vederlo in pista così, per chi lo conosce da sempre, è un modo per farsi passare tutta la vita davanti in un attimo, Valentino tutto insieme. È un tatuaggio di quelli che raccontano una storia, un arlecchino di situazioni, periodi e momenti. Poteva disegnarla solo Aldo Drudi che lo conosce da sempre e a vederla viene da sorridere.
C’è tanto giallo, del blu, il turchese. C’è quasi tutto. Al centro della tuta l’inizio della storia, quel giallo ispirato da Kevin Schwantz con un 46 che riempie il torace sia davanti che dietro. Il giallo ritorna su avambracci e polpacci, in tutte le direzioni, verso l’esterno: quel giallo ha raggiunto un po' tutto il mondo partendo da lui. Se non l’avesse disegnata Aldo Drudi si potrebbe dire che è un caso, invece non lo è. Sopra, dove si inserisce il camelback, il nero della Yamaha M1 2019. I bicipiti sono nel blu elettrico degli ultimi anni passati nel team ufficiale, poi c’è il turchese Petronas dove la tuta si fa elastica, in vita, sullo stivale sinistro, sui guanti. A farci capire che non sono semplicemente bei colori è la colorazione sulle cosce, in quell’indimenticabile blu e bianco della moto con cui Valentino ha vinto nel 2008 e 2009. La tuta ci ricorda anche che Valentino Rossi, ad oggi, è ancora un uomo Yamaha. “Figata, no?” avrà detto Vale portandola a Misano in una giornata in pista con l’Academy. Figata sì, Vale. Vederti con quella tuta lì fa sorridere e mette di buon umore, perché ci ricordi tutto in un attimo, senza nostalgia: tutti quei colori accesoie brillanti profumano di festa, estate, corse da patacca. È racing pesarese.